30 aprile 2016

25 aprile: memoria e attualità in Italia e in Svizzera


Il 25 aprile è stata commemorata anche in Svizzera la Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal fascismo. Raramente, tuttavia, si è andati oltre la rievocazione storica di quel che accadde 71 anni fa per soffermarsi sulle conseguenze politiche immediate e durevoli, fino ai nostri giorni: l’estensione del diritto di voto alle donne, il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 per la scelta tra monarchia e repubblica, l’adozione della Costituzione repubblicana il 22 dicembre 1947, l’organizzazione e l’attività dello Stato, ecc.

Attualità del 25 aprile
Personalmente trovo sproporzionata, almeno nei discorsi commemorativi che ho potuto seguire attraverso video o resoconti scritti, la parte dedicata alla storia rispetto alle considerazioni che si potrebbero fare sul presente. Oltretutto, la rievocazione di pagine drammatiche della storia d’Italia da parte di chi non le ha vissute, ma le conosce solo per averle imparate a scuola o sentite raccontare dal nonno o dallo zio, pecca sempre di ripetizione di cose già note e archiviate nella memoria. Anche per questo, forse, i giovani disertano (salvo rare eccezioni) questo tipo di celebrazioni e i meno giovani vi partecipano per la forza dell’abitudine o attratti da qualche personaggio illustre invitato per il discorso ufficiale.
Eppure, la giornata del 25 aprile è una di quelle occasioni in cui la partecipazione degli italiani, giovani e meno giovani, dovrebbe essere fortemente sollecitata, perché il movimento della Resistenza e la sua conclusione vittoriosa furono eventi che avviarono una serie di cambiamenti, alcuni dei quali non hanno ancora raggiunto pienamente i loro effetti, mentre altri rischiano, a mio parere, un’involuzione. Sull’attualità dei valori della Resistenza nel contesto di una crisi non ancora pienamente superata e della prospettiva di cambiamenti che possono allontanarsi da quei valori mi aspettavo interventi più precisi e incisivi. La Resistenza e la Liberazione sono sempre un riferimento prezioso per valutare lo stato di realizzazione dell’Italia nata da quegli eventi. 
Mi riferisco, per fare qualche esempio, alla implementazione della scelta repubblicana (parlamentare), alla concezione antiautoritaria dello Stato (evidente diffidenza verso un governo forte e grande fiducia nel sistema parlamentare bicamerale), alla concretizzazione dei principi fondamentali («L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità  appartiene al popolo… L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…»), agli equilibri degli organi dello Stato, agli ideali di una società laboriosa, egalitaria, solidale, rispettosa delle minoranze. 

Domande sul presente
A che punto si trova oggi l’Italia al riguardo? Le riforme costituzionali attuali rispecchiano gli ideali della Resistenza e della Liberazione? Mi parrebbe più che opportuno, in queste celebrazioni, rispondere a questi e a simili interrogativi.
Purtroppo, sulle conseguenze non immediate del 25 aprile, ho sentito e letto poche parole, per lo più generiche, sia in Italia che in Svizzera. Mancanza di coraggio? Appiattimento del senso critico? Assuefazione? Perdita di senso civico? Fatto sta che ho sentito e letto (ma forse il meglio mi è sfuggito) quasi soltanto generici richiami all’antifascismo, agli ideali della Resistenza, inviti a «tenere alta la guardia» (presidente del Consiglio Matteo Renzi), ad affermare «i valori della Resistenza… perché guerre e violenze crudeli si manifestano ai confini d’Europa, in Mediterraneo, in Medio Oriente» (presidente della Repubblica Sergio Mattarella), ad osservare criticamente quel che sta succedendo in Europa con la costruzione di muri, la chiusura di frontiere, fino alla recente vittoria in Austria del «partito fascista», ecc.
In Italia, solo il presidente del Senato Piero Grasso ha saputo indicare, a mio parere, alcuni nemici veri e attuali contro cui lottare, per esempio la corruzione, l’avvilente caduta etica, l’abuso delle funzioni e delle risorse pubbliche, la crescente disuguaglianza, ecc. Molto più incisivo e dettagliato è stato tuttavia un articolo di Ernesto Galli della Loggia, secondo cui «in Italia il marcio della politica è il marcio di tutta una società che da tre, quattro decenni, per mille ragioni — non tutte necessariamente malvagie — ha deciso sempre più di chiudere un occhio, di permettere, di non punire, di condonare». 

