15 maggio 2013

Roma ancora tentenna su Rubik



Per l’Italia il «modello Rubik» sembra davvero un rompicapo… e rischia di provocare danni irreversibili. Il governo Letta è ancora fermo ai blocchi di partenza. Eppure i «Saggi» di Napolitano lo hanno detto molto chiaramente: «Si propone al Governo di valutare l'opportunità di riprendere i negoziati bilaterali con la Svizzera per un accordo di trasparenza ai fini della tassazione dei redditi transfrontalieri di natura finanziaria, alla luce dei recenti sviluppi sul fronte della fiscalità internazionale (in particolare, degli accordi conclusi dagli Stati Uniti con vari paesi europei) sullo scambio di informazioni, nonché delle raccomandazioni del G8 e del G20 su questa materia; in parallelo, il Governo può attivarsi in sede UE affinché l’Unione stessa negozi un tale accordo, in nome di tutti gli Stati membri».

La proposta dei Saggi
La proposta dei «Saggi» mi pare legittima e utile e viene da chiedersi perché Roma ancora tentenna. Forse
per paura che dietro una «sanatoria» si nasconda un vero e proprio «condono tombale» nei confronti degli evasori fiscali che negli scorsi decenni hanno preferito depositare i loro capitali in Svizzera, evadendo il fisco italiano? Oppure perché si aspetta che sia l’Unione Europea a risolvere la vertenza non solo per l’Italia, ma anche per altri Paesi europei che hanno con la Svizzera un problema analogo? E’ probabile che a entrambe le domande si debba rispondere sì, ma è certo che quanto più tempo passa tanto più modesto sarà il risultato in termini monetari per l’Italia.
Semplificando la problematica, si tratta di ridefinire con l’Italia un accordo complessivo in materia fiscale che ha due risvolti: uno riguarda il passato e l’altro riguarda il futuro. Mentre per il futuro è sicuramente corretto che sia l’Unione Europea ad occuparsene per tutti i membri dell’UE, per quanto riguarda il passato mi sembra difficile che l’UE possa entrare nei dettagli di ciascun Paese.
Per il futuro si tratta essenzialmente di concordare a livello europeo uno scambio automatico dei dati fiscali e non sembrano più sussistere grandi opposizioni nemmeno da parte svizzera. Se infatti fino a pochi mesi fa il «segreto bancario» svizzero sembrava non negoziabile, ora la Svizzera non vi si oppone più a patto che la trasparenza riguardi tutti i Paese europei, compresi Austria e Lussemburgo, dove vige ancora una sorta di segreto bancario analogo a quello svizzero.

Rubik riguarda il passato
Per quanto riguarda il passato è evidente che ciascun Paese ha una sua propria vertenza, che andrebbe regolata bilateralmente. Per questo finora hanno regolato il passato Londra e Vienna, mentre Berlino ha tentato di regolarlo a livello governativo giungendo persino a un accordo, poi naufragato a livello parlamentare per l’opposizione dei socialdemocratici (non si sa bene se perché a loro sembrava indecente o semplicemente per far dispetto alla Merkel che ha molte probabilità di essere rieletta alle prossime elezioni tedesche d’autunno. Quanto agli altri due accordi va detto per inciso che Londra e Vienna già incassano fior di milioni dalla Svizzera.
Pur non essendo uno strenuo difensore del modello Rubik, credo che il tergiversare di Roma non giovi all’Italia. Del resto, anche la Germania, che ha meno urgenze di cassa dell’Italia, ha lasciato intendere tramite il suo ministro degli esteri, che con Berna «resta aperta la via di un’intesa fiscale» anche se «in questo momento non è possibile dire se verrà ripreso il piano svizzero Rubik oppure no (…)». Evidentemente il «no» lascia intendere che anche Berlino aspetta di vedere quali saranno gli sviluppi sul fronte dell’Unione europea, che è sicuramente interessata a nuovi accordi fiscali con la Svizzera».
Dal punto di vista svizzero, le idee sembrano chiare e in questi primi mesi dell’anno eminenti personalità, a cominciare dallo stesso Presidente della Confederazione, hanno affermato che la Svizzera non accetterà alcun diktat e tantomeno di «denunciare» persone che, pur avendo esportando capitali non dichiarati al loro Paese, non hanno violato alcuna legge svizzera.

Berna disponibile al negoziato
Riguardo al modello Rubik, ambienti politici e finanziari sembrano disponibili a discuterlo e adattarlo alle situazioni specifiche, non a stravolgerlo o abbandonarlo. Il 25 aprile scorso, in un’intervista al quotidiano svizzero «Le Temps», il presidente dell’Associazione svizzera dei banchieri (ASB) si è detto convinto che lo scambio automatico di informazioni è meno efficace dell’imposta liberatoria alla fonte, ossia il modello Rubik. Ciò che molti non hanno capito è che esso mira a regolarizzare i fondi depositati in passato nelle banche svizzere, non i depositi futuri. Per il futuro la Svizzera è infatti sempre più disponibile a uno scambio automatico di informazioni.
Osservando la lentezza della reazione italiana, francamente non si capisce perché non siano ancora ripresi i negoziati con la Svizzera. Eppure è evidente che man mano che passa il tempo c’è il rischio che dei capitali esportati illecitamente ne restino sempre meno nelle casseforti svizzere e pertanto che sia anche sempre minore il tesoretto che la Svizzera è disposta a restituire agli Stati interessati, tra cui l’Italia.
E’ pertanto auspicabile che i negoziati riprendano quanto prima, anche perché i tempi sembrano favorevoli.
Giovanni Longu
Berna, 15.05.2013

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