11 dicembre 2013

«Gli Svizzeri»… e gli Stranieri


Durante il mese di novembre, in quattro puntate, le emittenti televisive svizzere hanno presentato una serie di quattro filmati, che hanno ripercorso alcuni momenti fondamentali della storia della Svizzera. Dalle origini, che si confondono con la leggenda, fino alla costituzione dello Stato federale e agli indirizzi guida della moderna Confederazione (federalismo, solidarietà, sviluppo economico, sviluppo della formazione, ecc.).
Chi ha seguito attentamente la serie, si sarà forse domandato se davvero per fare la Svizzera sono bastati così pochi personaggi e così pochi episodi, sia pure di ampia portata. La risposta è certamente negativa, perché la Svizzera si è formata nel corso di parecchi secoli, attraverso molti personaggi e molti episodi salienti che non sono stati rappresentati nei filmati.

«Storia di un popolo felice»

Non so quali siano state le «vere» motivazioni che hanno spinto la SSR a proporre i quattro filmati e il gran numero di altre trasmissioni che ne facevano diretti o indiretti corollari. Ritengo tuttavia che non si volesse proporre agli spettatori una storia romanzata «all’americana» di come si è formata la Svizzera e nemmeno una ricostruzione storiografica puntigliosa di come si sono svolti «veramente» i fatti, ma qualcosa d’altro. Penso che lo scopo o uno degli scopi principali sia stato quello di stimolare non solo attraverso ricostruzioni cinematografiche, ma anche dibattiti, interviste, commenti scientifici, una riflessione comune sui valori all’origine e alla base dello sviluppo di un Paese a cui uno scrittore e pensatore svizzero, Denis de Rougemont (1906-1985), nel 1965 dedicò un libro intitolato (nella traduzione italiana): «La Svizzera. Storia di un popolo felice».
Se tale scopo sia stato raggiunto è difficile dirlo, ma credo che almeno in certa misura l’operazione sia riuscita, stando al successo di pubblico e alle numerose discussioni suscitate. Sulla ricostruzione dei fatti e dei personaggi non ci si poteva certo aspettare l’unanimità, ma in generale, a parte forse nel primo episodio, la fedeltà storica è sempre stata ben curata.
Senza nulla togliere alla qualità del prodotto e alla serietà dei produttori, a titolo integrativo vorrei aggiungere qualche osservazione su un altro «valore» e merito della moderna Confederazione fin dal suo inizio: l’integrazione dell’elemento straniero.

Dufour e la cultura francese
Già Guillaume Henri Dufour (1787/1875), protagonista del terzo filmato, dedicato essenzialmente all’impresa di pacificazione dei Cantoni sull’orlo di una guerra civile (nota come «guerra del Sonderbund»), ne è un valido esempio. Dufour, infatti, non è stato solo un abile generale, intelligente e ricco di umanità, ma anche una grande personalità impregnata di cultura francese, che aveva assimilato durante la formazione, iniziata a Ginevra e proseguita in Francia alla scuola politecnica di Parigi e alla scuola di applicazione del genio di Metz. Va ricordato inoltre che Ginevra in quel periodo, fino al 1813, era sotto controllo francese e non faceva ancora parte della Confederazione (in cui entrerà solo nel 1815), tant’è che il giovane Dufour servì per diversi anni nell’esercito francese, meritandosi importanti onorificenze, compresa quella di Gran Croce della Legion d’Onore. Rientrato a Ginevra nel 1817, venne integrato nell’esercito svizzero. Nel 1847 venne incaricato, come ben ricordato nel filmato, di porre fine alla guerra del Sonderbund.
Evidentemente, la formazione e l’esperienza francese non impedirono a Henri Dufour di divenire uno dei grandi personaggi «svizzeri» che hanno fatto la storia di questo Paese e uno dei massimi sostenitori della coesione nazionale.

Pellegrino Rossi, «l’uomo determinante»
Pellegrino Rossi
Nello stesso filmato, che si conclude con l’accenno alla pacificazione tra i Cantoni e alla costituzione dello Stato federale con l’approvazione della Costituzione federale (1948), avrebbe meritato almeno un accenno un altro personaggio importante, Pellegrino Rossi (1787-1848), che ne fu uno dei principali ispiratori. Economista, giurista e uomo politico italiano, con molteplici esperienze di governo in Francia e nello Stato pontificio, dopo il fallimento di una spedizione anti-austriaca in Puglia e Calabria si rifugiò a Ginevra, dove insegnò giurisprudenza e ottenne la cittadinanza svizzera.
Nel 1820 fu eletto deputato al Gran Consiglio e nel 1832 venne nominato rappresentante di Ginevra nella Dieta federale, l’Assemblea dei rappresentanti dei Cantoni. Si era in una fase turbolenta dei rapporti tra Cantoni, combattuti tra tendenze unitarie liberali e tendenze autonomiste e autoritarie. Allo scopo di trovare una forma di conciliazione Rossi fu incaricato di tracciare le linee di un nuovo Patto federale. Il «Patto Rossi», in cui l’autore proponeva l’istituzione di un governo federale quale «sintesi vivente dell’unità e delle diversità», fu rifiutato dai Cantoni e dalla maggioranza della Dieta. Questo rifiuto non ha impedito tuttavia che il già citato Denis de Rougemont scrivesse del personaggio: «l’uomo determinante in questo periodo, nel quale si forma la Svizzera federale, non è uno Svizzero ma un rifugiato italiano, il conte Pellegrino Rossi».

