31 dicembre 2014

2015: Svizzera alla prova


«L’economia ticinese si presenta come un panorama invernale, avvolto dalla bruma e con quel qualcosa di enigmatico, quasi ipnotico. Tutto sembra immobile, ma nonostante ciò permane quella strana e persistente sensazione che qualcosa sta cambiando». Così l’Ufficio di statistica del Cantone Ticino ha caratterizzato a fine anno l’economia ticinese. Un’impressione analoga mi suscita anche l’economia svizzera in generale, sebbene al momento siano ancora pochi i segnali di cambiamento.

Ostacoli in vista
Finora l’economia svizzera nel suo complesso si è dimostrata in grado di superare le numerose difficoltà derivanti dalla crisi internazionale non ancora finita, dalla scarsa crescita nella zona euro e dai rapporti non sempre distesi con l’Unione europea (UE). Ma gli ostacoli che il Ticino e la Svizzera incontreranno già nei prossimi mesi non sono di poco conto. E’ probabile che il 2015 sia per il Ticino e per l’intera Confederazione un anno decisivo. Entro la prossima primavera dovrebbe concludersi il negoziato fiscale con l’Italia e si sa che molti capitali sottratti illegalmente al fisco italiano e destinati all'emersione e al rientro in Italia sono gestiti dalla piazza finanziaria ticinese. Quali conseguenze comporterà? Presto dovrebbero riprendere anche i negoziati con l’UE e l’esito non è affatto scontato.
Le difficoltà principali che incontrerà la Svizzera sono dovute soprattutto alle conseguenze dell’approvazione, il 9 febbraio 2014, della modifica costituzionale riguardaccordo del 1999 (entrato in vigore nel 2002) sulla libera circolazione delle persone e tenterà di farlo, già nel 2015. Ma l’UE ha fatto sapere di non essere disposta a rinegoziare questo principio basilare della politica sociale europea.

ante la limitazione dell’«immigrazione di massa». Per dare piena attuazione a questo voto, il governo federale dovrebbe rinegoziare con l’Unione europea (UE) l’

Soluzioni possibili
Il Consiglio federale non può sottrarsi al nuovo obbligo costituzionale creatosi il 9 febbraio scorso, ma non credo che si arriverà a un «braccio di ferro» con l’UE. Se ci dovesse essere, a soccombere sarebbe senz'altro la Svizzera. Una clausola (non per nulla chiamata «clausola ghigliottina»!) del primo gruppo di Accordi bilaterali con l’UE (1999) prevede infatti che se ne salta uno (ad esempio quello sulla libera circolazione delle persone) decadono anche tutti gli altri (ostacoli tecnici al commercio, agricoltura, trasporti terrestri, trasporto aereo, ricerca, ecc.). La Svizzera, che ha raggiunto l’attuale livello di benessere proprio grazie a questi Accordi, sa bene che senza di essi il futuro si presenterebbe alquanto incerto e difficile, perché non avrebbe più il libero accesso al grande mercato europeo.
D’altra parte, ritengo che nemmeno l’UE abbia interesse a rompere le buone relazioni con la Svizzera, alla luce dei molteplici interessi comuni nei campi dell’energia e dei trasporti, degli scambi commerciali, della ricerca scientifica, della formazione, ecc.
Credo che sarà proprio osservando realisticamente la situazione che la Svizzera e l’UE finiranno per trovare un’intesa compatibile con le esigenze dell’una e dell’altra. La Svizzera continuerà ad aver bisogno di manodopera estera e sarà l’economia a regolare i flussi migratori e non la politica e l’amministrazione attraverso complicati meccanismi di contingentamento.
Anche l’UE finirà per rendersi conto che «la libera circolazione non è un dogma», per riprendere un’espressione dell’ambasciatore Roberto Balzaretti (capo della missione svizzera presso l’Unione europea), né un «diritto incondizionato», come sostiene David Cameron (primo ministro del Regno Unito), ma un principio che va applicato con una certa flessibilità. E’ sulla sua applicazione, non sul principio in sé, che andrà trovata un’intesa tra l’UE e la Svizzera. La libera circolazione dovrà essere garantita, entro limiti sostenibili di salvaguardia, garantiti non solo alla Svizzera ma anche agli altri Paesi dell’UE.

Superare la sindrome di Asterix
Inoltre, non si dovrebbe dimenticare che il processo di avvicinamento della Svizzera all’UE (destinato a concludersi verosimilmente con l’adesione) deve continuare, non interrompersi. Sempre più svizzeri hanno già superato la «sindrome di Asterix», ritengono convintamente che la Svizzera sia circondata non da (potenziali) nemici, ma da amici. Il sentimento di accerchiamento, comprensibile cent’anni fa (quando il Paese si sentì costretto a circondarsi da migliaia di opere di difesa, in parte ancora visibili e impressionanti per numero e struttura) e forse persino settant’anni fa, non è più giustificato oggi. Guai interrompere questo processo, che, sia pure lentamente, avanza. Anzi, esso dev’essere favorito, perché se un giorno, spero presto, ci saranno davvero gli Stati Uniti d’Europa, questi ci saranno solo se anche la Svizzera ne farà parte.
Il 2015 sarà sotto questo aspetto un anno molto importante, perché sarà rinnovata l’Assemblea federale. E’ auspicabile che la competizione elettorale non si trasformi in uno scontro pro o contro l’UE, ma sproni al dialogo e alla ricerca di soluzioni condivise da entrambe le parti interessate. Buon Anno, Svizzera. Buon Anno Europa.
Giovanni Longu
Berna, 31.12. 2014