10 aprile 2013

La ferrovia del Lötschberg 100 anni dopo


Tra il 1872 (inizio dei lavori della galleria del San Gottardo) e il 1913 (inaugurazione della galleria del Lötschberg) la Svizzera era pervasa da una specie di febbre ferroviaria. La Confederazione, i Cantoni, le Città volevano le proprie ferrovie, a scartamento normale o ridotto, ferrovie a cremagliera, funicolari, tranvie. Le reclamavano il progresso, interessi nazionali e internazionali, i commerci, le comunicazioni, il turismo e persino il prestigio.


La febbre ferroviaria
La prima, grande opera pionieristica, la galleria del San Gottardo, era stata appena inaugurata (dopo dieci anni di lavori massacranti) e già si pensava a costruirne un’altra, quella del Sempione. Prima che i lavori di quest’altra galleria transalpina si concludessero, altre squadre di minatori erano già all’opera per realizzare un altro gioiello dell’ingegneria ferroviaria moderna, la galleria del Lötschberg.
La Svizzera può oggi celebrare con orgoglio queste opere centenarie perché hanno contribuito non poco alla circolazione di merci e di persone e quindi alla diffusione nel Paese e in Europa della ricchezza, del benessere, della cultura, della conoscenza reciproca e alla crescita dello spirito europeo (anche se questo non ha impedito due disastrose guerre). All'epoca, tuttavia, la voglia di nuove ferrovie non era vista da tutti di buon occhio. In effetti la Confederazione non riusciva ad imporre una politica ferroviaria unitaria. Un quotidiano ticinese, Gazzetta Ticinese, giusto un secolo fa denunciava questo «fermento colossale che agita oggi la Svizzera sopra ogni altro sentimento, sopra ogni altra considerazione (…), una tendenza spiccata e quasi aspra, per quanto faccia male il confessarlo: il regionalismo».
Effettivamente, la storia avvincente dell’epopea ferroviaria svizzera è anche la storia dell’affermazione dei Cantoni e delle Città più grandi e potenti. La costruzione delle linee e delle gallerie del San Gottardo, del Sempione e del Lötschberg ne sono esempi lampanti.

Un’affermazione del regionalismo elvetico
Con la costruzione della ferrovia e del tunnel pionieristico del San Gottardo, sembrava finalmente realizzato il sogno dell’attraversamento delle Alpi per consentire il collegamento senza ostacoli del Mediterraneo col Mare del Nord. Non per nulla questo corridoio transalpino d’importanza internazionale venne chiamato la «Via delle Genti». Durò tuttavia pochi decenni la supremazia della ferrovia transalpina del Gottardo. Infatti, non era ancora finita la sua costruzione che Cantoni non toccati direttamente da quella linea rivendicavano altri collegamenti attraverso le Alpi.
Foto ricordo durante i lavori nella galleria del Lötschberg
I Cantoni della Svizzera occidentale ottennero il completamento della linea del Sempione con la costruzione della galleria omonima (1898-1906). Berna, che si sentiva esclusa dai due assi del traffico internazionale, non voleva stare a guardare, ritenendo questa situazione inaccettabile per una ex superpotenza cantonale ma ancora ricca e potente. E fin dal 1881 un esponente della politica cantonale assai influente, l’avvocato Wilhelm Teuscher, si batté per la realizzazione di un collegamento veloce tra Frutigen e la linea internazionale del Sempione attraverso la galleria del Lötschberg. Fino a Frutigen esisteva fin dal 1901 una ferrovia a vapore in partenza da Spiez, già collegata con Berna.
Urgenza dei lavori
La volontà di riuscire nell'impresa era tale che prima ancora che il Gran Consiglio bernese prendesse la decisione definitiva al riguardo (1906), lo stesso avvocato Teuscher aveva elaborato un primo progetto che prevedeva fra l’altro una galleria di circa 14 km sotto il Lötschberg a 1240 m.s.m. Il progetto era poi stato sottoposto al Parlamento federale ai fini di una prima valutazione per la concessione federale, che pervenne nel 1891.
Il progetto era stato successivamente messo a punto dai migliori ingegneri ferroviari del momento e valutato positivamente da esperti internazionali circa la fattibilità del tunnel, previsto inizialmente a un solo binario, salvo decisione diversa del Consiglio federale in corso d’opera. Solo qualcuno aveva suggerito ulteriori indagini, soprattutto in corrispondenza della vallata del fiume Kander.
Per consentire una più approfondita valutazione, le Camere federali avevano prolungato la concessione fino al 1904. Ma per le autorità bernesi non c’era tempo da perdere. Venne costituita subito la Società ferroviaria delle Alpi bernesi Bern-Lötschberg-Simplon (BLS) per la raccolta di capitali e, ottenute tutte le concessioni necessarie, il 15 agosto 1906 venne affidata l’esecuzione dell’opera a un consorzio di imprese francesi. Questo si impegnava a terminare i lavori del tunnel di 13.735 m entro 4 anni e mezzo dall'inizio della perforazione meccanica, ossia nella primavera del 1911. Venne convenuta una cifra forfetaria di 37 milioni di franchi più eventuali 12 milioni se fosse stato ordinato, come avvenne nel 1907, il doppio binario.