In Svizzera: un'accusa strampalata e un auspicio
In Svizzera nessun politico ha osato tanto. Sembra tuttavia che, a Zurigo, il sen. Claudio Micheloni, abbia accennato ai problemi che solleva la riforma costituzionale. Prontamente è intervenuto il compagno di partito (PD) Alessio Tacconi (già deputato 5 Stelle e poi confluito nel PD!) accusando senza giri di parole Micheloni di aver «utilizzato le celebrazioni del 25 aprile presso la Casa d'Italia di Zurigo per iniziare alla grande la campagna elettorale contro la riforma costituzionale».
Senza entrare nel merito, perché non ho né sentito né letto il discorso di Micheloni, l’accusa di Tacconi mi sembra davvero strampalata e persino contraria allo spirito della Liberazione. Non vedo infatti cosa ci sia di scandaloso che un senatore della Repubblica, in occasione della celebrazione del 25 aprile, parli delle riforme costituzionali sulle quali si voterà in autunno. Anzi lo trovo molto pertinente, soprattutto se vede, come è lecito vedere, in tali riforme un tema su cui riflettere e di cui discutere, visto che concerne il futuro dell'Italia democratica e delle libertà civiche dei cittadini italiani. 
Mi auguro pertanto che tale riflessione e il dibattito possano continuare anche tra i connazionali in Svizzera senza bavagli e senza preconcetti, come conviene a persone libere.
Giovanni Longu
Berna, 30 aprile

2016

27 aprile 2016

Servizio pubblico in Svizzera e in Italia


Il prossimo 5 giugno i cittadini svizzeri saranno chiamati a votare su ben cinque oggetti: 1) Iniziativa popolare del 30 maggio 2013 «A favore del servizio pubblico», 2) Iniziativa popolare del 4 ottobre 2013 «Per un reddito di base incondizionato», 3) Iniziativa popolare del 10 marzo 2014 «Per un equo finanziamento dei trasporti», 4) Modifica del 12 dicembre 2014 della legge federale concernente la procreazione con assistenza medica, 5) Modifica del 25 settembre 2015 della legge sull'asilo.

A ben vedere, si tratta di cinque argomenti (senza contare quelli aggiuntivi di alcuni Cantoni) che presi singolarmente possono costituire serie difficoltà di comprensione e quindi di decisione a molte persone. Già questa difficoltà iniziale può spiegare perché il tasso di votanti in Svizzera è solitamente molto basso. Ed è comprensibile la domanda che spesso ho sentito, soprattutto da italiani, ma anche da svizzeri: perché dunque sottoporre al popolo così tanti quesiti per di più di difficile comprensione?


Grande dimostrazione di democrazia diretta
La risposta non è facile e sicuramente non può essere esaustiva e soddisfacente per tutti. Eppure trovo la frequenza (più volte l’anno, spesso quattro volte) con cui il Consiglio federale chiama al voto i cittadini una grande dimostrazione di democrazia. Talvolta si tratta di un obbligo costituzionale perché concerne modifiche della Costituzione (che devono essere sempre approvate dal popolo sovrano), come nel caso delle tre iniziative popolari sulle quali si voterà il prossimo 5 giugno, ma spesso sono i cittadini che con un referendum chiedono la verifica popolare di una norma votata dal Parlamento, come nel caso del 4° e 5° oggetto in votazione.
Seguo da molti anni la politica svizzera e posso assicurare che non ho mai sentito un consigliere federale dichiarare all’indomani di una votazione dall’esito ritenuto scontato alla vigilia: «Avete visto? Era inutile andare a votare. Soldi sprecati!». Non che tutte le iniziative o tutti i referendum abbiano reali possibilità di essere approvati, ma entrambi questi strumenti a disposizione dei cittadini sono ritenuti vitali per la democrazia. Nessun membro del governo si sognerebbe mai di invitare i concittadini a non andare a votare perché l’esito appare scontato. La partecipazione popolare in questo Paese è ritenuta fondamentale.
In molte occasioni, e la prossima votazione non fa eccezione, il governo redige un opuscolo informativo con le «Spiegazioni del Consiglio federale» in cui presenta tutte le informazioni necessarie e utili ai cittadini per votare con scienza e coscienza i vari oggetti. Lo fa in una maniera generalmente semplice e comprensibile (si fa per dire, perché talvolta i temi sono oggettivamente complessi), riferendo sia la posizione dei promotori delle iniziative o dei referendum e sia la posizione del parlamento e del governo. Raramente mi è capitato di leggere accuse al governo di mancanza di obiettività in queste presentazioni.

