13 novembre 2013

70° della FCLIS: 4. Considerazioni finali


Nella storia della collettività italiana in Svizzera dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, l’associazionismo costituisce senz'altro un capitolo essenziale. In esso le Colonie Libere Italiane (CLI) meritano un’attenzione particolare per l’influenza esercitata non solo sul fenomeno associazionistico ma anche sull'evoluzione dell’intera collettività italiana.
In questo articolo si cercherà di mettere in evidenza alcuni punti di forza e di debolezza della FCLIS nel corso della sua lunga attività, con riferimento particolare ai primi decenni dalla sua costituzione.

I successi delle CLI
Nel dopoguerra le CLI si sono battute per migliorare la situazione dei lavoratori italiani, sfruttando, soprattutto nei confronti della politica italiana, il proprio prestigio derivante dalla loro origine antifascista e dalla loro diffusa presenza tra la popolazione immigrata.
Esse hanno contribuito in maniera determinante alla presa di coscienza dei lavoratori italiani riguardo alle loro condizioni, ai loro diritti come pure alle loro responsabilità. Hanno saputo infondere in molti di essi uno spirito combattivo e responsabile, stimolando anche notevoli energie per supplire almeno in parte alle molte deficienze dell’apparato pubblico sia italiano che svizzero, ad esempio nei settori della scuola, della formazione professionale, della cultura in generale.
Di fatto, la collettività italiana immigrata, inizialmente penalizzata da molte carenze linguistiche, scolastiche, professionali, ma anche da discriminazioni, ostilità, atteggiamenti xenofobi diffusi nella popolazione, ha superato innumerevoli ostacoli e ha finito per affermarsi come una delle comunità meglio integrate in Svizzera. Il contributo delle CLI in questo percorso è stato notevole. Quali sono stati i principali punti di forza delle CLI?

A. Punti di forza:
Libera Stampa del 3.1.1948
1. L’origine antifascista delle CLI e della FCLIS ad opera di forti personalità della politica e della cultura ha inciso profondamente, soprattutto agli inizi, sugli ideali della nuova organizzazione, sullo spirito battagliero dei suoi aderenti, sui valori di riferimento e sui metodi di lotta per l’affermazione dei diritti e il miglioramento delle condizioni degli immigrati.
In particolare sulle problematiche della scuola e dell’elevazione culturale degli immigrati l’influsso del prof. Fernando Schiavetti è stato fondamentale. Altrettanto si deve dire di Egidio Reale, soprattutto dopo la sua nomina a rappresentante d’Italia in Svizzera, nella lotta alle discriminazioni e nel consolidamento delle assicurazioni sociali.
2. La vicinanza ai problemi reali degli immigrati. Nessuna associazione ha saputo cogliere con la stessa intensità la molteplicità e complessità dei problemi e delle richieste degli immigrati italiani riguardanti le condizioni di lavoro, le assicurazioni sociali anche per i familiari rimasti in Italia, la disponibilità di alloggi a pigioni accessibili, i ricongiungimenti familiari, la formazione scolastica e professionale, ecc. E nessuna associazione ha saputo fare proprie queste esigenze adoperandosi in svariati modi per trovare soluzioni soddisfacenti, riuscendo talvolta a mobilitare migliaia di persone.
3. L’attività rivendicativa irrinunciabile della FCLIS ha saputo stimolare la classe politica italiana (o almeno una parte di essa), solitamente poco interessata alla questione migratoria, a farsi carico anche dei
problemi dei lavoratori emigrati. Non sempre, anzi quasi mai, alle richieste seguivano risposte concrete e adeguate, ma è facile costatare negli atti parlamentari italiani quanto fossero frequenti, soprattutto negli anni ’50 e ’60 gli interventi riguardanti la situazione degli emigrati in Svizzera, provocando talvolta accesi dibattiti.
Anche nei confronti delle istituzioni politiche e sindacali svizzere la FCLIS ha rappresentato uno stimolo a conoscere meglio le problematiche lavorative e sociali degli immigrati. Ai congressi delle Colonie intervenivano, come osservatori, personalità italiane e svizzere di primo piano, che ritenevano evidentemente utili quegli incontri. Da parte sua, la FCLIS è stata anche sempre presente, quando ne ha avuto la possibilità, nei gruppi in cui maggiormente si discuteva e si proponevano soluzioni ai principali problemi concernenti gli stranieri, dalla «Commissione federale degli stranieri» al «Forum degli stranieri».
4. La convinzione che la collettività immigrata fosse una risorsa è stata forse il principale punto di forza nel tentativo, purtroppo solo in parte riuscito, di diffondere tra i lavoratori immigrati, non solo italiani, una coscienza positiva e ottimistica. Occorreva che gli immigrati si rendessero conto di avere la possibilità non solo di criticare e di rivendicare diritti, ma anche di promuovere responsabilmente iniziative appropriate per la soluzione di alcuni problemi, ad esempio nel campo dell’assistenza scolastica, nel settore della formazione e del perfezionamento professionale, a lungo trascurato dai governi, nell’apprendimento delle lingue, nell'assistenza sociale, nella gestione del tempo libero, ecc. L’assenza o il disinteresse delle istituzioni pubbliche, italiane e svizzere, non doveva essere solo motivo di biasimo, ma anche stimolo a una supplenza efficace.

