01 giugno 2016

Svizzera: duemila anni di storia gallo-romano-cristiana



Per capire lo spirito di un popolo bisognerebbe conoscerne la storia, le tradizioni, i condizionamenti e gli ideali che hanno guidato la scelta di determinate istituzioni piuttosto di altre, gli obiettivi che intende raggiungere. Non sempre è facile, soprattutto quando questo «popolo» è in realtà plurimo, plurilingue, multiculturale, multiconfessionale, come quello svizzero.

UNITRE di Soletta: partecipanti al corso «Capire la Svizzera»
«Capire la Svizzera»
Ho affrontato questa difficoltà durante un corso dato all’UNITRE di Soletta sul tema: «Capire la Svizzera». Volevo approfondire insieme ai partecipanti alcune caratteristiche fondamentali del popolo svizzero, in particolare: l’amore per la libertà e la democrazia, la neutralità, il federalismo, l’identità nazionale, la coscienza cristiana, la solidarietà.
Poiché tutti i partecipanti al corso possedevano discrete conoscenze della Svizzera, delle sue istituzioni, della storia e della geografia, mi è sembrato opportuno compiere un passo ulteriore verso la comprensione del fenomeno svizzero, che resta pur sempre, non solo per gli stranieri ma anche per molti svizzeri, un Sonderfall, un caso particolare, quindi difficile da capire. Capita infatti spesso di sentire «io questi svizzeri non li capisco», «si comportano in modo così diverso dagli altri», «vanno continuamente a votare, ma le cose non cambiano» ed espressioni simili. Evidentemente per «capire» lo spirito di un popolo non basta conoscere poco o molto della sua storia, della sua economia, delle sue tradizioni.
Durante il corso, partendo sempre dall’attualità, ho cercato di indicare, per ogni caratteristica presa in esame, l’origine, lo sviluppo e le attuali espressioni. Solo in questo modo, ho pensato, è possibile se non capire profondamente almeno cogliere una parte significativa dello spirito di questo popolo e di questo Paese.

Alla ricerca delle origini
Nella ricerca delle origini ho evitato, per ovvie ragioni, di andare a scavare troppo lontano nel tempo e ho ritenuto che un buon inizio fosse collocabile tra il I secolo avanti Cristo (a.C.) e il V secolo dopo Cristo (d.C.). E’ infatti in quel periodo che avvenne l’incontro dell’antica popolazione celtica degli Elvezi con la storia, l’innesto della componente romana sull’elemento celtico e l’avvio della cristianizzazione della Svizzera: tre elementi indispensabili per «capire la Svizzera» di ieri e di oggi.
Ovviamente bisogna sempre stare attenti a non tracciare linee dirette tra gli antichi Elvezi e gli svizzeri di oggi, tra le istituzioni imposte o influenzate dalla dominazione romana e le moderne istituzioni federali e cantonali, come pure tra la coscienza religiosa della popolazione elvetica appena cristianizzata e la coscienza cristiana di duemila anni dopo. In questo lungo arco di tempo l’Elvezia ha infatti subito profonde trasformazioni di natura demografica, istituzionale, culturale, religiosa. Eppure, a ben vedere, non c’è caratteristica fondamentale della Svizzera di oggi che non abbia radici risalenti almeno al periodo appena ricordato e impiantate nella Svizzera occidentale (Romandia). Qualche esempio.

E’ possibile indicare una data?
L’impatto tra l’elemento celtico e quello romano (il cosiddetto elemento gallo-romano) è emblematico. Quando Giulio Cesare (100-44 a.C.) sconfisse gli Elvezi a Bibracte nel 58 a.C., non li umiliò rendendoli schiavi come capitava spesso ai vinti, ma offrì loro un’alleanza, un patto o foedus. Non è un caso che questa parola riecheggi ancora persino nel linguaggio comune quando si parla di federalismo, stato federale, Confederazione e addirittura di Confoederatio Helvetica, la denominazione ufficiale latina della Svizzera. Il patto tra Cesare e gli Elvezi merita una breve spiegazione.
Avenches, presso l’anfiteatro romano e il castello (XII-XIII sec.)
In quel periodo i principali nemici di Roma, ad occidente, erano i Galli non ancora completamente sottomessi e i Germani che premevano a nord del Reno. Compito di Cesare era quello di sottomettere i Galli ed impedire che i Germani oltrepassassero il Reno. In questo progetto gli Elvezi (che insieme ad altre popolazioni celtiche occupavano gran parte dell’attuale territorio svizzero tra il Lago di Costanza, il Reno, il Giura, il Lago Lemano, il Rodano e le Alpi) erano considerati da Cesare più come (possibili) alleati in funzione antigermanica che come nemici da sottomettere. Roma aveva tuttavia posto loro una condizione, ossia che dovessero restare nel loro territorio e non oltrepassare il Rodano per raggiungere altre tribù celtiche già sottomesse e stabilite nella Gallia.
Contravvenendo al divieto, gli Elvezi e altre tribù varcarono il Rodano nel 63 a.C. con l’intenzione di trasferirsi nella Gallia ritenuta più fertile. Qualche anno più tardi tuttavia, dopo la sconfitta di Bibracte, dovettero loro malgrado rientrare nei loro villaggi (che prima di «emigrare» avevano distrutto, come se non avessero dovuto mai più farvi ritorno).
Piuttosto che essere eliminati, un grande senso pratico e la speranza di poter continuare a vivere a modo loro, indussero gli Elvezi ad accettare il patto (foedus) offerto da Cesare, ossia tenere a bada le popolazioni germaniche che premevano da nord e accettare la sovranità di Roma. Oltretutto il patto dava agli Elvezi notevoli vantaggi perché i romani garantivano assistenza e sviluppo, senza pretendere di rinunciare, per esempio, alle loro magistrature e ai loro costumi, ossia alla loro autonomia.
Alcune popolazioni locali si opposero al patto con i romani, ma ben presto anch’essere dovettero accettarlo, sicché verso il 15 a.C. l’intero territorio degli Elvezi, ossia gran parte dell’attuale Svizzera, poteva dirsi sottomesso ai romani, sia pure alle condizioni (piuttosto vantaggiose) imposte agli Elvezi. Abitualmente si considera il 1291 l’anno di nascita della vecchia Confederazione, ma sicuramente la Svizzera esisteva anche prima e già Cesare attribuiva al popolo degli Elvezi uno spirito «nazionale». Il 15 a. C. potrebbe essere considerato l’anno di nascita della Svizzera gallo-romano-cristiana e dunque una data fondamentale della storia svizzera?