Non solo Escher e Franscini...
Nel quarto filmato i protagonisti sono Alfred Escher e Stefano Franscini, importanti nella storia della Confederazione moderna per aver contribuito a porre su solide fondamenta lo sviluppo e il successo di questo Paese. Soprattutto Escher, come ho già ricordato (v. L’ECO del 27.11.2013), ha indubbiamente grandi meriti nelle realizzazioni di alcune grandi imprese quali la ferrovia del Gottardo e il Politecnico federale, ma credo che proprio riguardo a entrambe vada associato oltre al nome di Franscini anche quello di Carlo Cattaneo, un altro rifugiato italiano.
Già Franscini integra bene nella sua personalità la cultura italiana, non solo in quanto ticinese, ma anche in quanto espressione di una profonda e ricca cultura italiana, che ebbe l’opportunità di assorbire e approfondire durante la sua formazione a Milano, sia attraverso gli studi umanistici e sia tramite contatti con illustri personalità, delle quali almeno una avrebbe meritato un richiamo nel filmato in questione, Carlo Cattaneo.

… ma anche Carlo Cattaneo
Carlo Cattaneo
Carlo Cattaneo (nato a Milano nel 1801 e morto a Castagnola-Lugano nel 1869), studioso, scrittore, uomo politico (federalista convinto), fu grande amico di Franscini, con cui condivise molte idee e molti progetti, certamente quelli della ferrovia transalpina del Gottardo (pensata da Escher fin dal 1833) e del Politecnico federale.
Per la scelta della linea del Gottardo tra le varie opzioni in discussione per l’attraversamento ferroviario delle Alpi, l’apporto del Cattaneo (esule a Castagnola dal 1849) fu fondamentale. Egli sosteneva la necessità di una linea ferroviaria che da Genova portasse al centro d’Europa passando in galleria sotto il San Gottardo. Secondo lui, prolungando la linea retta Genova-Alessandria-Novara fino a Zurigo, si poteva passare solo attraverso il Gottardo.
Per realizzare questa o quella ferrovia transalpina era comunque necessario l’accordo e il contributo finanziario del Regno d’Italia. Carlo Cattaneo cercò di guadagnare alla causa gottardesca lo stesso Cavour, senza riuscirvi, ma le sue idee fecero strada, anche se dovettero passare ancora molti anni prima che l’Italia si decidesse per la linea del Gottardo. In Svizzera, invece, fu più facile trovare consensi, perché ne era già convinto l’amico Franscini (dal 1848 consigliere federale), e dopo di lui anche il suo successore nel Consiglio federale Giovan Battista Pioda, oltre che il banchiere Escher.
Quando nel 1871 venne stipulata la Convenzione per la costruzione della ferrovia del Gottardo tra la Svizzera, l’Italia e la Germania, per l’esecuzione dei lavori l’Italia garantì 45 milioni di franchi svizzeri, la Svizzera e la Germania 20 milioni ciascuna.

In conclusione
I nomi di Pellegrino Rossi e Carlo Cattaneo sono emblematici della capacità della Svizzera d’integrare personalità straniere nel proprio sistema dei valori. Lungo tutta la storia svizzera è facile osservare quanto l’elemento straniero abbia trovato qui un terreno fertile per prosperare e contribuire al benessere generale. Basti pensare a Henry Nestlé, Carl Franz Bally, Karl Albert Wander, Charles Brown e Walter Boveri, Julius Maggi, Giovanni Segantini, Albert Einstein, i fratelli Gianadda, Nicolas Hayek, Ernesto Bertarelli, ecc. ecc.
Perché non si pensi che solo grandi imprenditori, scienziati e artisti possono mettere radici in questo Paese, l’Ufficio federale di statistica ci ricorda che oggi un terzo della popolazione svizzera è costituito da migranti o dai loro discendenti, che quasi 10% delle persone sposate formano una coppia bi-nazionale svizzera-straniera e che 42,6% dei bambini da 0 a 6 anni vivono in un’economia domestica con un passato migratorio. Nel marzo 2013, l’ex Consigliere federale Pascal Couchepin, parlando ad una classe di allievi vallesani, era pronto a scommettere che nei prossimi anni uno svizzero su due avrebbe sposato una persona di origine migratoria, tanto è presente in Svizzera la componente di origine straniera.

Giovanni Longu
Berna, 11.12.2013