21 ottobre 2016

Quesito referendario e obiezioni di faziosità



Ieri, il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso delle opposizioni contro la formulazione del quesito referendario. Effettivamente, dopo l’approvazione dello stesso quesito dalla Corte di Cassazione e dal Presidente della Repubblica, non ci si poteva aspettare risposta diversa. Dunque la vertenza è chiusa? Probabilmente no perché sono pendenti altri ricorsi. Uscendo dal terreno tecnico-giuridico (non necessariamente il più appropriato) della comprensibilità di un quesito referendario e limitandomi all’aspetto linguistico, trovo personalmente quella formulazione inadeguata e fuorviante, come quelle domande «chiuse» (con alternativa, per esempio: sì/no) in cui la risposta è quasi scontata.

Mi spiego. Chi segue i sondaggi e ha qualche conoscenza di indagini statistiche sa bene che a seconda di come è formulata la domanda possono variare anche notevolmente i risultati. Per questo nelle indagini statistiche e nei sondaggi più seri non si utilizzano domande «chiuse», ma questionari strutturati (con più domande e domande filtro). Nel caso del referendum questo non è possibile, perché la domanda prevede un’unica risposta alternativa si/no. Proprio per questo il quesito referendario andava presentato, a mio modesto avviso, in una forma più oggettiva e neutrale, in modo da non condizionare la risposta.
La formulazione della domanda alla quale sono chiamati a votare gli italiani il 4 dicembre prossimo non mi sembra oggettiva perché incompleta, in quanto mette in evidenza solo gli aspetti positivi della riforma Renzi-Boschi e tralascia completamente gli aspetti negativi e le conseguenze che comportano. Non mi sembra neutrale perché elencando solo i risultati positivi (o presunti tali) il voto è palesemente condizionato. E’ come se si chiedesse agli italiani: «Approvate la legge concernente disposizioni per la concessione di un bonus di 80 euro sulle pensioni e per poter andare in pensione anticipata a 63 anni?», senza aggiungere a quali condizioni.

Quanto non solo il quesito referendario ma l’intera riforma Renzi-Boschi non siano neutrali lo dimostra fra l’altro il martellante invito a votare SÌ del capo del governo, come se da esso dipendesse la sua sopravvivenza, giungendo persino a invocare il sostegno del pensionando Obama (in cambio non si sa bene di che cosa, ma certamente di qualcosa, che magari è bene non far sapere agli italiani). Il governo, in quanto organo esecutivo dello Stato, in materia referendaria, dovrebbe essere piuttosto neutro, non di parte (predominante).
A questo punto, prima di decidere sul sì o sul no, agli italiani non resta che leggersi bene il testo della riforma e riflettere sui rischi che comporta, ad esempio, la confusione introdotta nel bicameralismo italiano (confusione unica al mondo!), la perdita di sovranità popolare, l’affermazione di un centralismo pericoloso per la democrazia, la minore autonomia delle regioni (comprese quelle a statuto speciale), il partito unico al potere, ecc. Dopodiché ciascuna voti secondo scienza e coscienza.
Giovanni Longu
Berna, 21.10.2016

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