18 aprile 2012

Quanta italianità c’è a Berna! (2a parte)

Lo sviluppo urbanistico di Berna è avvenuto in diverse fasi, seguendo non solo l’incremento demografico, ma anche eventi naturali e soprattutto politici. Il più grande intervento costruttivo si ebbe nei secoli XV e XVI, in seguito all’incendio che nel 1405 aveva ridotto in cenere gran parte della città, allora costruita prevalentemente in legno, fino all’altezza del Käfigturm. Per evitare il ripetersi di disgrazie simili, le autorità imposero da allora in poi come materiale edilizio principalmente la pietra.

La ricostruzione avvenne lentamente. Fu salvaguardata la struttura viaria e il sistema dei portici della città medievale, ma gli stili architettonici subirono gli influssi del tempo e, spesso, i gusti dei costruttori. Alcuni edifici pubblici come il Municipio (Rathaus) e la Cattedrale di San Vincenzo (Berner Münster) vennero costruiti in tardo-gotico, altri furono influenzati dallo stile rinascimentale.

Le fontane rinascimentali
Il più bell’esempio di questo stile è costituito dalla maggior parte delle splendide fontane figurative del centro storico, risalenti al XVI secolo. Sulle fontane di Berna sono stati scritti interi volumi perché ciascuna ha una propria storia e una bellezza singolare. In comune avevano (e in parte hanno ancora) la forma ottagonale della vasca, di chiara origine italiana rinascimentale (Perugia, Siena, Viterbo) e la colonna centrale da cui fuoriesce l’acqua, d’ispirazione lombarda d’inizio rinascimento. Anche alcune figure sovrastanti le colonne sembrano d’ispirazione lombarda (Como, Milano, Brescia).
Fontana di Sansone
Percorrendo l’asse centrale della città vecchia partendo dalla Piazza della stazione in direzione della Fossa degli orsi, la prima fontana che s’incontra è la Fontana del suonatore di cornamusa (Pfeiferbrunnen). Subito dopo la Torre delle prigioni si trova la Fontana di Anna Seiler (Seilerbrunnen), dedicata alla fondatrice del primo ospedale di Berna. Seguono la Fontana del Tiratore (Schützenbrunnen), la Fontana di Zähringen (Zähringenbrunnen), la Fontana di Sansone (Simsonbrunnen), la Fontana della via della croce (Kreuzgassbrunnen) e la Fontana della Giustizia (Gerechtigkeitsbrunnen). Nelle vie laterali, almeno altre quattro fontane sono degne di nota: la Fontana del mangiatore di bambini (Kindlifresserbrunnen) nella Kornhausplatz, la Fontana del Ryffli (Ryfflibrunnen) nell’Aarbergergasse, la Fontana dell’Alfiere (Vennerbrunnen) nella Rathausplatz davanti a Rathaus e la Fontana di Mosè (Mosesbrunnen) nella Piazza della Cattedrale (Münsterplatz).

Il primo orso di Berna documentato arrivò da Novara
Per secoli la popolazione di Berna è cresciuta molto lentamente. Solo nel 1653 superò i 10.000 abitanti. Nei secoli XV-XVIII molti svizzeri emigravano, soprattutto in Italia e Francia, non solo come artigiani, commercianti o artisti, ma anche come soldati mercenari a disposizione dei potentati dell’epoca. Molti di essi contribuirono a rimodellare di volta in volta il complicato panorama politico italiano.
Nel 1513, circa 10.000 mercenari confederati (tra i quali molti bernesi) al comando del vescovo (!) di Sion Matthäus Schinner furono decisivi nella liberazione del ducato di Milano dagli occupanti francesi. A Novara, i soldati svizzeri inflissero una pesante sconfitta all’esercito di Luigi XII, ricacciandolo oltre le Alpi. Quale compenso, il potente Schinner ricevette il marchesato di Vigevano e la designazione a vescovo di Novara. Nel bottino di guerra sottratto ai francesi c’era anche un orso, che venne portato come trofeo a Berna e sistemato in pompa magna nella Fossa degli orsi che allora si trovava all’incirca nell’attuale Bärenplatz, di fronte al Palazzo federale. E’ da quella data, col primo orso portato dall’Italia, che comincia la storia documentata della presenza degli orsi a Berna.

