26 marzo 2013

Priorità per l’Italia


Chi ritenesse che i problemi dell’Italia di oggi siano imputabili all’ultimo governo (Monti:2011-2013) o al penultimo (Berlusconi: 2008-2011) o al terz’ultimo (Prodi, 2006-2008) dimostrerebbe di avere per lo meno alcune carenze storiche. Essi sono infatti il risultato di un’accumulazione di criticità le cui origini vanno cercate addirittura nella formazione dello Stato unitario. Basti pensare al divario crescente tra nord e sud e alla ricerca affannosa e forse per questo confusa di un federalismo improbabile perché senza radici culturali e limitato da considerazioni prettamente fiscali. Un altro risultato dell’evoluzione a ostacoli dell’Italia è a mio parere il basso senso dello Stato nei cittadini e nelle istituzioni, che non aiuta certo a risolvere i problemi.

Gli italiani e lo Stato
Tradizionalmente per gli italiani lo Stato è Roma (il governo, la politica, le istituzioni) e alcuni strumenti in particolare, visti soprattutto in termini negativi se non addirittura ostili e oppressivi, come il fisco e la burocrazia. Scarseggia negli italiani il senso di appartenenza a un unico Stato e soprattutto il dovere di una solidarietà generale che incombe su tutti.
Per fare solo un esempio: c’è un articolo della Costituzione che impone a tutti l’obbligo di «concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva» (art. 53). Quanti sono gli italiani che interpretano questo obbligo come un dovere di ciascuno, da assolvere in prima persona, e quanti, invece, ritengono che riguardi solo i «ricchi», che sono sempre altri? In Italia, si sa, c’è un’enorme e diffusa evasione fiscale. Ma quanti sono gli italiani che non hanno mai evaso il fisco, almeno in piccola misura, magari con qualche lavoretto in nero, fornendo od ottenendo qualche prestazione senza fattura? Perché gli evasori sono sempre i «grandi evasori» e mai anche i «piccoli evasori»?
Istituzioni e conflitti d’interesse
L’esempio che danno le istituzioni non è certo incoraggiante. Non parlo dei cattivi esempi di singoli rappresentanti istituzionali (ben venga una severa legge anticorruzione!), ma mi riferisco proprio alle istituzioni in quanto tali. Pur proclamandosi sempre espressioni del popolo e al suo servizio, di fatto si sono dimostrate (e purtroppo continuano a dimostrarsi) sempre più come terreno di scontro tra fazioni avverse per la gestione del potere e dei privilegi.
Senato: alleanze difficili
Alcuni partiti vorrebbero finalmente una buona legge sul «conflitto d’interessi» per evitare che nelle istituzioni, soprattutto in quelle politiche, ci possano essere persone che invece d’impegnarsi per il bene comune s’impegnino soprattutto per il bene delle proprie aziende o comunque in difesa dei propri interessi. Ben venga una tale legge. Ma quante leggi o modifiche costituzionali occorrerebbero per evitare i «conflitti d’interesse» ben più dannosi tra le istituzioni, tra Parlamento, Governo e Magistratura e tra i partiti?

Gli impresentabili
Lo scandalo è sotto gli occhi di tutti: di fronte a una crisi devastante che sta mettendo in ginocchio milioni di italiani, c’è ancora chi, in nome di una ambigua morale o di un credo ideologico, dice in Parlamento «con la tua parte politica non voglio avere niente a che fare», «tu non avrai mai la mia fiducia», «siete tutti da rottamare, andatevene via». Ma quali sono le priorità per gli italiani in questo momento? I dati recenti sulla povertà, sulla disoccupazione, sulla chiusura di aziende dovrebbero imporre una chiara inversione di rotta sul modo di concepire la politica in Italia. E invece si continua a litigare come avversari senza scrupoli in lotta per il potere, non per servire meglio il Paese! Chi e quanti sono davvero gli «impresentabili»?

L’uso delle parole da parte dei principali leader politici è sconcertante. Ognuno ritiene se non di aver vinto le elezioni almeno di non averle perse, riconoscendo alla propria parte di essere la maggioranza nel Paese o almeno una delle principali minoranze. E chi ha la maggioranza assoluta in una Camera (in forza di una legge contestatissima persino dal vincitore) e relativa nell'altra sembra non rendersi conto che difficilmente capiterà un’altra occasione per dare davvero segnali di cambiamento al Paese.
Solo un governo di larghe intese (sostenuto da un’ampia maggioranza che può comprendere fino ai due terzi dei parlamentari) e qualche compromesso sopportabile potrà metter mano alle riforme di cui il Paese ha urgente bisogno. Invece di considerare i tradizionali avversari politici come degli appestati da evitare, sarebbe opportuno, in nome di un interesse nazionale e non di parte, congiungere le forze di tutte le persone di buona volontà non per fare qualsiasi cosa, ma almeno per avviare quelle riforme indispensabili al Paese.

