22 luglio 2015

Stravolgimento di sensi (prima parte)


Di molte parole esistono un senso o significato proprio e uno o più sensi o significati figurati. Nel tempo, molte parole cambiano il significato proprio e finiscono per affermarsi sensi figurati o cambiano la «qualità» di ciò che era inteso originariamente. Per esempio il termine «benessere», da «stare bene, sentirsi bene» nell'anima e nel corpo è diventato ormai sinonimo di «possedere»: l’oggetto del benessere non è più (soprattutto) una condizione psicologica ma il possesso di ricchezze materiali. Specialmente nel linguaggio politico e in quello comune attinente alla politica è facile incontrare termini utilizzati ormai in un senso (completamente) diverso da quello originale. Di seguito indicherò a titolo di esempio alcune parole o espressioni utilizzate, ormai, con significati diversi da quelli originari

Austerità
Un tempo l’aggettivo «austero» veniva usato per caratterizzare una persona sobria, misurata, rigorosa, integra, onesta, affidabile, talvolta persino severa, inflessibile, intransigente (al contrario della persona smoderata, sregolata, intemperante, corrotta). Lo si usava anche per designare una politica di bilancio di uno Stato «restrittiva» o «di rigore», fatta di tagli alle spese pubbliche (senza pregiudicare i servizi) per contenere o ridurre il deficit.
L’austerità era una virtù. Ora non sembra più tale (almeno a livello pubblico) e, nell’Unione europea, sono molti i governanti che non vedono l’ora di uscire dal regime dell’austerità per imboccare finalmente la via della crescita. Come se in uno Stato (come in una famiglia) ci potesse essere crescita, nuovi acquisti, nuovi investimenti… con i conti non in regola e un debito fuori controllo. Pochi sembrano rendersi conto che uno Stato (come una persona) per rimettersi in forze deve prendere qualche medicina. Anche il premier Alexis Tsipras per far ripartire la Grecia e non lasciarla sprofondare nei debiti ha dovuto bere «l’amaro calice dell’austerità» (Il Sole 24 ore).

Corruzione ed evasione
Un tempo, sentirsi dare del «corrotto» era semplicemente infamante e bastava per mettersi da parte. Oggi, se tutti i corrotti e corruttori si mettessero da parte, in circolazione resterebbero in pochi. Quanto poi agli evasori, da quando si è sparsa la voce che la pressione fiscale in Italia è eccessiva, si continui pure a considerare peccato l’evasione, ma non c’è nessuno, credo, che sia disposto a considerarsi peccatore. Questo spiega perché da decenni si continui a parlare di lotta alla corruzione e all’evasione, ma senza risultati apprezzabili.
Recentemente il premier italiano Matteo Renzi ha affermato che «corruzione ed evasione in Italia valgono 160 miliardi». Mi domando: e allora cosa aspetta a estirpare o almeno a cercare di estirpare questi due tumori maligni galoppanti? Come fa a chiedere all’Europa di allentare il rigore quando non è nemmeno in grado di recuperare in Italia un po’ di miliardi dalla dilagante corruzione ed evasione? Forse gli manca il necessario consenso. Vorrei però sbagliarmi, perché lo stesso Renzi ha dichiarato recentemente che la lotta all’evasione sarà fatta (a cominciare da quando non è dato sapere!) «con una procedura innovativa, con lo scambio di banche dati e l’information technology». Staremo a vedere.

Ripresa
Il termine significa propriamente «nuovo inizio» dopo una qualunque interruzione (del lavoro, dell’insegnamento, ecc.), ma anche «accelerazione» (in un veicolo) o semplicemente «miglioramento» di attività mai (completamente) interrotta. Con quest’ultimo significato si sente dire sempre più spesso e con toni talvolta trionfalistici da esponenti del governo che in Italia è finalmente iniziata la «ripresa», attribuendosene il merito.
Intanto andrebbe aggiunto, correttamente, che la «ripresa» non c’è solo in Italia, ma in quasi tutti gli Stati europei e che in Italia è anzi ancora particolarmente debole. Più che di merito si dovrebbe parlare forse di un demerito del governo se la ripresa arriva solo ora (mentre in altri Stati è già in atto da tempo), se riguarda solo poche attività economiche, se non riesce ad assorbire entro limiti fisiologici l’enorme disoccupazione generale e specialmente giovanile e se non è ancora sufficiente per ristabilire nel Paese un clima di fiducia nel futuro.
Sarebbe inoltre auspicabile che il governo italiano chiarisse meglio il senso esatto di questa «ripresa»: ri-presa di che cosa; da che punto; grazie a che cosa; è sostenibile, a costo zero o fa aumentare ulteriormente il debito pubblico? Non ho mai capito perché in particolare i vertici dello Stato (Giorgio Napolitano è stato un esempio!) sembrino aver paura di dire (tutta) la verità, non ammettano sbagli, non sappiano indicare (e proporre alla discussione pubblica) obiettivi veramente raggiungibili e metodi praticabili da sottoporre a verifica entro un tempo determinato, dimentichino sistematicamente di essere al servizio dei cittadini. Per essere credibile, un governo serio dovrebbe sempre fornire dati veritieri sulla sue prestazioni, mettendoli a confronto con dati precedenti e soprattutto con gli indicatori internazionali o almeno europei. (Segue)

Giovanni Longu
Berna, 22.07.2015