05 giugno 2016

70° della Repubblica e riforma della Costituzione



In occasione della Festa della Repubblica, non avendo potuto seguire direttamente alcuna celebrazione, volevo almeno leggere il tradizionale messaggio del Capo dello Stato agli italiani. L’ho cercato invano in Internet, ma al suo posto ho trovato il «Messaggio del Presidente Mattarella al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Graziano in occasione del 70° anniversario della Repubblica Italiana». 

Messaggio del Capo dello Stato
Mi è sorto subito un dubbio: forse per la Festa della Repubblica il Capo dello Stato non si rivolge «alla nazione», ma, appunto, al capo delle Forze armate, ritenute (giustamente) un valido presidio della Repubblica e della democrazia. Ma è bastata una breve ricerca per scoprire che, per esempio nel 2014, il Presidente Napolitano si era rivolto direttamente alla nazione: «Buon 2 giugno a tutti gli italiani!».
Personalmente avrei preferito un discorso rivolto direttamente alle cittadine e ai cittadini italiani, anche perché i 70 anni della Repubblica sono anche i 70 anni del suffragio universale con le donne che votarono per la prima volta in Italia. Non che il presidente della Repubblica Mattarella abbia per così dire sorvolato su questa doppia ricorrenza, ma da parte mia mi sarei aspettato una riflessione specifica sul ruolo avuto dalle donne sia nell’avvento della Repubblica (e fu grandissimo, soprattutto durante la Resistenza), sia nella scelta della forma repubblicana dello Stato e sia anche nell’elaborazione della nuova Costituzione.
Il presidente Mattarella ha ricordato opportunamente che il 2 giugno 1946, con il referendum istituzionale, prima espressione di voto a suffragio universale di carattere nazionale, le italiane e gli italiani scelsero non solo la Repubblica, ma elessero anche l'Assemblea costituente che l'anno successivo avrebbe approvato la carta costituzionale, «ispirazione e guida lungimirante della rinascita e, da allora, fondamento della democrazia italiana». Anche al riguardo mi sarebbe piaciuta una qualche considerazione particolare del Presidente della Repubblica.
Sarebbe bastato ricordare, magari con un inciso, che l’approvazione di quella che è stata definita la Costituzione più bella del mondo avvenne il 22 dicembre 1947 con una larghissima maggioranza parlamentare di quasi il 90 per cento (458 voti favorevoli contro 62 contrari). Ma questo Mattarella forse non poteva dirlo, non tanto per il contesto (che avrebbe potuto apparire persino appropriato), quanto per opportunità politica: molti avrebbero potuto interpretare un semplice richiamo storico come una velata critica al Parlamento che da tempo modifica la Costituzione a colpi di maggioranza (quella che sostiene il governo), anche se lascia il popolo libero di decidere in ultima istanza.

Repubblica e Costituzione
Francamente avrei trovato illuminante, anche ai fini del dibattito politico-costituzionale in corso, una considerazione del Presidente al riguardo, tanto più che il collegamento tra Repubblica e Costituzione (e tra Presidente e Costituzione) è tutt’altro che labile o arbitrario. Anzi, non lo è affatto, visto che quella Repubblica votata nel 1946 e quella Costituzione approvata l’anno seguente sembrano destinate a modificarsi contemporaneamente se il popolo italiano decidesse quest’autunno di approvare col referendum la proposta di modifica approvata a maggioranza dall’attuale Parlamento. Come potrebbe il Presidente della Repubblica non essere parte in causa nel processo di modifica che la riguardano?
Avrei inoltre gradito qualche ulteriore considerazione sulla Costituzione quale «ispirazione e guida lungimirante della rinascita e, da allora, fondamento della democrazia italiana», avendo l’impressione che, almeno in certi ambienti, tale ispirazione e tale guida stiano venendo meno e come fondamento della democrazia cominci a scricchiolare.
Talvolta ho persino la sgradevole sensazione che in certi ambienti s’intenda aggredire la Costituzione non perché ritenuta apertamente inadeguata alla democrazia, ma perché la si vorrebbe funzionale ad altre priorità a me per altro non ben chiare quali il presidenzialismo, la stabilità e dunque di fatto anche la preminenza dell’esecutivo su tutti gli altri organi dello Stato. Che signifi

ca infatti lo strombazzamento di questi mesi di una parte politica di voler garantire «con le riforme» una maggiore efficienza dello Stato, una maggiore prontezza delle decisioni e l’immediata esecuzione di quanto deciso? Significa forse meno procedure, meno intralci, meno controlli e magari meno democrazia?
Non so cosa ne pensi il presidente Mattarella, ma non posso negare che in occasione della Festa della Repubblica, che è anche da sempre festa della Costituzione e della democrazia, avrei gradito almeno un timido accenno al rispetto che si deve alla carta fondamentale dello Stato, all’umiltà con cui il legislatore deve toccare il fondamento della legislazione e della vita sociale, all’attenzione particolare che si deve avere a non modificare gli equilibri voluti dai padri costituenti e garantiti dall’attuale Costituzione.

Interrogativi senza risposta
Sarebbe stato troppo aspettarsi dal presidente Mattarella un tale accenno, se non altro per mettere in guardia dal manipolare la Costituzione con superficialità invece che con attenzione, con arroganza invece che con umiltà, con disprezzo dell’avversario invece che con rispetto? Dopo tutto, il Capo dello Stato è o non è «garante della Costituzione»? e Mattarella non si è autodefinito il «custode rappresentativo della Costituzione»? Come e quando intende esercitare questo ruolo?
Mi rendo conto che tutti questi interrogativi resteranno per sempre senza risposta. Sono ugualmente contento di averli posti, perché dovevano servire soprattutto a me stesso, per una mia riflessione (che ovviamente proseguirà) ed eventualmente per altri che leggeranno questa nota. Dopo tutto, ricordando il costituente Piero Calamandrei, i cittadini italiani, tutti, non dovrebbero mai dimenticare che «lo Stato siamo noi» e pertanto anche la Costituzione è nostra.
Giovanni Longu
Berna, 5.6.2016

2 commenti:

  1. Si invocana la riforma della Costituzione senza usare,come lei ha giustamente scritto in altro post,la corretta parola "modifica",invocando maggiori poteri per il capo del governo che da presidente del collegiale consiglio dei ministri dovrebbe divenire un primo ministro.A mio avviso il capo del governo ha attualmente fin troppo potere: è espressione della maggioranza parlamentare ed è segretario politico in un contesto partitico in cui il segretario del partito ha fin troppa voce nello stilare le liste dei candidati.Con buona pace della separazione dei poteri!

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  2. Anche per queste ragioni occorre studiare bene la modifica costituzionale approvata, prima di dire sì o no. Ne riparleremo.

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