10 settembre 2014

Guerra, propaganda e contrabbando


La prima guerra mondiale, come del resto tutte le guerre, non fu combattuta solo sui fronti militari da eserciti agguerriti, ma comprese altre guerre di cui poco si sa e si scrive. Forse pochi sanno che proprio in Svizzera si svolse un’agguerrita attività di propaganda tra le potenze belligeranti europee e che ai suoi confini si sviluppò un’intensa attività di contrabbando tra la Svizzera e i Paesi confinanti.

Guerra di propaganda
Il Museo della comunicazione e la Biblioteca nazionale svizzera di Berna hanno allestito un’interessante mostra (che resterà aperta fino al 9 novembre 2014) sulla guerra della propaganda («Sotto il fuoco della propaganda. La Svizzera e la prima guerra mondiale») combattuta dalle potenze belligeranti in questo Paese neutrale e culturalmente diviso.
Cartolina postale dell'epoca, che ritrae la Svizzera come un'isola di pace.
Gli svizzeri, si sa, non erano unanimi sulle valutazioni della neutralità proclamata dalla Confederazione all'indomani dello scoppio della guerra. Gli svizzeri tedeschi simpatizzavano prevalentemente per gli imperi centrali, Germania e Austria-Ungheria, gli svizzeri francesi parteggiavano invece per le forze dell’Intesa: Francia, Gran Bretagna e Russia. Sfruttando questa situazione, gli Stati belligeranti scelsero proprio la Svizzera per condurre una vivace guerra di propaganda per convincere l’opinione pubblica svizzera e internazionale sulle ragioni degli uni e i torti degli altri.
Le varie potenze non lesinarono risorse finanziarie per organizzare centrali di propaganda, comprare spazi pubblicitari sulla stampa locale, finanziare giornali, stampare manifesti e cartoline, volantini e fotografie, diffondere filmati e registrazioni audio, pubblicare libri e riviste, organizzare mostre ed esposizioni nelle principali città svizzere, fondare agenzie di stampa, ecc.
Ci fu anche chi, come Carlo Spitteler, cercò di evidenziare «il punto di vista svizzero» per salvaguardare la
coesione nazionale superando le divisioni interne, ma l’impresa riuscì solo in parte. Politici, intellettuali, imprenditori, centrali sindacali dovranno lavorare ancora a lungo prima di giungere a riempire i fossati tra le varie regioni e componenti etnico-culturali del Paese.

Guerra economica e contrabbando
La prima guerra mondiale fu pure una guerra economica che coinvolse anche la Svizzera neutrale. Nell'ambito di questa guerra ebbe una parte notevole il contrabbando, sia nella sua forma tradizionale che in quella particolare che coinvolge direttamente gli Stati.
La prima forma, che ha origini lontane, ad esempio tra la Svizzera e l’Italia, nel corso della prima guerra mondiale ha avuto una recrudescenza dovuta alle difficoltà tipiche incontrate dalle popolazioni delle regioni di confine in seguito alla perdita di posti di lavoro e alla chiusura delle frontiere. La seconda, tra Paesi belligeranti e non, si manifesta soprattutto quando perdura l’economia di guerra e quando gli approvvigionamenti regolari diventano difficili o impossibili. La Svizzera, durante la prima guerra mondiale, si è vista costretta ad accettare questa forma di contrabbando, soprattutto con alcuni Paesi belligeranti, nonostante la sua neutralità.
Il contrabbando «tradizionale» ai confini svizzeri non riguardò solo l’Italia, ma anche la Francia, la Germania e l’Austria, soprattutto dopo l’entrata in guerra dell’Italia (maggio 1915). E’ forse a causa dell’estensione del fenomeno che nel periodo bellico la stampa svizzera rilevava frequentemente episodi di contrabbando non solo di piccole quantità di merci, ma anche di grandi.
Facevano tuttavia più scalpore nell'opinione pubblica, soprattutto di area socialista, le notizie riguardanti un presunto contrabbando su larga scala tra la Svizzera ufficiale e i Paesi belligeranti, specialmente la Germania. Si parlava ad esempio di grossi quantitativi di cereali che, giunti in Svizzera per il consumo interno, venissero fatti proseguire per altri Paesi in guerra, violando di fatto lo statuto di Paese neutrale. Nel 1915 il quotidiano socialista Libera Stampa denunciò a più riprese che molti vagoni di riso provenienti dall'Italia e dalla Francia andassero a finire in Germania, dove il riso mancava, con grande disappunto sia dell’Italia che della Francia.
Col perdurare della guerra commerciale fra gli Stati belligeranti e l’acuirsi delle difficoltà di approvvigionamento per la Svizzera, a partire dal 1915 il Consiglio federale dovette cedere a qualche compromesso, soprattutto con la Germania. Tanto è vero che, come scrive lo storico Marc Perrenoud nel Dizionario storico della Svizzera, «il Reich, che aveva bisogno di diversi prodotti svizzeri, continuò a fornire carbone e altre materie prime. Tenendo segrete alcune transazioni e approfittando della rivalità fra l'Intesa e gli Imperi centrali, fin dai primi mesi di guerra i dirigenti economici svizzeri esaminarono le occasioni che si presentavano sul mercato estero. La produzione di munizioni, di alluminio, di rame, di cemento e di altri prodotti utili ai belligeranti conobbe uno sviluppo considerevole».