La romanizzazione della Svizzera
Di fatto, dalla metà del I sec. a.C. iniziò, partendo dalla Svizzera occidentale, la romanizzazione dell’intero Paese, che si protrarrà nei primi secoli d.C. durante i quali si svilupparono i grandi centri gallo-romani di Ginevra, Nyon, Augst, Martigny, Saint-Maurice, Avenches, Yverdon, Windisch, Berna, Soletta, ecc.
Alcuni di questi insediamenti divennero vere e proprie città con le strutture pubbliche tipiche dei grandi centri romani (fori, templi, terme, teatri, anfiteatri, ecc.). Avenches (Aventicum) divenne la capitale dell’Elvezia e il suo antiteatro poteva contenere 12.000 spettatori (contro, per es., i 5000 di quello di Martigny e i 1500 di quello di Berna).
Fra l’altro, sotto la dominazione romana, l’Elvezia fu dotata di un’importante rete stradale da est a ovest e da nord a sud, che consentiva non solo gli spostamenti veloci delle legioni, ma facilitava anche gli scambi e il trasporto delle merci.

La cristianizzazione della Svizzera
Dei primi due secoli d. C. si sa ben poco, ma è presumibile che nella Svizzera occidentale il cristianesimo sia penetrato insieme ai primi legionari e coloni (i veterani dell’esercito) convertiti. E’ tuttavia emblematico il clamore suscitato nel Vallese dalla decimazione della Legione tebana (verso il 280-290 d.C.) al comando di Maurizio, perché si era rifiutata di fare i sacrifici propiziatori alle divinità pagane essendo di religione cristiana. Nel luogo (o nelle vicinanze) dove si presume sia avvenuto il martirio (Saint-Maurice) sorse fin dal IV secolo un importante santuario dedicato a San Maurizio, che rappresenta ancora oggi uno dei principali centri della cristianità.
Davanti all’abbazia cluniacense di Romainmôtier
Dopo l’editto di Milano dell’imperatore Costantino (313), che garantiva la libertà di culto anche ai cristiani, e l’editto di Tessalonica (380), con cui l’imperatore Teodosio dichiarava il cristianesimo religione unica dell'Impero Romano, il cristianesimo cominciò a diffondersi in tutta la Svizzera, sfruttando ampiamente le strutture dell’Impero romano (strade, città, organizzazione).
Da allora la componente cristiana è divenuta parte integrante dello sviluppo di questo Paese, dapprima nella sua parte occidentale (Saint-Maurice, Romainmôtier, Losanna, Ginevra, Payerne, ecc.), più tardi in quella orientale. Oggi l’impronta cristiana appare indelebile ovunque in tutta la Svizzera.

Un sopralluogo eccezionale
A complemento del corso «Capire la Svizzera» si è ritenuto utile e piacevole ripercorrere almeno qualche tratto dei luoghi dove se non tutto molto ha avuto inizio della storia svizzera.
Partiti da Soletta, l’antica Solodurum dei romani, la prima tappa è stata Avenches, l’antico Aventicum, capitale dell’Elvezia romana, con importanti resti di quell’epoca gloriosa.
Dopo Avenches abbiamo visitato l'Abbazia di Romainmôtier, costruita fra il 990 e il 1030 sulle rovine di un antico monastero della metà del V secolo, segno che il cristianesimo si era già insediato stabilmente in questa regione del Giura vodese.
La tappa principale è stata Saint-Maurice, non solo un grande centro della spiritualità cristiana, ma anche un luogo di passaggio obbligato della strada che dall’Italia, attraverso il Gran San Bernardo, portava in Gallia. L’Abbazia custodisce al suo interno un Tesoro di valore inestimabile.
Sulla via del ritorno la soddisfazione per la gita sembra evidente
Infine siamo giunti a Martigny, altra città gallo-romana importante per il controllo dei passi alpini, che sa valorizzare ancora oggi le sue origini. Nel 381 divenne sede del primo vescovo del Vallese, fin verso la fine del VI secolo, quando la sede vescovile fu trasferita definitivamente (dal 585) a Sion.
Credo che il viaggio abbia soddisfatto gran parte delle aspettative degli organizzatori e dei 37 partecipanti.
Giovanni Longu
Berna, 1.6.2016