Il Movimento 5 Stelle
In questa sommaria analisi resta ancora da interpretare il ruolo che sembra aver assunto il Movimento 5 Stelle (M5S) di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, che è riuscito a far eleggere in Parlamento un cospicuo numero di deputati e senatori rompendo di fatto in maniera irreparabile il tradizionale bipolarismo tra (centro)destra e (centro)sinistra. Il meno che si possa dire è che il M5S, collocandosi al di fuori di qualunque schieramento, di fatto diventa antagonista del resto del Parlamento. A prescindere dalle buone o cattive ragioni di questa scelta, un semplice calcolo dovrebbe indurre i due tradizionali schieramenti a trovare un’intesa e mettere in minoranza il M5S.
Credo che nella situazione in cui versa l’Italia, lasciare il movimento di Grillo e Casaleggio all’opposizione sarebbe anche una opzione saggia per due ragioni.
I «grillini» potrebbero anzitutto assumere una importante funzione di controllo all’interno delle Camere al fine di garantire la trasparenza dei lavori parlamentari perché, fra l’altro, sono decisi a informare costantemente la «rete», ossia l’opinione pubblica, di quel che avviene nelle segrete stanze della politica. Sono convinto che d’ora in poi saranno sempre più difficili i «giochi» politici, gli «scambi» d’interessi, l’incetta di privilegi e sarà più facile rendere deputati e senatori più vicini (anche in termini salariali e di produttività) al popolo degli elettori.
Inoltre, questa nuova forza politica, indubbiamente molto sensibile alla vox populi (anche se va comunque sempre interpretata), potrebbe dare un forte contributo diretto alle discussioni e alle decisioni al fine di orientarle in senso popolare. Sono per altro convinto che solo in un confronto diretto con gli altri protagonisti della politica sarà possibile anche agli esponenti del M5S mettere a fuoco le loro idee (senza subire le idee o peggio le direttive di altri) e valutare in termini di concretezza, di fattibilità e di utilità certe visioni o aspirazioni del Movimento che in teoria possono essere condivise, ma potrebbero anche non essere realizzabili o compatibili con altri interessi (ad esempio le posizioni sulla TAV o sull'euro).

Grillo e l’Europa
A titolo di esempio desidero citare la posizione di Beppe Grillo sull’euro. Alcuni anni fa spiegava: «l’euro è composto per il 40% dai tedeschi, per il 30% dai francesi e per il 7% dagli italiani. Con un’Inghilterra che è lo zerbino degli Stati Uniti presto scoppierà, anzi è già scoppiata, la guerra sulla lunghezza delle banane e la guerriglia sulle punte dei carciofi. Ne andremo di mezzo tutti. L’euro è solo un mezzo di colonizzazione dei tedeschi ma soprattutto delle transnazionali… L’euro in sé stesso non significa nulla, sarà una pianificazione che, secondo me, porterà conseguenze terribili per tutti noi. Siamo in mezzo alla catastrofe, però con ottimismo».
Beppe Grillo (Movimento 5 Stelle)
E’ possibile che la posizione di Grillo sull'euro in questi ultimi anni sia leggermente mutata, ma non il suo euroscetticismo e il suo auspicio che l’Italia torni alla lira. Credo che questa opinione sia legittima e meriti di essere discussa. Ma sarebbe una scelta sciagurata, soprattutto in questo momento, uscire dall’euro, perché l’Italia oggi può salvarsi solo stando in Europa insieme ai maggiori Paesi e non allontanandosi. Meglio stare al traino della locomotiva tedesca che rischiare da un momento all'altro un terribile naufragio.
E’ ancora presto per dare un giudizio di merito sull'ingresso così massiccio del M5S in Parlamento, ma non si può essere così superficiali da considerarlo come la massima espressione della volontà popolare. Non lo è affatto sia perché la maggioranza dei cittadini non ha votato il M5S e sia perché non è ben chiaro che cosa davvero hanno voluto segnalare gli elettori con questa scelta, a parte il dissenso su un modo inaccettabile di fare politica. Si potrà dare un giudizio più completo e fondato forse tra qualche mese, quando con molta probabilità si dovrà interpellare nuovamente l’elettorato.
In tale occasione i cittadini elettori dovranno anche chiedersi quale sia stato l’apporto concreto dei grillini alla soluzione dei problemi degli italiani. Non è infatti ammissibile che per cambiare un sistema bisogna prima distruggerlo, senza nemmeno tentare di cambiarlo dall'interno, contribuendo ad eliminare i punti critici e sostenendo i punti di forza nell'interesse nazionale.

Interesse nazionale e democrazia
Già, l’interesse nazionale. A sostegno delle proprie tesi Beppe Grillo invoca sempre la «rete», ossia l’opinione pubblica, ma bisognerebbe spiegare agli italiani che cos'è e quali sono i rischi di «cadere nella rete». Essa infatti può essere anche manipolata e non c’è alcuna garanzia assoluta di trasparenza. A Grillo bisognerebbe chiedere chi detiene le chiavi del sistema informatico «beppegrillo.it», chi ha deciso il regolamento di entrata e di uscita (espulsione), con quali criteri di democrazia e di costituzionalità la «rete» decide la linea che tutti i parlamentari sono tenuti a seguire, pena l’espulsione. E poi, può esistere una democrazia solo «virtuale» senza garanzie per il dissenso?
La democrazia diretta, tanto cara (a parole) a Grillo è ben altra cosa, è rispettosa delle opinioni altrui e tutela le minoranze. Inoltre, non va dimenticato che l’accesso a Internet in Italia è ancora molto limitato (poco più del 50% della popolazione vi ha accesso) e comunque la sua comprensione e gestione richiede cautela e formazione. Anche rimediare quanto prima a queste lacune dovrebbe rappresentare una priorità per il prossimo governo.
Giovanni Longu
Berna, 26.03.2013