Contrabbando tra l’Italia e la Svizzera
Il contrabbando tra la Svizzera e l’Italia fu sempre combattuto soprattutto dai governi italiani, mentre veniva tollerato dalle autorità svizzere. Quando, verso la fine dell’Ottocento, il danno del contrabbando all’erario italiano sembrò particolarmente consistente, il governo regio fece erigere per oltre duecento chilometri lungo il confine italo-svizzero la famosa «ramina», una rete metallica dotata di campanelli per allertare le guardie di confine durante i tentativi di scavalcamento.
Si contrabbandava di tutto, ma soprattutto generi alimentari, specialmente farina, riso, zucchero o saccarina, caffè, zafferano, ortaggi, pesce fresco, latte e burro, conserva di pomodoro, orologi, cotone, seta, ma anche armi e parti di armi da fuoco. Naturalmente non c’era solo il contrabbando dalla Svizzera all'Italia, ma anche in direzione opposta, soprattutto dopo la chiusura delle frontiere degli imperi centrali e poi della Francia e dell’Italia.
Il contrabbando era punito severamente dalle autorità italiane perché procurava un grave danno all'erario. I contrabbandieri colti in fragrante erano severamente puniti col sequestro della merce trasportata, con multe salatissime e persino con l’arresto. Il tentativo di fuga poteva essere molto rischioso, tanto è vero che molti contrabbandieri persero la vita precipitando in burroni o uccisi dalle guardie di finanza italiane (raramente dalle guardie di confine svizzere). La Svizzera era generalmente più tollerante, almeno fin quando il contrabbando non produceva danni all'erario svizzero.
Allora la forma più frequente e più nota di questo commercio illecito (ma dagli interessati e da gran parte della popolazione della regione di confine per nulla disapprovato) era il trasporto a spalla della merce in «bricolle» (grosse sacche di juta) da parte degli spalloni, ma erano praticate anche molte altre forme di contrabbando più o meno ingegnose.

Varie forme di contrabbando
Già all'inizio del secolo scorso i vettori utilizzati dai contrabbandieri erano molteplici e ingegnosi. Per ferrovia, via acqua e soprattutto per terra attraverso la ramina.
Per ferrovia non era raro che in un carro proveniente dalla Svizzera la merce indicata nella dichiarazione d’accompagnamento non corrispondesse al contenuto effettivo illecito ma ben camuffato, come quella volta in cui le guardie di finanza scoprirono che i «recipienti di carburo di calcio» contenessero effettivamente ben 4000 kg di caffè e 300 kg di noci moscate.
Nel 1912 era stato scoperto dai doganieri italiani un contrabbando di 67 kg di saccarina («questo ricercatissimo prodotto di proibita importazione») occultata in un carico di cinque balle di fogli di legno da impellicciare. In una di esse era stato ricavato un vuoto dove sembrava impossibile scoprire il contenuto dolcificante.
Le cronache giudiziarie italiane e svizzere del periodo della guerra sono piene di episodi di contrabbando. Esso rispondeva in molti casi a soddisfare bisogni primari delle popolazioni delle regioni di confine, ma altre volte serviva ad alimentare il mercato nero.
I protagonisti diretti del contrabbando non erano solo i poveri spalloni di cui ancora oggi si racconta con un po’ di romanticismo, ma anche persone avide, magari incensurate e apparentemente irreprensibili, che organizzavano il contrabbando in efficienti centrali al di qua e al di là del confine. Spesso il contrabbando era reso possibile dalla complicità di guardie di finanza, guardie di confine, funzionari di dogana e delle poste. Inoltre, parteciparono al contrabbando non solo spalloni «professionisti», ma anche spalloni occasionali, ladruncoli, giovani amanti del rischio e persino persone apparentemente insospettabili come preti, persone liberate dalle patrie galere, nobili decaduti, ecc.
Protagonisti furono anche alcuni Stati o istituzioni statali. Non so se si riuscirà mai ad appurare l’intera verità storica relativa ai rapporti internazionali durante la prima guerra mondiale, ma credo che si possa comprendere quanto sia stato difficile, almeno per qualche Stato, garantire per tutta la durata del conflitto la sopravvivenza della propria gente. La Svizzera in particolare, anche se non coinvolta direttamente nella guerra, tra il 1914 e il 1918 ebbe grandi difficoltà ad assicurare gli approvvigionamenti vitali. Forse qualche compromesso in meno sarebbe stato possibile, ma col senno di poi non si può fare la storia.

Giovanni Longu
Berna 10.09.2014