31 maggio 2016

Galleria del San Gottardo, un progetto europeo



Domani 1° giugno 2016, nei discorsi ufficiali per l’inaugurazione della nuova galleria ferroviaria del San Gottardo si esalterà, non senza ragione, la genialità, la forza, l’intraprendenza degli svizzeri. Magari si ripeterà anche che questa galleria (a differenza della prima galleria finanziata soprattutto da Italia e Germania) è stata interamente pagata (23 miliardi complessivi) dal popolo svizzero, dimenticando che a beneficiarne non sarà solo l’economia tedesca o italiana, ma anche quella svizzera, e che comunque il passaggio attraverso la galleria più lunga del mondo non sarà gratuito.

1.6.2016: inaugurazione della galleria di base del San Gottardo
Certamente va dato merito alla Svizzera di aver pensato, fin dal 1947, e successivamente progettato e realizzato senza ricorrere al finanziamento internazionale una linea ferroviaria veloce sotto il San Gottardo, ma va anche ricordato che la sua realizzazione rientra nel grande progetto europeo di collegamenti nord-sud, Rotterdam-Genova, in cui tutti i Paesi interessati, Svizzera compresa, sono chiamati a dare il loro contributo.
La Svizzera ha fatto e continua a fare bene la sua parte (sia pure con qualche ritardo nella parte finale tra Lugano e Chiasso), ma anche la Germania e l’Italia stanno facendo e continueranno a fare (però con molto ritardo) fino al loro compimento tutte le linee di accesso dell’alta velocità al San Gottardo. I ritardi finora accumulati andranno tuttavia ridotti, soprattutto in Italia, che, pur non sottovalutando le difficoltà oggettive, deve rendere quanto prima agibile con treni ad alta velocità il collegamento nord-sud fino a Genova, porto privilegiato naturale della Lombardia, della Svizzera e della Germania meridionale. Diversamente si correrà il rischio che almeno parte delle merci svizzere e tedesche vadano ad incrementare l’attività dei porti del nord Europa, Rotterdam e Amburgo.
All'inaugurazione parteciperanno il Consiglio federale
al completo e i capi di Stato/Governo:
Matteo Renzi, Angela Merkel e François Hollande
Mi auguro che, domani, la presenza all’inaugurazione della galleria di numerosi alti esponenti svizzeri ed europei e specialmente dei capi di Stato e di governo d’Italia, Francia e Germania serva soprattutto a sottolineare che l’Europa intera dev’essere sempre più vista come un sistema integrato in cui ogni popolo e ogni Paese dà il suo contributo e da cui riceve anche grandi benefici.
Il San Gottardo ha rivestito per gli svizzeri fin dal Medioevo un alto valore simbolico di unità, coesione, forza, ma soprattutto in tempi moderni (specialmente dopo l’entrata in esercizio della vecchia galleria ferroviaria nel 1882) è diventato anche un simbolo di collaborazione internazionale e persino d’integrazione europea. Se la prima galleria rispondeva già in parte alle esigenze di avvicinare nord e sud, Mare del nord e Mediterraneo, la nuova galleria ha senso e giustificazione delle forti spese solo nel quadro degli sforzi di un grande sistema integrato dei trasporti ferroviari europei ad alta velocità.
Omaggio alle migliaia di lavoratori provenienti da molte parti
del mondo che hanno realizzato l'impresa del secolo.
Circoscriverne la portata agli interessi della sola Svizzera, ideatrice e finanziatrice dell’opera, significherebbe sovrastimare in misura eccessiva e incomprensibile i bisogni del trasporto nazionale svizzero. La galleria di base del San Gottardo non è stata concepita e realizzata nell’interesse esclusivo della Svizzera, ma come elemento portante del sistema di trasporto europeo a grande velocità.
Spero anche che l’inaugurazione della galleria ferroviaria più lunga e più importante d’Europa rappresenti una conferma del buon spirito che soffia dal San Gottardo sull’intero continente. Il luogo sembra propizio perché Gottardo significa «il forte di Dio», colui che ha la protezione di Dio. Sotto questo aspetto non sembra fuori luogo la benedizione religiosa della galleria. In fondo le radici cristiane dell’Europa sono indelebili e pertanto irrinunciabili.
Giovanni Longu
Berna, 31.05.2016