B. Punti di debolezza
La storia dell’immigrazione italiana in Svizzera dal dopoguerra ad oggi non è fatta tuttavia solo di successi, totali o parziali, ma anche d’insuccessi, errori e soprattutto ritardi nel raggiungimento degli obiettivi della parità dei diritti e dell’integrazione. Anche sotto questo aspetto ritengo che la parte di responsabilità delle CLI sia notevole. Quali sono (stati) i principali punti di debolezza?
1. La pretesa della FCLIS di essere l’unica rappresentante dell’emigrazione italiana in Svizzera, forse giustificata durante la guerra, è stata sicuramente un errore in seguito. Era infatti prevedibile, ad esempio, che le MCI e altre associazioni vicine non avrebbero visto di buon occhio il tentativo della FCLIS di marginalizzarle in questo ruolo di rappresentanza.
La reazione fu che già nella metà degli anni ’60 si costituirono, soprattutto nel Cantone di Berna, nuove associazioni e federazioni di associazioni al di fuori della FCLIS, probabilmente su iniziativa o comunque col sostegno dell’allora Console Mancini. Alcuni dirigenti locali delle Colonie parlarono allora di «manovre» per dividere l’emigrazione. Più tardi, agli inizi degli anni ’70, altri gruppi vicini alle Missioni decisero di creare la «Federazione delle associazioni degli italiani emigrati in Svizzera» (FAIES) come «gruppo apolitico e interconfessionale» in aperta opposizione alla FCLIS e ad altre organizzazioni orientate politicamente, che aspiravano ad una posizione egemonica (Tarcisio Tassello).
Le conseguenze furono un ritardo enorme nell’approdo a forme di collaborazione e d’intesa tra le principali forze dell’emigrazione organizzata, che verranno raggiunte faticosamente solo negli anni ’70 e ’80 con i vari Comitati d’intesa nazionale, cantonali e regionali.
2. L’orientamento strettamente «italiano», che ha caratterizzato fortemente gli inizi della FCLIS ha forse impedito di osservare, dalla fine degli anni ’50, la trasformazione della collettività italiana immigrata da «colonia» di cittadini italiani espatriati temporaneamente in una «componente» sempre più stabile di cittadini solo per il passaporto ancora italiani, ma tendenti sempre più all'integrazione.
Uno dei risultati fu che, molto presto, i giovani, sempre meno propensi a un prossimo rientro in Italia, non si sentirono coinvolti nelle problematiche e nelle attività delle Colonie e in genere delle associazioni tradizionali. Nel 1985 scriveva al riguardo una militante: «Ed i giovani, la seconda generazione, perché nelle nostre file non c’è stato quel ricambio che ci aspettavamo?». Se lo chiedevano ormai in molti, ma forse era troppo tardi.
In seguito le CLI cercheranno di recuperare il tempo perduto dedicando molte energie alle problematiche dell’integrazione, del voto degli stranieri a livello amministrativo, delle naturalizzazioni. In parte vi riusciranno.
3. La contiguità col Partito comunista italiano (PCI) è stata probabilmente l’aspetto che ha maggiormente indebolito l’efficacia dell’azione delle CLI. E’ vero che la FCLIS si è sempre proclamata apartitica, ma in vasti settori dell’opinione pubblica essa appariva non solo di sinistra e filocomunista, ma addirittura dominata dal PCI.
Evidentemente non si faceva abbastanza in questa direzione. Tra le persone espulse dalla Svizzera negli anni ’50 e ’60 per «attività comunista», molte erano infatti esponenti delle CLI. Molti dirigenti delle Colonie erano spiati e schedati dalla Polizia federale. Fino agli anni ’70 non era solo Schwarzenbach a ritenere che le Colonie Libere avessero perso da tempo la qualifica di «libere» per il loro assoggettamento al PCI. Erano in molti a pensarlo. Anche in alcuni sindacati svizzeri si esitava a dar credito alle CLI a causa di una presunta relazione privilegiata col PCI e con la CGIL piuttosto che con l’USS.
4. La linea fortemente contestataria e spesso intransigente è stata un’altra fonte di difficoltà della FCLIS soprattutto sul fronte delle rivendicazioni nei confronti della Svizzera. Una diversa strategia, più dialogante e più disponibile al compromesso (quella vincente in Svizzera) avrebbe forse portato più velocemente alla partecipazione degli stranieri a livello locale (magari a titolo solo consultivo), all’abolizione non tanto dello statuto dello stagionale ma delle forme di falsa stagionalità, al beneficio di alcuni miglioramenti della condizione migratoria già previsti nel disegno di legge federale sugli stranieri del 1976 e che invece entreranno in vigore solo nel 2008 (!).

Conclusione
Il discorso sulle CLI è evidentemente ancora aperto perché la FCLIS ha appena celebrato il suo 70° anniversario e non intende certo interrompere la sua lunga tradizione di lotte e di partecipazione alle vicende degli italiani in Svizzera. Non è dunque possibile, almeno a chi scrive, tirare un bilancio di una storia così complessa e ancora in corso. Starà semmai al lettore farsene un’idea, ricordando magari che è già molto difficile definire l’emigrazione o l’immigrazione, capirne i problemi, abbozzarne le soluzioni, figurarsi riuscire a inquadrare un’organizzazione così particolare come la FCLIS nella complessità dell’emigrazione/immigrazione, delle politiche emigratorie/immigratorie, delle relazioni italo-svizzere, dei condizionamenti internazionali. A chi scrive non resta che augurare alla FCLIS lunga vita, conservando lo spirito dei fondatori e modulando le attività in funzione dei sempre nuovi bisogni. (Fine. Gli altri articoli sono apparsi il 16.10, 23.10 e 6.11.2013)
Giovanni Longu
Berna, 13.11.2013