19 marzo 2014

Renzi tra annunci e incertezze


Matteo Renzi, per essere credibile, è costretto a passare dagli annunci in puro stile pubblicitario ai fatti. Finora ha elogiato il «fare» solo a parole, d’ora in poi deve fare davvero, traducendo gli enunciati in misure di governo, rispondenti alle esigenze del Paese e dell’Europa.
Matteo Renzi
Non c’è dubbio che le frasi ad effetto di Renzi nell'ultima fase del governo Letta e subito dopo la sua presa del potere abbiano suscitato grandi aspettative in tutte le fasce dell’opinione pubblica. E’ auspicabile, per il bene degli italiani, che le speranze nel nuovo governo non vadano deluse, ma non c’è dubbio che il rischio è grosso.
Intanto Renzi deve in qualche modo farsi perdonare lo sgarbo fatto al Paese di prendere il potere senza un reale consenso popolare, nonostante gli spergiuri che sarebbe andato a Palazzo Chigi (sede del governo) solo in seguito a una legittimazione del voto popolare (quello vero, non quello delle primarie di un partito). C’è invece andato aggirando l’ostacolo grazie all'avallo del Presidente Giorgio Napolitano, convinto che, insieme, avrebbero rimesso in moto la macchina dello Stato e messo a tacere le voci, per altro poco credibili, di quanti denunciavano i soliti giochi di palazzo.

Fare e convincere
Renzi deve dunque fare e convincere. E poiché ha sfidato l’opinione pubblica affermando: «più soldi in busta paga da maggio o sono un buffone», c’è da sperare che mantenga le promesse, non tanto per evitare la brutta figura, ma perché diversamente il Paese affonderebbe davvero nella palude. Se riuscirà a trovare le risorse necessarie nessuno potrà chiamarlo buffone, furbo illusionista, venditore di fumo, e tutti (o quasi, perché gli scontenti ci saranno sempre) gli saranno grati.
La speranza però non è una certezza e resta ancora da vedere dove il governo troverà i soldi promessi agli italiani. Questo è il vero banco di prova di Renzi. Personalmente sono fiducioso perché in Italia è possibile molto ricupero dai tagli alla spesa pubblica improduttiva e perché tutto si può dire dell’Italia, tranne che sia un Paese povero: la ricchezza privata degli italiani (oltre 8640 miliardi di euro) è più di quattro volte il debito pubblico (attualmente 2089 miliardi).
In questo rapporto, l’Italia sta meglio della Germania e della Francia. Perché Renzi non pensa (anzi, perché l’ha escluso?) a introdurre, come esiste in molti altri Paesi, una piccola imposta sulla ricchezza? Esiste persino in Svizzera e non si può dire che gli svizzeri navighino in cattive acque. Potrebbe apparire un’imposta inizialmente odiosa, ma colpendo soprattutto i patrimoni più consistenti, tutti finirebbero per farsene una ragione, compresi le banche, le imprese e i grandi capitalisti. Tanto più che questo gettito supplementare d’imposta potrebbe consentire allo Stato di abbassare realmente le imposte per tutti. Non è un paradosso non utilizzare a fin di bene (comune) l’enorme ricchezza disponibile posseduta dagli italiani?

Quali riforme costituzionali?
Un altro banco di prova del governo Renzi sono certamente le riforme costituzionali, annunciate a razzo, ma ad alto rischio di non raggiungere gli obiettivi. Ecco alcune domande le cui risposte mi appaiono particolarmente incerte.
Le prime questioni riguardano la legge elettorale, che dovrebbe avere la priorità assoluta per consentire di andare a votare, se necessario, anche tra pochi mesi. Ebbene, questa legge, che ha già superato lo scoglio della Camera dei deputati non senza difficoltà, ma che è già stata battezzata da alcuni (oppositori) come un «nuovo porcellum» o addirittura una legge «peggiore della precedente», riuscirà a superare anche gli ostacoli che già s’intravvedono al Senato? E ancora, si è proprio sicuri che anche questa legge sia priva di elementi d’incostituzionalità come la precedente? E ancora: di fronte a tanti ostacoli e obiezioni, non poteva Renzi pretendere se non le quote rosa almeno le preferenze? Infine, è proprio certo che Renzi voglia davvero una legge elettorale in tempi stretti?
Senato: da eliminare o da modificare?
Tra le riforme invocate a gran voce da Renzi figura l'abolizione del Senato. Sono molto scettico che vi riesca, soprattutto perché ne mancano le motivazioni. Basterebbe pensare che il bicameralismo è una caratteristica della maggior parte degli Stati e il monocameralismo è presente quasi esclusivamente nei piccoli Stati. Inoltre è un’istituzione fondamentale in tutti gli Stati federali e l’Italia, pur non essendo tale, ha aspetti di federalismo che meriterebbero di essere realizzati. Non basterebbe modificarne la composizione (riducendone drasticamente il numero dei membri) e la funzione? E poi, è pensabile che il Senato voglia davvero autoeliminarsi?
Su altre riforme ambiziose che vorrebbe fare Renzi (riforma della pubblica amministrazione, del mondo del lavoro, della Parte II, titolo V della Costituzione, ecc.) tralascio per ragioni di spazio, ma sarei curioso di sapere perché della serie non fa parte la modifica del Titolo II della Parte II, riguardante il Presidente della Repubblica. Eppure, a mio modo di vedere, proprio questa riforma introdurrebbe nel sistema Italia un elemento di chiarezza (quali sono i reali poteri del Capo dello Stato e quali quelli del Capo del Governo?) e forse di cambiamento strutturale decisivo per il futuro della Repubblica.
Giovanni Longu
Berna, 19.03.2014


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