08 giugno 2016

La Svizzera al centro d’Europa



L’inaugurazione della galleria di base del San Gottardo (1° giugno 2016) ha messo in evidenza la centralità della Svizzera in Europa. Nonostante l’assenza dei vertici dell’Unione europea (impegnati altrove), a parte la commissaria europea per i trasporti Violeta Bulc, hanno partecipato alla suggestiva cerimonia numerose personalità politiche europee di peso, capi di Stato e di governo, il Consiglio federale al completo, ex consiglieri federali, circa 190 parlamentari svizzeri, diversi ministri europei dei trasporti, delegazioni delle principali reti ferroviarie europee, una folta rappresentanza di operai che hanno di fatto realizzato l’opera faraonica. 

Festeggiamenti costosi ma utili
Foto ufficiale del Consiglio federale con gli ospiti d'onore.
Per i festeggiamenti, l’inaugurazione ufficiale del 1° giugno e le manifestazioni dello scorso fine settimana, la Svizzera ha investito, si dice, oltre 9 milioni di franchi, una cifra ritenuta esagerata da alcuni osservatori, ma giustificata dal Consiglio federale e dalla società committente AlpTransit San Gottardo SA (un’affiliata al 100% delle Ferrovie federali svizzere FFS) per l’alto valore reale e simbolico della consegna all’esercizio nazionale e internazionale della grande opera.
Che l’investimento fosse proporzionale alle attese degli organizzatori non ci sono dubbi. Basti pensare che il giorno dell’inaugurazione, tra gli oltre mille invitati presenti a Pollegio (al portale sud) c’erano anche tutti i capi di Stato o di governo dei Paesi vicini, il presidente francese François Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel il premier italiano Matteo Renzi, il cancelliere austriaco Christian Kern e il capo del Governo del Liechtenstein Adrian Hasler, ciascuno dei quali accompagnato da una delegazione di alto rango.
Che quell’investimento abbia forse addirittura superato le attese del Consiglio federale non è provato, ma è fortemente probabile. Sul piano interno, la realizzazione della galleria ferroviaria più lunga del mondo, decisa democraticamente a più riprese dal popolo svizzero, ha indubbiamente contribuito a rafforzare tra i confederati la coesione nazionale, la vicinanza tra autorità e cittadini, la fiducia nelle capacità scientifiche, tecnologiche e imprenditoriali del Paese.
Sul piano internazionale, nel contesto dei difficili rapporti bilaterali tra la Svizzera e l’Unione europea in questo momento, alcune delle affermazioni pronunciate dalle più alte personalità presenti all’inaugurazione devono aver rappresentato per i vertici della Confederazione una sorta di iniezione di fiducia sulle buone prospettive di soluzione delle trattative in corso. In tutti i discorsi ufficiali è stata evidenziata la centralità della Svizzera in Europa, non solo sul terreno dei trasporti, ma anche sul piano emotivo ed evocativo.

Centralità della Svizzera in Europa
Già il presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann, nel suo saluto iniziale a Rynächt (Canton Uri) nei pressi del portale nord, aveva sottolineato la funzione unificatrice del tunnel e la centralità della Svizzera in Europa. Dopo aver detto che «con il tunnel di base del San Gottardo si riuniscono i popoli e le economie», sottolineandone l’importanza «sia per la Svizzera che per i nostri vicini e il resto del continente», non ha esitato ad affermare che, realizzando «l’opera del secolo», «continuiamo a scrivere la storia».
Doris Leuthard, ministra dei trasporti della Svizzera
Gli ha fatto eco, dal versante ticinese del tunnel, la ministra dei trasporti Doris Leuthard ricordando che «per molto tempo la via del San Gottardo è stata un elemento di divisione più che di unione. Poi, con la prima galleria tutto questo è cambiato da un giorno all'altro e adesso le distanze tra il Ticino e la Svizzera interna, tra la lingua e la cultura italiana e quella tedesca, tra il Nord e il Sud dell'Europa si accorciano sempre più».
La Leuthard ha insistito sul significato europeo del San Gottardo anche ricordando la partecipazione internazionale delle maestranze alla costruzione di quest'opera faraonica. Vi hanno infatti partecipato lavoratori provenienti «dalla Scandinavia alla Sicilia, dal Portogallo alla Polonia, da più di una dozzina di Paesi».
Ho trovato significativo che soprattutto a questi lavoratori provenienti da molte parti del mondo, persino dal Sudafrica, sia stato dedicato lo spettacolo folcloristico che ha coinvolto 350 artisti e acrobati vestiti da operai. Tra giochi di luce e rumori assordanti hanno saputo evocare le sfide, i pericoli e il frastuono che hanno dovuto affrontare i complessivi 2400 lavoratori durante i 17 anni di lavoro in galleria.