Manodopera quasi tutta italiana
La manodopera fu reclutata quasi interamente tra gli italiani, ormai sperimentati, affidabili e a basso costo. Provenivano per il 40% dal Sud Italia, il 30% dall’Italia centrale, il 15% dal Piemonte e il 12% dalla Lombardia. Il restante 3% era costituito da svizzeri. Vennero alloggiati in enormi baraccopoli e fabbricati soprattutto a Goppenstein e a Kandersteg. Poiché i lavori sarebbero durati a lungo, molti operai sposati giunsero sul posto con le famiglie, creando non pochi problemi per gli alloggi, la convivenza, la scolarizzazione dei bambini, i servizi vari.
Il consorzio, responsabile del tracciato e dell’esecuzione dell’opera, avrebbe potuto realizzare i sondaggi suppletivi consigliati da alcuni esperti, ma ciò avrebbe reso più difficile consegnare l’opera finita nei termini contrattuali. Oltretutto la massa dei pareri favorevoli appariva molto rassicurante. Inoltre Berna faceva pressione perché temeva che il flusso dei traffici prendesse altre vie, visto che fin dal 1° giugno 1906 i treni transitavano regolarmente sotto il Sempione. Si procedette dunque subito con i lavori preparatori per poterli ultimare prima dell’arrivo dell’inverno e persino il traforo del Lötschberg fu avviato (15 ottobre 1906) prima ancora che i piani definitivi fossero approvati dal Dipartimento federale delle ferrovie (10 dicembre 1906).
Strette di mano in galleria alla caduta dell'ultimo diaframma (31.3.1911)
L’avanzamento in galleria procedeva più rapidamente che al San Gottardo e al Sempione grazie alle moderne perforatrici ad aria compressa utilizzate, alla qualità della roccia e all'uso della dinamite. Sul proseguimento dei lavori regnava da ogni parte il massimo ottimismo. Certo gli infortuni, anche gravi, erano all'ordine del giorno, ma erano messi in conto, tanto è vero che erano stati predisposti due ospedali, uno a Goppenstein e uno a Kandersteg. Nessuno s’immaginava che la progettazione di quella galleria contenesse un errore fatale che prima o poi si sarebbe manifestato, tragicamente.

La tragedia del 1908
Quel momento si presentò subdolamente il 24 luglio 1908, alle ore 2.30, al km 2,675 dall'ingresso nord (Kandersteg). Secondo la presunzione dei progettisti, in quel punto i minatori avrebbero dovuto incontrare ancora della pietra e non detriti e acqua. Completamente ignari di quel che stava per accadere, i 25 minatori che si apprestavano a far brillare le mine per l’avanzamento, si ritirarono in luogo sicuro (!), come d’abitudine. Invece, subito dopo lo scoppio, un’immensa massa di circa 10 mila metri cubi di acqua, fango e detriti invase violentemente la galleria per oltre un chilometro travolgendo inesorabilmente tutto. Per i 25 minatori, tutti italiani, non ci fu scampo. Il ventre della montagna restituì un solo corpo e pochi resti di altri. Dopo una lunga inchiesta, il tribunale ritenne responsabili dell’accaduto sia la Società che l’impresa.
I lavori nel tunnel furono dapprima interrotti e poi ripresi, dopo una correzione del tracciato (che comportò l’allungamento del tunnel a 14.605,45 m) e alcuni sondaggi preliminari. La tragedia del 24 luglio 1908 aveva gettato la collettività italiana, che forniva il 97 per cento della manodopera, in una profonda costernazione, ma anche la collettività svizzera fu profondamente colpita. I sentimenti erano tuttavia molto divisi perché un numero così alto di vittime in un sol colpo andava al di là di ogni prevedibile rischio.