Un esempio: l’iniziativa sul servizio pubblico
Per essere più concreto prendo come esempio le spiegazioni governative relative al primo oggetto in votazione il 5 giugno prossimo. Dopo la presentazione della domanda che figura sulla scheda (Volete accettare l’iniziativa popolare «A favore del servizio pubblico»?) e la raccomandazione del Consiglio federale e del Parlamento di respingere l’iniziativa, segue un breve riassunto del contenuto dell’iniziativa. Dopodiché vengono presentate più approfonditamente le posizioni dapprima dei promotori dell’iniziativa (che viene riportata integralmente) e poi del Consiglio federale.
La conclusione del Consiglio federale, in questo caso (visto anche che il Consiglio nazionale aveva respinto l’iniziativa con 196 voti contro 0 senza astensioni e il Consiglio degli Stati con 43 voti contro 0 senza astensioni), è semplice: Per tutte queste ragioni, Consiglio federale e Parlamento raccomandano di respingere l’iniziativa popolare «A favore del servizio pubblico».
Non occorre essere profeti per prevedere la bocciatura dell’iniziativa il prossimo 5 giugno. Eppure non credo che si possa dire che recarsi alle urne sia inutile o uno spreco di denaro. Del resto gli svizzeri, anche coloro che a votare non ci andranno, sanno bene che ogni votazione è un’occasione importante non solo per misurare maggioranza e opposizione e far conoscere alla maggioranza i punti di vista e le richieste della minoranza, ma anche, e forse soprattutto, per essere costantemente informati sulla cosa pubblica, sui problemi presenti e sulle prospettive future.

Discussione sul servizio pubblico
Doris Leuthard

Ho assistito a un incontro organizzato dall’associazione Forum Helveticum, al quale hanno partecipato per il governo la consigliera federale Doris Leuthard, per i favorevoli all’iniziativa alcuni esponenti del comitato promotore e per il servizio pubblico rappresentanti della politica e della comunicazione. In un Paese riconosciuto generalmente come serio ed efficiente, m’interessava capire come mai, ciononostante, esistano parti di popolazione che vorrebbero un servizio pubblico «di qualità».
In effetti ci sono cittadini-consumatori che si lamentano perché, secondo loro, le prestazioni si riducono, i prezzi aumentano e la qualità diminuisce. Per questo è stata lanciata qualche anno fa da alcune riviste per consumatori l’iniziativa che prossimamente andrà in votazione sul servizio pubblico di qualità.
Devo dire che il dibattito a cui ho assistito si è svolto in un’atmosfera corretta, oggettiva e costruttiva. I vari esponenti della tavola rotonda hanno potuto esprimere i propri punti di vista senza essere interrotti e, tra il pubblico, ognuno ha avuto modo di farsi un’idea più precisa sull’argomento. Inevitabilmente il mio pensiero ha fatto un rapido confronto con analoghi dibattiti alla televisione italiana e la differenza a favore di questo che stavo seguendo è emersa nettamente.
Probabilmente alla fine il pubblico presente è rimasto con la convinzione che si era fatta in precedenza, ma non possono non aver colpito positivamente le parole della consigliera federale Leutard in difesa del servizio pubblico attuale argomentando: poiché il servizio universale è erogato in prima linea dalle imprese parastatali Swisscom, Posta e Ferrovie federali, la Confederazione detta loro i requisiti sull'offerta dei servizi, provvede affinché le prestazioni «siano ovunque di buona qualità e accessibili a prezzi ragionevoli» e vigila sul raggiungimento degli obiettivi, pur garantendo un margine di libertà d'impresa che consenta loro di restare competitive; limitare il margine di manovra della Posta, di Swisscom e delle FFS indebolirebbe il servizio pubblico in Svizzera.
Quanto ai risultati concreti, la consigliera federale ha ricordato che generalmente «i treni sono puntuali, la posta viene consegnata entro i tempi previsti, le telecomunicazioni funzionano con grande efficienza: il valido servizio pubblico, che copre tutto il Paese, è un marchio di qualità della Svizzera ed è al contempo un presupposto per l'elevata qualità di vita e un'economia prospera». Come per dire: cosa volete di più?