Elogi alla Svizzera
A sottolineare la centralità della Svizzera in Europa non sono stati solo i padroni di casa, ma anche – e questo non era affatto scontato alla vigilia dell’inaugurazione – gli illustri ospiti a cominciare dal presidente francese Hollande, che si è «inchinato» a nome della Francia di fronte alla Svizzera, che con la galleria ferroviaria più lunga del mondo, offre una infrastruttura essenziale all'Europa per l'economia e il turismo». I complimenti del capo di Stato francese sono andati oltre l’aspetto ingegneristico per ricordare che qui in Svizzera «il sogno europeo ha trovato la sua realtà», per cui «la Francia s’inchina oggi davanti alla Svizzera. Una cosa rara». Il San Gottardo, ha aggiunto, non è solo una meraviglia tecnica, al cuore della rete europea, ma simboleggia anche una certa idea di Europa, «un'Europa che investe, che si prende cura della libera circolazione delle persone e delle merci», ricordando che «siamo nello stesso spazio, abbiamo le stesse speranze».
Riprendendo l’immagine del cuore, anche la cancelliera Merkel, ha elogiato la Svizzera perché ha saputo compiere, da sola, «un’opera dei superlativi, una meraviglia tecnica, il cuore di una rete». Allo stesso tempo, ha però voluto ricordare che purtroppo a questo cuore manca ancora l’aorta, perché la Germania è in ritardo con i raccordi ferroviari, per cui si dovranno accelerare i tempi di realizzazione. La cancelliera ha anche messo in guardia di fronte alla tentazione di erigere «nuove frontiere»: «dobbiamo proteggere i nostri confini esterni, ma quelli che nascono al nostro interno sono sgradevoli». Al contrario, il San Gottardo è «un simbolo di ciò che ci unisce». «Con la galleria si avvicinano il Sud al Nord, il Mediterraneo al Mare del Nord, Fellini a Goethe, Monteverdi a Bach, la Tarantella alle danze bavaresi, la Montanara al Gloria»; il tunnel «accelera la collaborazione e cambia il modo di vivere in Europa».
E’ mancato, purtroppo, il saluto ufficiale del presidente del Consiglio italiano Renzi. Dopo aver attraversato il tunnel sul treno d’onore dal portale nord al portale sud, giunto a Pollegio vi è rimasto appena il tempo per partecipare alle foto ufficiali dell’evento per poi rientrare in Italia. «Toccata e fuga per il premier italiano», «Visita furtiva di Matteo Renzi» è stato il commento lapidario di alcuni giornali, spesso con l’aggiunta: «che non ha avuto neppure due minuti per la consigliera federale Simonetta Sommaruga che aveva chiesto di poter parlare due minuti con lui, ma Renzi le ha risposto: "Devo correre al Viminale"»(!).
A salvare l’onore del tricolore italiano ci ha pensato il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio. Nel suo saluto ha elogiato la Svizzera perché «in una fase complessa della storia europea… lancia un messaggio di apertura». Ha inoltre ricordato che la lunga collaborazione tra la Svizzera e l’Italia, che condividono 740 chilometri di frontiera, 70'000 frontalieri attivi soprattutto in Ticino e molti valori e ideali comuni, è destinata a rafforzarsi ulteriormente quando il corridoio nord-sud sarà completato tra Rotterdam e Genova. In questa prospettiva il nuovo tunnel ha un ruolo strategico sicché, egli ha detto in conclusione: «pensiamo che il San Gottardo sia un po' italiano, e i porti liguri un po' svizzeri». Non è dato sapere se con questa espressione abbia voluto spiegare la gaffe di Renzi del 15.4.2016 quando, alla presenza dello stesso Delrio che annuiva, ebbe a dire «Stiamo facendo il San Gottardo», ma non c’è dubbio che il tunnel del secolo avvicini notevolmente nord e sud dell’Europa, soprattutto quando sarà possibile anche per gli svizzeri raggiungere in poche ore le città e i mari della Liguria.
Per il cancelliere austriaco Kern la nuova infrastruttura è un investimento importante in termini di «qualità della vita e dell'ambiente» che andrà a beneficio di tutti, per cui è giusto festeggiare, infatti «questo è un grande giorno non solo per la Svizzera, ma anche per i suoi vicini e per tutta l’Europa».

