18 maggio 2016

L’Europa passa per il Gottardo



Sta per essere inaugurato (1.6.2016) il tunnel di base del San Gottardo, il più lungo e moderno del mondo, un simbolo che contribuirà a identificare maggiormente la Svizzera non solo come uno dei Paesi più efficienti nel trasporto ferroviario interno e internazionale, ma anche come un Paese dell’innovazione. L’attenzione dei media e dell’opinione pubblica è rivolta soprattutto all’opera tecnologica che è stata realizzata in questi ultimi 17 anni e che aggiungerà un elemento fondamentale alla rete dei moderni trasporti ferroviari europei.
In questo articolo desidero evidenziare alcuni aspetti che stanno a monte dell’idea stessa del collegamento ferroviario nord-sud attraverso il San Gottardo: come è nato e come si è sviluppato lo «spirito gottardista» per unire l’Europa.

San Gottardo quasi invalicabile
Durante il primo millennio della nostra era, il passaggio attraverso il passo del San Gottardo era considerato estremamente difficile se non impossibile, nonostante s’intuisse che fosse il collegamento più diretto e più breve tra nord e sud. Per le difficoltà climatiche evidenti di attraversarlo soprattutto nella stagione invernale, i romani utilizzavano altri valichi quali il passo del Gran San Bernardo, il passo del Settimo, il passo del San Bernardino e il passo del Lucomagno.
Diligenza del San Gottardo
Solo nei primi secoli del secondo millennio si cominciò a tracciare mulattiere e a costruire qualche ponte per consentire il passaggio attraverso il passo del San Gottardo a piedi o a dorso di mulo, almeno nella bella stagione. L’impossibilità di costruire vere e proprie strade carrabili rese quel passaggio ancora per secoli inadeguato per il trasporto delle merci. Ad approfittarne furono inizialmente i pellegrini diretti a Roma o in Terrasanta (e questo spiega l’edificazione sul valico di una chiesetta e di un ospizio nel XIII secolo) e, dopo la costruzione del cosiddetto Ponte del Diavolo (Teufelbrücke), sempre nel XIII secolo, anche di commercianti e… soldati. A capire l’importanza sotto tutti i punti di vista del controllo del passo furono tuttavia, a nord, il Cantone di Uri e, a sud (in Val Leventina) i Visconti di Milano, fino a quando Uri non riuscì ad assumerne da solo il controllo (dapprima nel 1403 e poi nel 1439).

La «via delle genti» diventa lentamente percorribile
Dal Settecento, con lo sviluppo del turismo e dei commerci, crebbe sempre più l’interesse ad attraversare il San Gottardo sia per la brevità del percorso e sia perché le mulattiere venivano via via migliorate. Si cominciò a chiamare questa trasversale alpina «la via delle genti» per sottolinearne la caratteristica di via più breve percorsa da un numero sempre crescente di persone, ormai non più solo pellegrini, commercianti e soldati, ma anche turisti, migranti, corrieri postali, professionisti, imprenditori, giornalisti. Nel 1830, con l’apertura della prima strada di valico, i maggiori ostacoli a percorrerla da nord a sud erano ormai eliminati. Le diligenze trainate da cavalli la percorrevano più volte al giorno.
Col passare del tempo e nonostante i miglioramenti apportati, la via delle genti diveniva insufficiente e inadeguata per soddisfare le richieste crescenti sia del trasporto delle persone che del traffico merci. L’ostacolo insormontabile era rappresentano soprattutto dalla lunga stagione invernale che impediva qualsiasi passaggio. Non si sa esattamente a partire da quando, ma è probabile che almeno dagli inizi dell’Ottocento si sia cominciato a pensare a rendere la via delle genti aperta al traffico il più a lungo possibile. In Europa, e di riflesso anche in Svizzera, si cominciava già a parlare di «ferrovia» o «strada ferrata».
San Gottardo: operai, per lo più italiani, durante i lavori di scavo.
Fu solo dopo la costituzione della moderna Confederazione (1848) che la possibilità di un attraversamento del San Gottardo in sicurezza e durante tutto l’anno, con la ferrovia, divenne motivo di riflessione e di studi. Fino ad allora esistevano in territorio svizzero un solo chilometro e mezzo di collegamento ferroviario internazionale (tra Basilea e Saint Louis, in Francia, quale prolungamento della ferrovia Strasburgo-Saint Louis) e una ferrovia interna di 23 chilometri (tra Zurigo e Baden, inaugurata nel 1847). Questa era soprannominata «Spanisch-Brötlibahn» (la «Ferrovia dei panini spagnoli») perché consentiva di far giungere velocemente a Zurigo i panini preparati a Baden. Oltre ai panini, la ferrovia consentiva al vagone postale di coprire la stessa distanza in 2-3 ore. E’ interessante notare che la ferrovia avrebbe dovuto collegare anche Basilea, ma l’Argovia e i due Cantoni di Basilea non diedero le concessioni richieste.

