22 settembre 2015

L’Abbazia di Saint-Maurice ha compiuto 1500 anni




L’Abbazia di Saint-Maurice, nel Vallese (Svizzera), è probabilmente la più antica istituzione occidentale che da quindici secoli testimonia ininterrottamente la fede cristiana. Oggi si è concluso solennemente l’anno di festeggiamenti con una bella allocuzione del consigliere federale Didier Burkhalter alla presenza di un folto pubblico e numerosi rappresentanti delle autorità e di istituzioni civili, religiose e militari.

Saint-Maurice baluardo della fede da quindici secoli
Abbazia di Saint-Maurice (foto gl)
La cristianizzazione in Svizzera è cominciata presto, introdotta dai soldati romani, ma si è sviluppata soprattutto a partire dal VI secolo. In quel periodo, soprattutto nei presidi romani e nelle regioni da loro controllate, dunque soprattutto nella Svizzera occidentale, cominciarono a sorgere chiese, cappelle, monasteri.
Già nel IV secolo era stato edificato nella regione di Saint-Maurice un primo santuario dedicato a San Maurizio e ai martiri della Legione Tebana, costituita da cristiani. In esso erano stati raccolti i resti del santo e dei legionari che, alla fine del III secolo, sotto la dominazione di Diocleziano e Massimiano, erano stati uccisi per essersi rifiutati di perseguitare le popolazioni del Vallese convertitesi al cristianesimo. Divenuto troppo piccolo per contenere i numerosi fedeli che vi affluivano per devozione al santo, il re cattolico burgundo Sigismondo il 22 settembre 515 avviò la costruzione dell’attuale abbazia a ridosso della montagna sovrastante.
Da allora l’abbazia di Saint-Maurice ha costituito uno dei principali baluardi della fede cristiana in Svizzera. L’anno scorso, rivolgendosi alla Conferenza dei vescovi svizzeri recatisi in visita in Vaticano, papa Francesco ricordò esplicitamente «la lunga tradizione cristiana della Svizzera» e il giubileo dell’Abbazia, «un’impressionante testimonianza di 1.500 anni di vita religiosa ininterrotta, un fatto eccezionale in tutta l’Europa».
Chiostro dell'Abbazia di Saint-Maurice (foto gl)
Non so se gli svizzeri vanno fieri di questo primato, ma è certo che la Svizzera è impregnata di testimonianze cristiane. L’abbazia di Saint-Maurice è quella più antica, ma numerose altre, non meno significative, sono sparse in tutta la Svizzera. Molte sono ormai ultramillenarie. Solo nella regione di Thun (Cantone di Berna), ci sono dodici di queste chiese in stile romanico/gotico. Molte chiese, abbazie, collegiate sono anche autentici gioielli d’arte, noti anche fuori dei confini svizzeri. Basti ricordare le abbazie di San Gallo, Disentis e Müstair (nel Cantone dei Grigioni), Romainmôtier e Payerne (Vaud), Hauterive (Friburgo), Engelberg (Obvaldo), Einsiedeln (Svitto), le cattedrali di Basilea, Losanna, Ginevra, Zurigo, le collegiate di Saint-Ursanne (Giura), Neuchâtel, San Vittore (Ticino), Valere (Vallese), ecc.
In ogni città svizzera, ma anche nei piccoli centri e persino in molte campagne sono visibili i segni della presenza del cristianesimo attraverso grandiose cattedrali, santuari, chiese parrocchiali, cappelle, croci, statue, nomi di piazze e di strade intestate a eventi e personaggi della cristianità.

Presenza diffusa e radicata del cristianesimo
I segni della tradizione cristiana della Svizzera non si limitano ai monumenti. La stessa Costituzione federale comincia con un’invocazione a Dio: «In nome di Dio Onnipotente», la croce svizzera contrassegna tutti gli edifici pubblici federali e simboleggia la Svizzera a livello internazionale con la sua bandiera quadrata di colore rosso con una croce greca bianca al centro. Persino l’inno nazionale è una sorta di invocazione religiosa, tanto è vero che è conosciuto come «salmo svizzero».
La presenza di tanti segni cristiani spiega forse quell’atteggiamento di chiusura che talvolta si nota nel popolo svizzero soprattutto nei confronti dei musulmani (si pensi alla votazione del 2009 contro l’edificazione di minareti), come se la religione islamica rappresentasse un corpo estraneo fastidioso in questo tessuto quasi bimillenario. Spiega anche quella generale diffidenza che ha suscitato recentemente la proposta di un nuovo inno nazionale dove il richiamo del Trascendente è totalmente scomparso.
E’ sorprendente, tuttavia, come la coscienza cristiana del popolo svizzero, sembri risvegliarsi solo in certe occasioni, mentre abitualmente non dà segni di particolare vivacità. E’ facile del resto costatare quanto sia divenuto raro e difficile riempire i luoghi di culto, sia quelli cattolici sia quelli protestanti. Sembra addirittura che la società svizzera consideri ormai la religione nemmeno più un valore primario, ma solo un sentimento personale senza alcun riscontro esterno necessario. Eppure, pur senza bruciare, la fiamma della fede cristiana sembra ancora essere presente nella coscienza sociale del popolo svizzero.
Giovanni Longu
Berna, 22.9.2015

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