Le conclusioni del presidente della Confederazione
Il presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann
Al termine dei saluti ufficiali, il presidente Schneider-Ammann, forse rincuorato dagli elogi senza riserve degli ospiti illustri, ha voluto ribadire ancora una volta la centralità della Svizzera in Europa. Ha ricordato che con la costruzione della galleria di base del San Gottardo, costata alla Confederazione 11 miliardi di euro, si è trattato di un investimento per l’Europa: «Non lo abbiamo fatto per la Svizzera, ma per tutta l'Europa!». Non solo, ha aggiunto, la Svizzera è pronta ad investire ancora nel futuro del continente e la linea del San Gottardo, che collega ad alta velocità il nord e il sud, ne è la prova. E per chi non lo avesse ancora ben capito, sembrerebbe aver pensato il presidente Schneider-Ammann, ha voluto ribadire: «l'apertura del San Gottardo arriva al momento giusto, ossia quando le relazioni tra Svizzera e Ue devono essere chiarite; il tunnel è la prova che la Svizzera è un membro della famiglia europea».
La giornata era iniziata con la benedizione dell'opera alla quale hanno partecipato un prete cattolico, una pastora, un imam e un rabbino. I quattro religiosi hanno ricordato i nove morti durante i lavori e pregato per i viaggiatori e per coloro che in futuro lavoreranno nel tunnel. Presente pure un rappresentante degli atei, forse per ricordare che la galleria è di tutti e che la benedizione di Dio non si nega a nessuno. La parte ufficiale si è poi conclusa con l’inno svizzero, il famoso Salmo da molti criticato, ma sempre sentito dalla maggioranza del popolo svizzero.
I festeggiamenti sono proseguiti per tutta la settimana … e ne è valsa la spesa. I commenti dei media nazionali e internazionali sono unanimi nel riconoscere il valore dell’opera inaugurata e della Svizzera che l’ha realizzata: «Brava Svizzera!». Elogio, ritengo, ben meritato. La galleria di base del San Gottardo è infatti uno di quei manufatti utili destinati a durare. E’ considerata a giusta ragione «la galleria del secolo», «un’opera dei superlativi» (Merkel), «l'opera migliore che si potesse immaginare di realizzare» (Hollande) e dunque anche «un motivo d’orgoglio» per il popolo svizzero (Leuthard).
Giovanni Longu
Berna, 8.6.2016

05 giugno 2016

70° della Repubblica e riforma della Costituzione



In occasione della Festa della Repubblica, non avendo potuto seguire direttamente alcuna celebrazione, volevo almeno leggere il tradizionale messaggio del Capo dello Stato agli italiani. L’ho cercato invano in Internet, ma al suo posto ho trovato il «Messaggio del Presidente Mattarella al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Graziano in occasione del 70° anniversario della Repubblica Italiana». 

Messaggio del Capo dello Stato
Mi è sorto subito un dubbio: forse per la Festa della Repubblica il Capo dello Stato non si rivolge «alla nazione», ma, appunto, al capo delle Forze armate, ritenute (giustamente) un valido presidio della Repubblica e della democrazia. Ma è bastata una breve ricerca per scoprire che, per esempio nel 2014, il Presidente Napolitano si era rivolto direttamente alla nazione: «Buon 2 giugno a tutti gli italiani!».
Personalmente avrei preferito un discorso rivolto direttamente alle cittadine e ai cittadini italiani, anche perché i 70 anni della Repubblica sono anche i 70 anni del suffragio universale con le donne che votarono per la prima volta in Italia. Non che il presidente della Repubblica Mattarella abbia per così dire sorvolato su questa doppia ricorrenza, ma da parte mia mi sarei aspettato una riflessione specifica sul ruolo avuto dalle donne sia nell’avvento della Repubblica (e fu grandissimo, soprattutto durante la Resistenza), sia nella scelta della forma repubblicana dello Stato e sia anche nell’elaborazione della nuova Costituzione.
Il presidente Mattarella ha ricordato opportunamente che il 2 giugno 1946, con il referendum istituzionale, prima espressione di voto a suffragio universale di carattere nazionale, le italiane e gli italiani scelsero non solo la Repubblica, ma elessero anche l'Assemblea costituente che l'anno successivo avrebbe approvato la carta costituzionale, «ispirazione e guida lungimirante della rinascita e, da allora, fondamento della democrazia italiana». Anche al riguardo mi sarebbe piaciuta una qualche considerazione particolare del Presidente della Repubblica.
Sarebbe bastato ricordare, magari con un inciso, che l’approvazione di quella che è stata definita la Costituzione più bella del mondo avvenne il 22 dicembre 1947 con una larghissima maggioranza parlamentare di quasi il 90 per cento (458 voti favorevoli contro 62 contrari). Ma questo Mattarella forse non poteva dirlo, non tanto per il contesto (che avrebbe potuto apparire persino appropriato), quanto per opportunità politica: molti avrebbero potuto interpretare un semplice richiamo storico come una velata critica al Parlamento che da tempo modifica la Costituzione a colpi di maggioranza (quella che sostiene il governo), anche se lascia il popolo libero di decidere in ultima istanza.