E in Italia?
Se qualcuno volesse fare un confronto con l’Italia dovrebbe considerare certamente la differenza delle proporzioni: è sempre più facile gestire entità territoriali piccole rispetto a quelle più grosse. Pur facendo tutte le considerazioni preliminari del caso, non credo però che ci possano essere dubbi sulle differenze macroscopiche, almeno quelle rilevate quotidianamente dai mezzi di comunicazione sociale, tra la Svizzera e l’Italia. Prendendo in considerazione, per esempio, il sistema dei trasporti, non sfugge, credo, a nessun italiano la differenza delle prestazioni tra nord e sud Italia, tra treni a lunga percorrenza e treni regionali soprattutto nei trasporti pendolari, in fatto di pulizia, puntualità, comodità, ecc.
Enrico Mentana
Ancor più vistosa la differenza sul servizio pubblico tra la Svizzera e l’Italia nel settore dell’informazione. Potrei essere smentito, ma non mi capita quasi mai di seguire alla televisione italiana un dibattito politico serio e obiettivo perché l’approccio è quasi sempre prevalentemente ideologico (spesso partitico, anzi partigiano) e scarsamente ragionato con riferimenti a dati e fatti documentati. Specialmente gli interventi dei politici si risolvono frequentemente in chiacchiere vuote.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha osato recentemente attaccare il sistema d’informazione dei talk show e ha provocato una generale levata di scudi con una specie di portabandiera in prima linea, Enrico Mentana, che ha invitato Renzi a smetterla di dare la colpa ai media, perché «se non ci fosse la televisione a spiegare le ragioni dell'uno, le ragioni dell'altro e anche le sue ragioni, noi non potremmo, come cittadini, decidere cosa fare».
Che dire? Troppo aggressivo Renzi (perché senza i talk show milioni di italiani la sera non saprebbero cosa guardare), ma anche troppo autoreferenziale Mentana (e altri conduttori come lui), perché, a mio parere, il livello informativo di gran parte dei talk show è molto scarso. In quasi tutti il protagonista è lui, il conduttore, non l’informazione oggettiva e pluralista. Il padre-padrone del «Servizio pubblico» (come osò chiamare la sua trasmissione) Michele Santoro ha fatto evidentemente scuola.

In conclusione
Il prossimo 5 giugno il popolo svizzero andrà a votare su un’iniziativa che chiede un «servizio pubblico di qualità», ben sapendo che nel confronto internazionale «lo standard del servizio universale in Svizzera è elevatissimo. Negli ultimi anni i fornitori del servizio pubblico sono molto cresciuti in quanto a performance e lo finanziano in gran parte autonomamente. Inoltre, a parità di potere d’acquisto, i prezzi si possono considerare convenienti nel confronto europeo».
Quanto all’Italia, prima di raggiungere posizioni di punta, deve ancora migliorare notevolmente sia il settore dei trasporti che delle comunicazioni, per non parlare di altri settori di base su cui la polemica infuria da mesi, anzi da anni, quali la sanità e la giustizia.
Giovanni Longu
Berna, 27.04.2016