17 giugno 2015

La Svizzera napoleonica e il Congresso di Vienna


Uno dei grandi anniversari ricordati in Svizzera quest’anno è il Congresso di Vienna (1815), che ha ridisegnato la geografia dell’Europa dopo gli sconvolgimenti causati dalla furia di Napoleone. Le conseguenze sono state importanti e durature anche per la Svizzera. La ricorrenza merita pertanto di essere ricordata.

La Svizzera durante il «protettorato» francese
Dopo la disfatta di Marignano del 1515, i Cantoni svizzeri dovettero non solo rinunciare ai sogni di conquista (soprattutto verso sud), ma anche accettare una sorta di «protettorato» francese che sarebbe durato fino al 1792, quando il governo francese decise di licenziare i mercenari svizzeri al suo servizio e rinviarli senza soldo alle loro case.
Fino a quel momento la neutralità svizzera, sebbene imposta, era garantita dalla Francia, anche dopo lo scoppio della rivoluzione francese (1789). Divenne un problema per i Cantoni svizzeri quando nel 1793 le principali Potenze europee cominciarono a coalizzarsi contro la Francia rivoluzionaria. La vecchia Confederazione prese subito la decisione saggia di non schierarsi con nessuna delle Potenze belligeranti e per precauzione fece schierare 1300 soldati lungo il confine basilese, dove il pericolo sembrava maggiore. Invano, come si vedrà più avanti.

Echi della rivoluzione francese in Svizzera
Intanto, i venti della rivoluzione francese, erano giunti anche in Svizzera, ma incontrarono un formidabile ostacolo nel conservatorismo di molti Cantoni che si reggevano su un’applicazione rigida e pesante del principio di autorità ereditato da una mentalità medievale. Il risultato fu un periodo di grande instabilità, durante il quale successe di tutto: proteste contadine, sommosse, divisioni, creazioni di mini-repubbliche, repressioni.
Waterloo, monumento sul luogo della sconfitta
definitiva di Napoleone Bonaparte (foto gl)
Molti svizzeri, avvertendo il fascino delle nuove idee provenienti dalla Francia e sintetizzate nel motto «liberté, égalité, fraternité», credettero di poter approfittare del momento favorevole per svincolarsi da quel sistema di potere, spesso oppressivo, che teneva unita in qualche modo la vecchia Confederazione. Quasi ovunque la restaurazione dei poteri centrali di origine medievale finì per imporsi. Per esempio, le «feste della fratellanza» organizzate nel 1791 nella Svizzera romanda furono represse duramente dai bernesi, che in quel periodo occupavano il Paese di Vaud. Anche altrove ogni tentativo di ribellione finiva per essere represso con la forza.
Per evitare il contagio delle idee illuministe provenienti dalla Francia e diffuse in Svizzera anche da illustri personaggi come Jean-Jacques Rousseau e Albrecht von Haller, si cercò di contrapporvi i valori «svizzeri». Non è perciò un caso che verso la fine del XVIII secolo si (ri)scoprirono e diffusero in tutta la Confederazione i cosiddetti «miti di fondazione», ossia le «storie» di Guglielmo Tell, del Grütli, di Morgarten, ecc. In fondo, si voleva significare che gli svizzeri avevano nella loro tradizione i modelli a cui ispirarsi. Oltretutto, ai miti dell’uguaglianza e della fraternità ben pochi credevano. Il risultato di queste riscoperte fu tuttavia modesto, almeno nell'immediato.
Anche la Francia rivoluzionaria cominciò a preoccuparsi del deteriorarsi della situazione svizzera non tanto perché le stessero a cuore le sorti della vicina Confederazione, quanto perché una Svizzera «neutrale» le era indispensabile per motivi economici, poiché tutt'intorno le Potenze coalizzate avevano costituito un blocco economico. L’unica possibilità di superarlo era quella di approvvigionarsi dei beni mancanti attraverso la Svizzera. Per questo fece in modo, fin dal 1793, che la Svizzera restasse neutrale e, in quest’ottica, lo stesso anno truppe francesi occuparono il Giura.

Occupazione francese della Svizzera
Gli interessi della Francia nei confronti della Svizzera non riguardavano tuttavia solo la rottura dell’accerchiamento economico, ma andavano ben oltre. La Svizzera infatti rappresentava una posizione chiave nel massiccio alpino per le comunicazioni nord-sud e sicuramente anche le altre grandi Potenze continentali avrebbero cercato prima o poi di occuparla. Se fosse stata occupata dall’una o dall’altra Potenza, avrebbe segnato anche la fine della sua indipendenza. Perciò la Svizzera fece di tutto per mantenersi assolutamente neutrale nei confronti di tutti i belligeranti. Questi, almeno inizialmente, mantennero nei suoi confronti un atteggiamento prudente, anche perché la scomparsa di questo Paese neutrale e in qualche modo garante di quel fragile equilibrio che esisteva in quel momento tra le grandi Potenze avrebbe potuto creare uno sconvolgimento generale in Europa.
Monumento ai caduti nel Grauholz, eretto nel 1886:
una colonna spezzata che porta alla base la scritta:
«
Seid einig» (siate uniti), tratta dal Guglielmo Tell
di Schiller (foto gl)
Quel precario equilibrio cominciò tuttavia ben presto a rompersi. Infatti, dopo che Napoleone Bonaparte, l’eroe della rivoluzione francese, aveva occupato l’Italia settentrionale (1796-1797), apparve indispensabile assicurarsi un collegamento diretto tra Parigi e Milano attraverso i passi alpini e quindi attraverso la Svizzera.
L’occasione per un intervento militare francese si presentò nel gennaio 1798, quando il Paese di Vaud decise di sottrarsi alla dominazione bernese e proclamò la «Repubblica Lemanica». Per evitare la prevedibile repressione di Berna, la neocostituita repubblica chiese aiuto alla Francia, costringendo le truppe bernesi a ritirarsi senza combattere nella regione di Morat e di Friburgo. L’occupazione di Losanna (28 gennaio 1798) da parte delle truppe francesi fece subito capire quali erano le vere intenzioni della Francia. Infatti l’avanzata dell’esercito francese fu quasi inarrestabile e senza incontrare significative opposizioni. Quando Berna tentò di fermare i francesi fu sconfitta nella battaglia di Grauholz (5 marzo 1798) e i vincitori occuparono la città. La caduta di Berna segnò anche la sorte della vecchia Confederazione.