Festeggiamenti e riconoscimenti agli italiani
Al termine dei lavori si tennero lungo tutta la linea, ma soprattutto a Kandersteg, Briga e Berna grandi festeggiamenti. Il 1° aprile 1913 Kandersteg era imbandierata a festa con bandiere della Svizzera, del Cantone di Berna, della Francia e dell’Italia. Alla memoria dei caduti venne celebrata una messa di suffragio nella cappella italiana. Seguirono i discorsi ufficiali da parte dei vari rappresentanti. «In tutti i discorsi», dicono le cronache, venne reso un doveroso e commosso omaggio alle 25 vittime della sciagura in galleria, ma anche «ai meriti e alle qualità dei lavoratori italiani quali pionieri della tecnica moderna».
Dal 1908, molto opportunamente, nel corso di una cerimonia funebre al cippo commemorativo nel cimitero di Kandersteg, italiani e svizzeri uniti ricordano ogni anno quelle vittime cadute per il progresso. Ed è giusto che la tradizione continui.
Viene tuttavia anche da pensare quanto sia ancora attuale e triste, secondo l’annotazione di un cronista dell’epoca, dover costatare che l'umanità, ancora oggi, non sappia procedere di un passo verso il progresso senza lasciare sul cammino tante vittime. Di questa amara verità, purtroppo, gli italiani immigrati in Svizzera hanno dato finora ampia conferma.
Enrico Celio (1889-1980)
Basterebbe da sola questa costatazione per ricordare quanto sia stata importante e persino determinante per il progresso di questo Paese la componente migratoria italiana. Si pensi che ancora nel 1905, anno in cui venne realizzato il primo censimento delle aziende in Svizzera, oltre la metà (51%) degli 85.866 lavoratori italiani del settore secondario era impiegata nella costruzione delle linee ferroviarie e delle strade (44.011).
Senza gli italiani, dirà molti anni più tardi l’ex presidente della Confederazione Enrico Celio «né la galleria ferroviaria del San Gottardo nel 1872, né quella del Sempione (1905), né i ponti riallaccianti i dossi dei valloni nelle nostre valli, né i diversi manufatti su cui si snodano le nostre strade ferrate, automobilistiche, del piano ed alpine, né i muraglioni atti a raccogliere le nostre acque nei bacini delle montagne, né molte opere edili d’eccezionale o anche di minore consistenza sarebbero state materialmente realizzate senza l’apporto di lavoro e di sacrificio della mano d’opera italiana».
Giovanni Longu
Berna, 10.04.2013

5 commenti:

  1. ho reperito una fotografia di un gruppo festoso; reca la scritta Comp piemontese 15 VIII 1912 Lötsch.R.Nord.
    Ipotizzo che si tratti di operai che hanno partecipato alla costruzione della linea ferroviaria che collega Briga a Berna, comprendente il tunnel ferroviario del Lötschberg.
    Poiché mi sembra che nella foto ci sia una persona di famiglia, che in effetti ebbe un passaporto per la Svizzera nel 1912, le domando se è possibile rintracciare i nomi di operai piemontesi che vi lavorarono. La foto fu spedita come cartolina da Blausee, poco lontano da Kandersteg.
    grazie per qualsiasi informazione in merito

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    1. Purtroppo non sono in grado di rispondere, anche perché durante gli scavi delle grandi gallerie ferroviarie, da quella del San Gottardo a quella del Lötschberg, i lavoratori piemontesi immigrati in Svizzera sono stati diverse migliaia. So che, soprattutto dopo il 1911, vennero realizzate numerose cartoline-fotografie, ma in generale non riportavano i nomi delle persone fotografate. Mi farebbe piacere vedere la foto del gruppo di cui parla. Cordiali saluti

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    2. Sarei lieta di mostrare la fotografia, ma non so come postarla. Aspetto suggerimenti.

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    3. Provi a inviare la foto a questo indirizzo: glongu@sunrise.ch
      Buona giornata

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    4. Fatto. Spero che la fotografia le sia giunta

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