05 giugno 2013

Svizzera: esempio di democrazia diretta


In Italia, con l’avvento di Grillo e del Movimento 5 Stelle, si è avviata un’interessante discussione sulla democrazia diretta, per poi disperderla sulla controversia circa la validità e l’utilità della «rete». In pratica, si è cercato inizialmente di far coincidere la prima con l’espressione sempre più ampia attraverso la rete informatica per poi affermare che la comunicazione in rete non è facilmente intelligibile, anzi è contraddittoria, molto volatile e manipolabile. Alcuni personaggi sono stati in brevissimo tempo esaltati ed esecrati dalla stessa rete. Evidentemente la democrazia diretta è ben altra cosa, anche se la rete è sicuramente un potente mezzo d’informazione e di formazione dell’opinione pubblica soprattutto giovanile.

L’ultima parola al popolo
Un esempio di democrazia diretta è rappresentato dalla Svizzera che proprio fra pochi giorni, il 9 giugno, chiamerà nuovamente alle urne i propri cittadini per votare su una serie di questioni d’importanza nazionale, cantonale e comunale. Gli svizzeri lo fanno talmente sovente che all'estero, anche in Italia, molti stentano a capirne il perché. Eppure la risposta è semplice: gli svizzeri amano la democrazia diretta, ossia la partecipazione del popolo come ultima istanza alla presa di decisioni importanti per il Paese, a prescindere dal tasso di partecipazione effettiva. Recarsi tre-quattro volte l’anno a votare su questioni federali, cantonali e comunali, anche se non sempre di primaria importanza per il Paese, per gli svizzeri è un diritto sacrosanto, costituzionale e inalienabile, al quale nemmeno coloro che non lo esercitano sono disposti a rinunciare.
Data la frequenza, per taluni eccessiva, delle votazioni (in aggiunta alle elezioni), la partecipazione è spesso al di sotto del 50 per cento degli aventi diritto di voto. Al riguardo va tuttavia osservato che quando si tratta di decisioni importanti e molto controverse la partecipazione solitamente aumenta. Quando invece l’esito della votazione (sotto l’influsso dei sondaggi) appare scontato, generalmente la partecipazione scende. Altre volte, nel caso di modifiche costituzionali, anche una bassa partecipazione è compensata dalla doppia maggioranza del popolo e dei Cantoni richiesta per questo tipo di oggetti.

Astensionismo e fiducia nelle istituzioni
Il fenomeno dell’astensionismo, a differenza di quel che rappresenta in Italia, pur essendo denunciato da più parti, non appare preoccupante, a mio modo di vedere soprattutto per due ragioni. Anzitutto perché nei casi in cui è in votazione ritenuto «molto importante» dall’opinione pubblica, l’elettorato si mobilita e partecipa più numeroso. Inoltre perché i cittadini svizzeri sono consapevoli di essere generalmente ben governati e di vivere in un sistema politico e istituzionale generale equilibrato e stabile. La fiducia nelle istituzioni in Svizzera è sempre molto alta, soprattutto se confrontata alla situazione italiana.
E’ interessante osservare che nella storia della democrazia diretta svizzera, tra i temi in votazione più «importanti» e «controversi» ci sono sempre stati quelli riguardanti l’immigrazione e l’asilo. L’ormai famosa votazione popolare del 1970 sul ridimensionamento del fenomeno migratorio auspicato da Schwarzenbach (quando i migranti erano soprattutto italiani!) sfiorò col 74,7% il record di partecipazione (79,7%) registrato nel 1947 nella votazione sull'introduzione dell’assicurazione vecchiaia e superstiti, e mai più superato in seguito.

Richiedenti l’asilo e governo del popolo
Dal 1970 in poi, quasi tutte le votazioni riguardanti temi dell’immigrazione e dell’asilo hanno segnato tassi di partecipazione relativamente alti, ma tendenzialmente in diminuzione. Ciò non significa che questi temi non abbiano più presa nell'opinione pubblica. Con un po’ di pazienza se ne potrà avere una conferma (o una smentita) il prossimo 9 giugno quando i cittadini svizzeri voteranno su un ulteriore inasprimento della legge sull'asilo (introduzione di misure più severe per il riconoscimento del diritto d’asilo in Svizzera), dopo quello già approvato in votazione popolare nel 2006. Come allora, anche stavolta i pronostici sono per una netta approvazione dei provvedimenti, sostenuti dal Consiglio federale e dal Parlamento. In fondo, non si vuole affatto limitare il diritto d’asilo, ma si vogliono contrastare gli abusi.
Un altro tema in votazione il 9 giugno, eminentemente politico, riguarda l’iniziativa dell’Unione democratica di centro (in realtà di destra) denominata «Elezione del Consiglio federale da parte del Popolo». Si tratta di un tema vecchio quasi quanto la Confederazione, più volte discusso e sottoposto a votazione popolare, ma sempre bocciato. In genere, quando si tratta di modifiche istituzionali profonde, gli svizzeri sono piuttosto diffidenti e cauti, preferiscono il certo all’incerto. Lo dimostreranno con ogni probabilità anche prossimamente.

Giovanni Longu
Berna, 5 giugno 2013

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