Dalla Repubblica Elvetica alla Confederazione Svizzera
Napoleone, che non capiva la situazione svizzera di un piccolo territorio diviso in tanti mini-Stati (Cantoni) per altro molto litigiosi, impose una costituzione che decretava la creazione di uno Stato unitario e indivisibile, sul modello francese: la Repubblica Elvetica (1799).
Il modello francese, però, non piaceva agli svizzeri e tra i convinti sostenitori dello Stato unitario centralizzato e i ferventi federalisti scoppiarono interminabili lotte interne. Non appena l’esercito d’occupazione francese venne ritirato dalla Svizzera (1802) scoppiò una sorta di guerra civile, che indusse Napoleone a rioccupare la Svizzera (1803) e a intervenire nuovamente sulla costituzione. Con il cosiddetto «Atto di Mediazione» vennero ripristinati i Cantoni, che riottennero i loro diritti e la Repubblica Elvetica prese il nome di «Confederazione Svizzera». Ai tredici vecchi Cantoni se ne aggiunsero sei nuovi, tra cui il Ticino (con la denominazione di «Repubblica e Cantone Ticino»).
Tra i primi atti della Confederazione in politica estera uno dei più importanti fu la dichiarazione di neutralità, con evidente soddisfazione della Francia ma grande delusione soprattutto della Germania, che contava molto sul sostegno anche militare della Svizzera. Sembra addirittura che lo stato maggiore dell’esercito tedesco preparasse un’invasione del territorio svizzero. Non si arrivò a tanto, ma la Svizzera dovette, ad esempio, ritirare frettolosamente le truppe che teneva schierate lungo il Reno e lasciar passare le truppe della coalizione attraverso l’Altipiano svizzero fino a Ginevra. Non era occupata ma nemmeno totalmente libera, benché continuasse a proclamarsi neutrale.
Nel frattempo Napoleone era stato sconfitto dagli alleati nella battaglia di Lipsia (ottobre 1813), costretto ad abdicare ed esiliato nell’isola d’Elba. L’anno seguente (ottobre 1814), le grandi Potenze si erano riunite a Vienna allo scopo di ripristinare in Europa la situazione territoriale precedente alle guerre napoleoniche. Senonché, Napoleone, riuscito a fuggire, raggiunse nuovamente la Francia e riorganizzò un forte esercito. Solo nella celebre battaglia di Waterloo (18 giugno 1815) fu definitivamente sconfitto e inviato in esilio nella lontanissima isola di Sant’Elena.

La neutralità svizzera frutto del Congresso di Vienna
Il Congresso di Vienna poté concludere i lavori e risistemare la geografia dell’Europa, ripristinando in gran parte la situazione preesistente. Allo scopo di evitare in futuro nuove gravi alterazioni dell’equilibrio faticosamente raggiunto tra le grandi Potenze, vennero rafforzati i piccoli Stati tra la Francia e l’Europa centrale, unendo per esempio il Belgio all'Olanda, Genova alla Sardegna. Anche la Svizzera fu rafforzata e ampliata. Le fu infatti concesso di accogliere nella Confederazione Neuchâtel, Ginevra e il Vallese, che ancora non ne facevano parte. Le grandi Potenze si fecero inoltre garanti della neutralità della Svizzera e dell’inviolabilità del suo territorio. In fondo la neutralità della Svizzera faceva comodo a tutti.
Il Congresso di Vienna (in un dipinto dell’epoca) riconobbe
 la sovranità e la neutralità perpetua della Svizzera
Alcuni storici non sarebbero disposti ad ammettere che le grandi Potenze «garantirono» la neutralità e la sovranità svizzera, preferendo una diversa formulazione che si rifà al testo originario francese in cui si diceva che le Potenze «riconoscono» formalmente la neutralità perpetua della Svizzera. Tuttavia, a parte la linguistica, mi pare evidente che è nell'ambito del Congresso di Vienna che la neutralità svizzera è ritenuta opportuna e giustificata sia nell'interesse della Svizzera e sia nell'interesse della politica europea.
Alla luce dei duecento anni trascorsi da allora non c’è dubbio che la neutralità di questo piccolo Paese nel cuore del vecchio continente abbia giovato sia alla Svizzera che all'Europa. Quanto al futuro, la discussione è aperta.
Giovanni Longu
Berna, 17.06.2015