10 giugno 2015

Marignano e la storia svizzera: 1515-2015


Il 2015 è un anno di grandi anniversari per la Svizzera. Quelli maggiormente ricordati sono, in ordine cronologico: la vittoria di Morgarten (1315), che determinò l’affrancamento dei Cantoni primitivi dalla sudditanza asburgica; la conquista dell’Argovia (1415), una chiara testimonianza dello spirito di conquista dei primi Cantoni; la disfatta di Marignano (1515), che segnò la fine dei sogni di conquista degli «Svizzeri»; il Congresso di Vienna (1815), che garantì l’indipendenza e l’integrità territoriale della Svizzera, ma le impose la neutralità perpetua; l’accerchiamento della Svizzera durante la prima guerra mondiale, dopo l’entrata in guerra dell’Italia (1915); la fine della seconda guerra mondiale (1945), che ha posto la Svizzera di fronte all’esigenza di nuove aperture e collaborazioni internazionali, ecc.

Lungo processo identitario svizzero
Ho citato solo alcuni eventi che hanno segnato la storia svizzera o qualche aspetto rilevante della politica federale. A ben vedere, sono collegati da un sottile ma decisivo filo rosso: l’avvio e lo sviluppo di quel processo identitario svizzero sui cui risultati talvolta ci s’interroga perplessi. Per alcuni, infatti, restano ancora poco chiari i suoi contenuti soprattutto alla luce di un processo analogo di dimensione europea, ma anche nel quadro delle politiche sociali interne alla stessa Svizzera.
Battaglia di Marignano: dettaglio di un dipinto attribuito al
Maestro de la Ratière (da Wikipedia)
Probabilmente in questa ricerca di chiarezza si commette l’errore di pretendere di poter determinare, ossia fissare nel tempo e nello spazio, una caratteristica che per sua natura non è statica ma dinamica, in continua evoluzione. L’identità di un popolo, infatti, non può essere definita una volta per sempre, ma ne segue l’evoluzione storica, economica e culturale secondo dinamiche interne ed esterne, spesso, come nel caso svizzero, particolarmente complesse.
In questo processo di formazione dell’identità svizzera, la disfatta di Marignano del 1515 ha segnato sicuramente una tappa fondamentale. Per capirne l’importanza è opportuno ricordare che l’intero processo, per altro non ancora finito, abbraccia un arco di tempo molto lungo di almeno sette secoli. Se il suo inizio si colloca, come da tradizione, nel 1291 (col mitico Patto del Grütli), la battaglia di Marignano interviene nella prima fase storica, quando la «Confederazione dei tredici Cantoni» (costituita dai tre Cantoni primitivi Uri, Svitto e Untervaldo, dai cinque nuovi Cantoni aggregatisi fino al 1481, e poi ancora da altri cinque aggiuntisi fino al 1513) era ancora in forte espansione.

Gli «Svizzeri» e il Ducato di Milano
Sebbene la vecchia Confederazione non costituisse un vero e proprio Stato unitario in senso moderno, ma piuttosto un complicato sistema di alleanze di Stati indipendenti, essa riusciva a gestire in comune una serie di territori sottomessi (alcuni dei quali si trovavano in territorio «italiano» e già appartenuti al Ducato di Milano) e persino un esercito comune, oltre alle numerose milizie «mercenarie» che dipendevano direttamente dai vari Cantoni.
Per capire l’importanza della sconfitta di Marignano occorre anche ricordare che da decenni l’esercito «svizzero» era ritenuto uno dei più potenti dell’epoca, quasi sempre vittorioso negli scontri con altri eserciti comparabili, e pertanto oltremodo temibile. Secondo uno studioso dell’epoca, lo storico e uomo politico fiorentino Niccolò Machiavelli (1469-1527), gli «Svizzeri» erano tuttavia temibili non tanto in quanto «invincibili», bensì in quanto capaci, se l’avessero voluto, di conquistare e aggiungere nuove terre a un proprio Stato, che intanto non avevano.
Machiavelli alludeva all’anomalia degli «Svizzeri» che, per quanto disponessero di un potente esercito, non pensavano, almeno in quel momento, a costituire uno Stato unitario (pur senza rinunciare a estendere i domini dei singoli Cantoni), ma si limitavano a mettere il proprio esercito a disposizione di chi era disposto a pagare di più. Si trattava pur sempre di un esercito «mercenario», perché, sempre secondo Machiavelli, «Li Svizzeri non si moveranno se non hanno danari»).
In quel momento l’esercito «svizzero» (meglio sarebbe chiamarlo «esercito dei Cantoni») era assoldato da Massimiliano Sforza (1493-1530) duca di Milano, non per scelta di costui, ma perché furono gli Svizzeri, nel 1512, a scacciare da Milano gli occupanti francesi e metterlo a capo del Ducato, garantendogli «protezione» e, naturalmente, garantendo anche i territori «svizzeri» conquistati o acquistati o comunque ottenuti nell’attuale Cantone Ticino e appartenuti al Ducato di Milano.

