22 giugno 2016

Emigranti italiani «clandestini… a milioni»?



Qualche anno fa (2002) aveva suscitato una vasta eco un libro di Gian Antonio Stella intitolato «L’orda - quando gli albanesi eravamo noi». Era apparso a molti lettori e critici come una rivelazione della «vera» storia dell’emigrazione italiana perché finalmente uno studioso coraggioso aveva osato ricordare che ci fu un tempo, non lontano, in cui gli emigrati italiani erano considerati «la feccia del pianeta», una «maledetta razza di assassini» e altro ancora. Il libro ha ispirato anche uno spettacolo che ne ha ripreso il titolo con l’integrazione «Storie, Canti e Immagini di migranti».

Quando gli «albanesi» eravamo noi?
Quandogli italiani partivano, legalmente, a centinaia di migliaia...
Il successo del libro e dello spettacolo (recentemente anche in Svizzera) di Stella fa pensare a un bisogno di conoscenza sull’emigrazione italiana nel mondo ancora insoddisfatto, nonostante la vastissima documentazione esistente sull’argomento. E’ possibile che manchi una buona sintesi in grado di rappresentare in maniera completa, oggettiva e documentata la lunga e complessa storia dell’emigrazione italiana. Non mi pare tuttavia che l’opera di Stella abbia queste caratteristiche. Anzi. Forse perché lo scopo dell’autore era altro.
Già dal titolo e dal risvolto di copertina (ed. 2002) appare chiaro che non gli interessa una tale sintesi, ma far conoscere dell’emigrazione italiana quella faccia oscura e negativa che sarebbe stata volutamente rimossa «per raccontare a noi stessi, in questi anni di confronto con le “orde” di immigrati in Italia e di montante xenofobia, che quando eravamo noi gli immigrati degli altri, eravamo “diversi”. Eravamo più amati. Eravamo “migliori”. Non è esattamente così».
Non so quanti in Italia abbiano rimosso il lato negativo dell’emigrazione, di certo non la stragrande maggioranza degli immigrati in Svizzera. Sono però convinto che una raccolta di episodi tristi, persino disgustosi, non siano significativi e rappresentativi della lunga storia dell’emigrazione italiana, che ha prodotto, nonostante numerosi ostacoli, discriminazioni e ingiustizie, circa 60 milioni di oriundi italiani, in maggioranza, è facile affermarlo, soddisfatti. Raccontare in maniera utile questa storia significa soprattutto spiegare perché milioni di italiani hanno preferito restare all’estero piuttosto che tornare in patria.

Confusione e pregiudizi
Credo che alla base del libro di Stella ci siano una confusione o un pregiudizio. L’autore sembra confondere i profughi che stanno giungendo a centinaia di migliaia in Italia e in Europa in questi anni con gli «emigranti» italiani di un tempo. Le «orde» di profughi fuggono, con qualsiasi mezzo, da dittature, guerre, situazioni pericolose per la loro sopravvivenza; gli emigranti italiani «emigravano» liberamente, essenzialmente per motivi di lavoro e con la prospettiva e la possibilità (quasi sempre) di far ritorno in patria appena raggiunto lo scopo dell’espatrio.
Controllo alla frontiera
Il pregiudizio di Stella, comune ad altri che si sono cimentati con la storia dell’emigrazione italiana, è che comunque gli italiani sono stati sfruttati, discriminati, maltrattati, costretti, mi verrebbe da dire, «a viver come bruti», giungendo persino, in Svizzera, a dover nascondere a causa di leggi «spietate» trentamila bambini ritenuti «clandestini». Certo, è innegabile che i lati oscuri ci sono stati anche in Svizzera, ma basterebbe intervistare anche solo un piccolo campione di immigrati della prima generazione per rendersi conto che gli aspetti positivi sono di gran lunga prevalenti. Diversamente non si spiegherebbe, fra l’altro, perché in maggioranza questi immigrati continuino a restare in Svizzera invece di rientrare in Italia.
Oltre a fornire dell’emigrazione italiana nel mondo, o anche solo in Svizzera, una immagine complessivamente negativa, la narrazione di Stella è anche infarcita di affermazioni senza fondamento. Per mancanza di spazio mi limito ad alcune particolarmente vistose.

Affermazioni senza fondamento
Una riguarda lo stereotipo degli italiani clandestini, quando «espatriavamo illegalmente a centinaia di migliaia», anzi «a milioni». Stella non può provare questi dati e quale legge veniva violata espatriando ed entrando nel Paese di destinazione, ma dovrebbe sapere che, in generale, gli italiani non giungevano clandestinamente né in America, né in Europa, ma espatriavano legalmente e al loro arrivo nel porto di New York o a Chiasso o a Briga erano controllati, verrebbe da dire, da cima a fondo. Si sapeva chi erano. Altro che clandestini! Oltretutto, allora, la manodopera italiana era benvenuta, soprattutto in Svizzera per i grandi lavori infrastrutturali.
Molti figli e nipoti di immigrati hanno fatto brillanti carriere
Un’altra affermazione priva di fondamento che Stella ripete in diverse occasioni concerne i presunti «trentamila figli nascosti che frequentavano scuole clandestine perché ai papà non era consentito portarsi dietro la famiglia». Purtroppo non dice mai se il dato si riferisce a un anno preciso (quale?) o un periodo (20-30 anni?), non si domanda se la cifra indicata sia plausibile (e non lo è!) e tantomeno si chiede perché nonostante il divieto alcuni immigrati si portavano appresso clandestinamente familiari e soprattutto bambini.
Trovo infine arrogante e senza alcuna possibilità di prova affermare che il verdetto di assoluzione nei confronti dei presunti responsabili della catastrofe di Mattmark sia stato «uno schifo». So che anche altri, non solo Stella, sono convinti che si sia trattato di un verdetto «ingiusto», ma dovrebbero avere almeno il pudore di dire che è una loro opinione, perché le sentenze le emettono solo i giudici, non i media.
Mi fermo qui, ma potrei continuare, perché molto di ciò che Stella dice dell’emigrazione italiana in Svizzera è contestabile e l’immagine complessiva che fornisce è alquanto deformata e meritevole di essere rettificata.
Giovanni Longu
Berna 22.6.2016