Il federalismo frena
Spesso si osserva che la Svizzera ha cominciato a dotarsi di una propria rete ferroviaria con alcuni decenni di ritardo rispetto ai Paesi vicini. Non viene tuttavia sottolineato abbastanza che prima del 1848 non esisteva un potere federale centrale, capace di prendere decisioni per l’intero Paese, e che anche dopo il 1848 la Costituzione federale non prevedeva una specifica competenza della Confederazione in materia di trasporti. La concessione ferroviaria spettava ai Cantoni (conseguenza del federalismo), che non si facevano scrupolo di utilizzare questa competenza come un’arma. Nel 1847 i Cantoni si erano trovati sull’orlo della guerra civile proprio per le differenze non solo confessionali (cattolici/protestanti) o ideologiche (conservatori/liberali radicali), ma anche economiche (Cantoni forti e Cantoni deboli) e di prestigio. Con la pace e l’adozione della Costituzione federale (1848) le divergenze non erano scomparse, ma continuavano in altri modi.
Dal 1848, tuttavia, anche sotto la spinta di interessi nazionali e internazionali, la Confederazione decise di affrontare il problema dei trasporti ferroviari alla luce del ritardo accumulato nei confronti degli altri Paesi e soprattutto per consentire un miglior coordinamento tra i vari progetti che erano allo studio in diversi Cantoni in vista di migliorare tutto il sistema delle comunicazioni interne e con l’estero.
Si trattava anzitutto di chiarire le competenze dei Cantoni e della Confederazione. Un primo tentativo, nel 1852, non risolse interamente la questione perché le Camere federali decisero di lasciare ai Cantoni la competenza principale, riservando tuttavia alla Confederazione un potere di controllo e il diritto delle autorizzazioni per le costruzioni ferroviarie. Ne seppe fare buon uso perché da quel momento venne coinvolta in tutti i grandi progetti ferroviari, che andavano moltiplicandosi anche sotto la spinta di alcuni grandi gruppi finanziari europei (come Rotschild, Crédit Mobilier) e svizzeri, soprattutto lo Schweizerische Kreditanstalt/Credit Suisse, fondato nel 1856 a Zurigo dal potente banchiere Alfred Escher.

La soluzione gottardista si fa strada
Escher era convinto che fosse possibile costruire una galleria ferroviaria sotto il Gottardo: la tecnologia era disponibile (in Europa), le maestranze abbondanti in Svizzera e nei Paesi vicini, i finanziamenti reperibili; si trattava solo (ma non era poco!) di convincere i Cantoni e gli Stati europei interessati. Non era tuttavia l’unico a sostenere la fattibilità di un tunnel sotto il San Gottardo.
Tra i fautori dell’attraversamento ferroviario del San Gottardo, fin dalla seconda metà dell’Ottocento, non si possono dimenticare l’ingegnere ticinese Pasquale Lucchini e il politico milanese Carlo Cattaneo, allora esiliato in Ticino. Cattaneo convinse dell’opzione Gottardo, fra le diverse che erano allora in discussione, il suo grande amico e primo consigliere federale ticinese Stefano Franscini (dal 1848 al 1857), il quale a sua volta passò il testimone al suo successore a Berna, il locarnese Giovanni Battista Pioda.
Dopo aver dimissionato dal Consiglio federale (1864), Pioda venne inviato come Ministro di Svizzera a Torino e uno dei suoi obiettivi fu proprio quello di convincere il governo italiano sulla giusta causa del Gottardo. E vi riuscì, grazie anche alla preparazione che aveva fatto il Cattaneo, al quale era riuscito di far cambiare idea allo stesso Conte di Cavour, prima favorevole a una ferrovia attraverso il Lucomagno. Da quel momento l’Italia divenne una grande sostenitrice e la principale finanziatrice dell’opera. Il 17 gennaio 1871 venne firmata la Convenzione sul Gottardo tra la Svizzera, l’Italia e la Germania. Il 28 ottobre 1871 venne stipulata a Berlino la Convenzione per la costruzione della ferrovia del Gottardo, le cui ratifiche vennero scambiate a Berna il 31 ottobre 1871.

Impresa di civiltà riuscita!
1° giugno 1882: inaugurazione della ferrovia del Gottardo.
I lavori durarono dieci anni, dal 1872 al 1882. Sono note le enormi difficoltà che hanno dovuto affrontare e superare le migliaia di operai, quasi tutti italiani, che hanno svolto l’opera in condizioni spesso disumane. Il lavoro nel tunnel era duro e malsano a causa delle alte temperature che superavano i 30 gradi previsti nel progetto iniziale, della scarsa ventilazione e dei gas che si respiravano. Circa 200 lavoratori perirono a causa di incidenti gravi, molti di più morirono, dopo la fine dei lavori, in seguito alla cosiddetta «anemia del Gottardo» contratta a causa delle malsane condizioni igieniche. L’alimentazione era scarsa e inadeguata, probabilmente anche per un eccesso di risparmio da parte dei lavoratori, che pensavano soprattutto a mettere da parte e inviare alla famiglia il massimo possibile. Le condizioni di alloggio erano pessime. I salari erano bassi, rispetto a quelli che si percepivano per lo stesso di tipo di lavoro in condizioni all’aperto.
Dieci anni dall’inizio dei lavori, verso fine maggio 1882, venne inaugurata con grandi festeggiamenti in Svizzera e in Italia quella che con i suoi 15 chilometri era allora la galleria ferroviaria più lunga del mondo, «la ferrovia del secolo», «un trionfo della scienza e dell’industria», una grande «opera di civiltà», risultato della collaborazione internazionale.
Sul significato «europeo» di quella grande impresa e della galleria di base del San Gottardo che sta per essere inaugurata il 1° giugno 2016 tornerò nel prossimo articolo. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 18.5.2016