La disfatta di Marignano
Senonché, i francesi al comando del re Francesco I, sentendosi per così dire spodestati, tre anni più tardi, nel 1515, tornarono in forze nei pressi di Milano, più precisamente a Marignano (oggi Melegnano) a una quindicina di chilometri a sud est di Milano, dove ad attenderli c’era l’esercito «svizzero» forte di 20.000 uomini (un numero piuttosto consistente per quell’epoca). Lo scontro, tra il 13 e 14 settembre 1515, fu inevitabile e durissimo. In venti ore di combattimenti, l’esercito svizzero fu sopraffatto, non solo per la superiorità numerica di quello francese (forte di 30.000 francesi più 9000 mercenari lanzichenecchi e 12.000 veneziani), ma anche perché i francesi e loro alleati disponevano della cavalleria e di una moderna artiglieria, che gli svizzeri non avevano.
Battaglia di Marignano: dipinto di Ferdinand Hodler (da 
Nei combattimenti caddero sul campo non meno di 10.000 soldati svizzeri e 6000 francesi. Si parlò di una «battaglia dei giganti», ma si trattò di un eccidio senza precedenti che indignò tra gli altri uno dei partecipanti, il cappellano degli svizzeri Ulrich Zwingli (che sarà uno dei grandi protagonisti della Riforma protestante), talmente sconvolto da quella carneficina che invitò gli svizzeri a dire basta alle guerre fratricide.
Sulla battaglia di Marignano è stata allestita una mostra (che resterà aperta fino al 28 giugno!) presso il Museo nazionale di Zurigo: «1515 Marignano». Essa ha diversi pregi, ma soprattutto quello di aver saputo ambientare quell’evento militare nel contesto delle politiche territoriali delle potenze europee dell’epoca, fortemente interessate al dominio del ricco Ducato di Milano.

Cause e conseguenze
Sulle cause della sconfitta di Marignano si è discusso molto, ma apparve da subito evidente che l’armamento militare degli svizzeri (essenzialmente «picche» ed armi da taglio) era ormai inadeguato rispetto alle nuove tecniche di combattimento di fanteria e cavalleria sostenute dall’artiglieria. Recentemente, anche il Consigliere federale Johannn Scheider-Amman vi ha visto una sorta di punizione «per mancata innovazione».
Oggi tuttavia si sottolineano anche altre cause, ad esempio la divisione intervenuta tra i Cantoni in merito a una proposta di tregua avanzata da Francesco I prima della battaglia finale. Essa prevedeva una consistente indennità in denaro in cambio della restituzione di alcuni territori conquistati dagli «Svizzeri» dopo il 1503 (con l’esclusione dunque dei territori conquistati prima, ossia Leventina, Blenio, Riviera e Bellinzona). Alcuni Cantoni (ad esempio Berna, Soletta, Zurigo) erano favorevoli, altri (tra cui Svitto e Uri) contrari. Evidentemente non esisteva unanimità tra i Cantoni nemmeno nelle questioni più serie di politica estera.
Anche sul dopo Marignano si è discusso e si continua a discutere, soprattutto in merito al presunto inizio della neutralità svizzera come conseguenza diretta della disfatta militare. Pur non condividendo tale affermazione, non c’è dubbio che quella disavventura abbia indotto molti intellettuali e uomini politici della vecchia Confederazione a ripensare radicalmente la politica di espansione praticata fino a quel momento dai Cantoni e a chiederne la fine.
Credo che sia questa rinuncia, per quanto forzata, la principale conseguenza positiva di quella sconfitta, anche perché di fatto procurò alla Svizzera una sorta di «pace perpetua», che le garantì nessun altro spargimento di sangue importante e condizioni favorevoli di sviluppo per diversi secoli. Inoltre, quasi tutti i Cantoni capirono che il servizio mercenario (mettersi a disposizione di chiunque fosse disposto a pagarli meglio di altri) ormai non rendeva più (anche perché le grandi potenze stavano sviluppando un tipo di esercito diverso, sempre più sostenuto dall’artiglieria, mentre gli svizzeri rimanevano fermi alla centralità della fanteria).

Il «protettorato» francese
Tanto valeva mettersi al servizio di un solo signore, che in quel momento non poteva essere che il vincitore di Marignano Francesco I. Per far accettare più facilmente questa prospettiva, il re di Francia offrì agli svizzeri sconfitti condizioni di pace piuttosto benevole. Infatti non dovevano pagare danni di guerra, anzi venivano indennizzati; non dovevano cedere alcun territorio (salvo qualcuno di recente conquista), ma fu loro garantito di potersi tenere gran parte dei territori conquistati o acquistati a sud del Gottardo. Non tutti Cantoni erano propensi a questo nuovo orientamento della politica federale, ma tutti finirono per accettare quella sorta di «protettorato» francese, che sarebbe durato fino al 1792. Era lo scotto da pagare in cambio della pace.
Si può discutere, in senso accademico, se non esistessero alternative. In effetti, secondo il pensiero di Machiavelli, l’unica alternativa valida sarebbe stata la costituzione di uno Stato unitario in grado di sottomettere a un’unica volontà le voci discordanti di tanti Cantoni. Ma i tempi evidentemente non erano ancora maturi per un passo del genere. Solo nel 1848 i Cantoni decideranno di rinunciare almeno in parte alla propria sovranità e darsi una costituzione unitaria nel quadro di una Confederazione.
Giovanni Longu
Berna 10.06.2015