L’età d’oro del barocco
Nonostante la consistenza modesta della popolazione, Berna era divenuta nel frattempo una grande potenza territoriale. Grazie alla protezione dei conti di Savoia, aveva esteso il proprio dominio dal Cantone di Argovia al Paese di Vaud fino al Lago Lemano. Anche la città si era ingrandita. Un impulso all’edilizia urbana seguì all’introduzione a Berna, nel 1528, della Riforma. Con la cacciata degli ordini religiosi (domenicani, francescani e altri), i loro conventi e strutture annesse vennero in gran parte chiuse o trasformate. Ma fu soprattutto il XVIII secolo l’età d’oro per l’edilizia bernese, con assoluta prevalenza dello stile barocco.
La borghesia bernese esibiva la ricchezza accumulata in palazzi molto appariscenti. Molti degli edifici costruiti nei secoli precedenti in stile tardo-gotico o tardo-rinascimentale furono ristrutturati in stile barocco, altri furono edificati ex novo in questo stile. Si possono ricordare, a titolo di esempio, la Casa von Wattenwyl, l’Hôtel de Musique, la facciata del Kornhaus, la Chiesa del Santo Spirito e il Burgerspital (vicino alla stazione).
Ponte monumentale di Nydegg (1840-1843)
In quest’epoca va anche segnalata un’altra importante realizzazione. Per facilitare le comunicazioni e rendere più stabile il passaggio dell’Aare, al posto del primitivo ponte di Nydegg, tra il 1750-1758 ne venne costruito un altro più solido sotto la direzione dell’ingegnere italiano Antonio Maria Mirani. Quasi un secolo dopo, altri architetti e ingegneri italiani (Carlo Donegani, Luigi Negrelli, Carlo Bernardo Mosca e Volpatti) contribuirono alla realizzazione (1840-1843) dell’attuale ponte di Nydegg, poco distante dall’altro, ma ad un’altezza dal livello del fiume di circa 25 metri. Un’opera imponente e al tempo stesso elegante, in granito, con una campata centrale di 46 m, che costituì fino al 1890 il ponte più grande d’Europa. Il granito proveniva da alcune cave di Meiringen e di Goldswil, dove tagliapietre italiani provvedevano a preparare i blocchi necessari.
La fine del secolo XVIII segnava la fine anche della vecchia Berna oligarchica e dominatrice. Quando la città fu occupata dalle truppe napoleoniche dopo la cocente sconfitta di Grauholz nel 1798, Berna dovette infatti abbandonare sia il Cantone di Argovia che il Paese di Vaud. La situazione mutò radicalmente nel 1848, quando Berna, dopo alcuni anni di occupazione francese e di successive lotte interne, venne scelta come capitale federale della moderna Confederazione.

L’italianità entra d’autorità nella Capitale federale
Nel 1848, con l’adozione della Costituzione federale e la proclamazione di Berna capitale federale, l’italianità entrò d’autorità nelle istituzioni. La lingua italiana, riconosciuta dalla Costituzione come lingua nazionale e ufficiale con pari dignità del tedesco e del francese, verrà usata sempre più spesso nei dibattiti parlamentari dai rappresentanti ticinesi (anche se l’egemonia burocratica della lingua tedesca durerà almeno fino alla fine del secolo). E se il Ticino costituirà da quel momento in poi il baluardo istituzionale dell’italianità nella Svizzera moderna, a Berna ticinesi e italiani costituiranno la più grande comunità linguistica dopo quella svizzero-tedesca.

Stefano Franscini (1796-1857)
Primo cons. fed. italofono
Il ticinese Stefano Franscini venne eletto nel primo Consiglio federale come esponente della Svizzera italiana. Fu anche il primo grande rappresentante dell’italianità. Durante la sua formazione a Milano aveva studiato i classici italiani, aveva letto le opere di Machiavelli e di Melchiorre Gioia, era entrato in contatto con alcuni intellettuali lombardi e aveva stretto amicizia col grande letterato e politico milanese Carlo Cattaneo. Gli studi e questi incontri lo plasmarono come letterato e uomo di stato. Franscini deve forse al Gioia se divenne il «padre della statistica svizzera» ed ebbe nel Cattaneo oltre che un amico un valido sostenitore dell’idea di un politecnico federale e di un collegamento ferroviario della Svizzera con l’Italia attraverso la galleria del San Gottardo. E la Svizzera deve molto a Stefano Franscini.
In quel periodo gli italiani a Berna erano ancora pochissimi, anche perché, fino al censimento del 1860, non venivano censiti come italiani i «savoiardi», i «sardi» e i lombardo-veneti (conteggiati insieme agli austriaci) e, soprattutto, non venivano presi in considerazione gli stagionali. Già dai primi dell’Ottocento, tuttavia, avevano iniziato a diffondersi a Berna i «café italien». Gli italiani cominceranno ad arrivare, sempre più numerosi, come sterratori, muratori, scalpellini e manovali, quando si apriranno i grandi cantieri della costruzione dei palazzi federali, della stazione ferroviaria e dell’edilizia residenziale nei quartieri periferici della città. Per il loro numero e per il loro insostituibile contributo si parlerà più tardi del «secolo degli italiani». (Fine seconda parte)

Giovanni Longu
Berna, 18.4.2012