06 agosto 2014

«Il punto di vista svizzero» oggi


La Svizzera si sente talvolta come assediata non da eserciti minacciosi di Stati intenzionati ad aggredirla per impossessarsene, ma da Stati che stentano a capirne le peculiarità storiche e culturali. «Oggi la Svizzera è sotto la pressione dei Paesi vicini, in linea di principio amici, e di organizzazioni internazionali. Le nostre peculiarità sono regolarmente criticate, le nostre leggi decise dal popolo e dai suoi rappresentanti sono nel mirino» (così il consigliere federale Ueli Maurer il 1° agosto 2014).

Ueli Maurer ricorda Carl Spitteler
Persino i capi di Stato dei grandi Paesi vicini in visita ufficiale a Berna non esitano a far capire, ad esempio, quanto sia apparsa sconcertante nell'Unione Europea (UE) la decisione del popolo svizzero di voler gestire autonomamente la questione dell’immigrazione e di voler rinegoziare con l’UE l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Ma la Svizzera non si lascia sopraffare e almeno da cent’anni sa di avere un proprio punto di vista e di doverlo sostenere, sempre, anche oggi.
Ueli Maurer ha ricordato nel suo intervento un celebre discorso tenuto a Zurigo il 14 dicembre 1914 dallo scrittore svizzero Carl Spitteler (insignito nel 1919 del premio Nobel per la letteratura), il quale difese con toni vibranti la neutralità svizzera, «il nostro punto di vista svizzero» (unser Schweizer Standpunkt), nei confronti soprattutto dei tedeschi.
Giustificando il caso svizzero, Spitteler ebbe a dire, fra l’altro: «Non abbiamo in comune né il sangue, né la lingua, né una casa regnante che attenui i contrasti e ci riunisca più in alto, non abbiamo neppure una vera e propria capitale. Onde noi abbiamo veramente bisogno di un simbolo che ci aiuti a superare, a trascendere questi elementi di debolezza. Fortunatamente questo simbolo l’abbiamo. Non ho bisogno di nominarvelo: è la bandiera federale».

La Svizzera modello di successo
In oltre 100 cent’anni di storia e di relazioni internazionali, l’identità svizzera è andata rafforzandosi, tanto che da far scrivere nel 1965 al pensatore e scrittore svizzero Denis de Rougemont (1906-1985) un libro intitolato: «La Suisse ou l’Histoire d’un peuple heureux», tradotto anni dopo anche in italiano: «La Svizzera. Storia di un popolo felice».
«Heureux» in francese vuol dire anche «fortunato», ma i risultati raggiunti finora dalla Svizzera non sono stati certamente casuali. Sono frutto di sforzi, di lungimiranza, di scelte coraggiose. Basterebbe ricordare le grandi imprese ferroviarie, stradali, idroelettriche o i grandi investimenti nella formazione e nella ricerca, gli sforzi per salvaguardare la neutralità, l’apertura della Svizzera alla collaborazione internazionale nei settori della pace, dell’aiuto umanitario, nella ricerca scientifica, ecc.
La consapevolezza dei successi raggiunti non dà tuttavia alla testa né fa perdere stimolo alla conquista di nuovi traguardi e all'innovazione, anzi è corroborante non solo per affrontare la pressione internazionale ma anche per sostenere con serenità e determinazione «il punto di vista svizzero». Ne hanno dato prova il 1° agosto scorso, Festa nazionale, tutti i consiglieri federali che sono intervenuti non solo per celebrare i successi del passato, ma anche per affermare la consapevolezza e la volontà di affrontare le difficili sfide attuali e future ispirandosi agli stessi valori e ideali che hanno reso la Svizzera un modello di successo.

L’intervento dei consiglieri federali il 1° agosto
Didier Burkhalter, presidente della Confederazione, non ha dubbi: «la Svizzera è una storia di successo. C’è di che andarne fieri. Tanto più che è utile al mondo». Ancora, «la Svizzera è una storia di successo e continuerà a esserlo fino a quando saprà rinnovarsi, fino a quando rimarrà aperta al mondo e al contempo unica nel suo genere e fino a quando rimarrà giovane».
Il presidente Burkhalter ha ricordato fra l’altro come motivo di ottimismo e di fierezza: l’appartenenza a un Paese che sa offrire «quanto c’è di più importante su questa Terra, ossia prospettive di futuro per i giovani. E oggi come oggi non si può certo dire che accada ovunque». E, rivolto al futuro, ha aggiunto: «essere forti, tracciare la propria strada: ecco la volontà della Svizzera in un mondo sempre più imprevedibile. È questa la volontà che le consente di avere successo. E la Svizzera sta andando proprio bene: fa parte dei Paesi più innovativi e competitivi del mondo».
In sintonia col presidente Burkhalter, anche il consigliere federale Alain Berset ha ricordato che per avere successo nella vita come nell'economia «bisogna sapersi affezionare a un’idea e amare ciò che si fa».
A sua volta, la consigliera federale Doris Leuthard, si è dichiarata «fiera di quanto i nostri antenati hanno fatto di questa Svizzera» e ha proposto a tutti i concittadini una riflessione «sulla strada da percorrere, su come plasmare, insieme, il futuro del nostro Paese, affinché anche le prossime generazioni possano andare fiere delle nostre decisioni, affinché anche in futuro si possa dire di noi “sono stati saggi, hanno agito con lungimiranza”».
Anche la Leuthard non ha esitato a vedere nella formazione una delle chiavi del successo elvetico, invitando a compiere  «quanto è necessario per il nostro futuro: ad esempio un buon sistema educativo, prospettive professionali, sicurezza, infrastrutture e un servizio pubblico al passo con i tempi».
Anche le altre consigliere federali Eveline Widmer-Schlumpf e Simonetta Sommaruga, come pure il consigliere federale Johann Schneider-Ammann, hanno contribuito con i loro interventi a esprimere sotto angolature diverse il punto di vista svizzero, che è quello di un Paese che si sente unito, forte, deciso a difendere le sue peculiarità, ma al tempo stesso aperto al dialogo e al mondo.

Giovanni Longu
Berna, 6.8.2014

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