Repubblica e Costituzione
Francamente avrei trovato illuminante, anche ai fini del dibattito politico-costituzionale in corso, una considerazione del Presidente al riguardo, tanto più che il collegamento tra Repubblica e Costituzione (e tra Presidente e Costituzione) è tutt’altro che labile o arbitrario. Anzi, non lo è affatto, visto che quella Repubblica votata nel 1946 e quella Costituzione approvata l’anno seguente sembrano destinate a modificarsi contemporaneamente se il popolo italiano decidesse quest’autunno di approvare col referendum la proposta di modifica approvata a maggioranza dall’attuale Parlamento. Come potrebbe il Presidente della Repubblica non essere parte in causa nel processo di modifica che la riguardano?
Avrei inoltre gradito qualche ulteriore considerazione sulla Costituzione quale «ispirazione e guida lungimirante della rinascita e, da allora, fondamento della democrazia italiana», avendo l’impressione che, almeno in certi ambienti, tale ispirazione e tale guida stiano venendo meno e come fondamento della democrazia cominci a scricchiolare.
Talvolta ho persino la sgradevole sensazione che in certi ambienti s’intenda aggredire la Costituzione non perché ritenuta apertamente inadeguata alla democrazia, ma perché la si vorrebbe funzionale ad altre priorità a me per altro non ben chiare quali il presidenzialismo, la stabilità e dunque di fatto anche la preminenza dell’esecutivo su tutti gli altri organi dello Stato. Che signifi

ca infatti lo strombazzamento di questi mesi di una parte politica di voler garantire «con le riforme» una maggiore efficienza dello Stato, una maggiore prontezza delle decisioni e l’immediata esecuzione di quanto deciso? Significa forse meno procedure, meno intralci, meno controlli e magari meno democrazia?
Non so cosa ne pensi il presidente Mattarella, ma non posso negare che in occasione della Festa della Repubblica, che è anche da sempre festa della Costituzione e della democrazia, avrei gradito almeno un timido accenno al rispetto che si deve alla carta fondamentale dello Stato, all’umiltà con cui il legislatore deve toccare il fondamento della legislazione e della vita sociale, all’attenzione particolare che si deve avere a non modificare gli equilibri voluti dai padri costituenti e garantiti dall’attuale Costituzione.

Interrogativi senza risposta
Sarebbe stato troppo aspettarsi dal presidente Mattarella un tale accenno, se non altro per mettere in guardia dal manipolare la Costituzione con superficialità invece che con attenzione, con arroganza invece che con umiltà, con disprezzo dell’avversario invece che con rispetto? Dopo tutto, il Capo dello Stato è o non è «garante della Costituzione»? e Mattarella non si è autodefinito il «custode rappresentativo della Costituzione»? Come e quando intende esercitare questo ruolo?
Mi rendo conto che tutti questi interrogativi resteranno per sempre senza risposta. Sono ugualmente contento di averli posti, perché dovevano servire soprattutto a me stesso, per una mia riflessione (che ovviamente proseguirà) ed eventualmente per altri che leggeranno questa nota. Dopo tutto, ricordando il costituente Piero Calamandrei, i cittadini italiani, tutti, non dovrebbero mai dimenticare che «lo Stato siamo noi» e pertanto anche la Costituzione è nostra.
Giovanni Longu
Berna, 5.6.2016