20 giugno 2012

Ricordando Walter Emilio Antelmi

Se n’è andato, a 86 anni, un grande dell’immigrazione italiana in Svizzera, Walter Emilio Antelmi. E’ deceduto il 30 maggio scorso, ma l’ho saputo solo pochi giorni fa leggendo un suo ricordo sul giornale Rinascita. Pugliese, era venuto in Svizzera negli anni ’50. Lo conobbi negli anni ’70, quando era già un esponente riconosciuto e apprezzato dell’associazionismo nel Cantone di Berna e da allora lo incontrai saltuariamente più volte.

Non sto a dire della sua ininterrotta attività sindacale e sociale e nemmeno delle numerose cariche rivestite in svariati organismi istituzionali (associazioni, comitati, federazioni, circoli), soprattutto in seno alla collettività immigrata pugliese, ma non solo. Di lui mi colpiva soprattutto la serietà, l’onestà intellettuale e l’impegno che metteva in quel che faceva, a titolo volontario, con l’obiettivo di valorizzare l’associazionismo, stimolare l’integrazione, migliorare la situazione dei connazionali nella vita lavorativa, nella scuola, nella cultura.
Tutta l’attività che ha visto protagonista Walter Emilio Antelmi non era semplice attivismo e ancor meno esercizio di autoconservazione, ma era sempre finalizzata al raggiungimento di obiettivi concreti e raggiungibili. In ultima analisi riguardava sempre la salvaguardia e il miglioramento di diritti sociali, economici, culturali e politici dei lavoratori immigrati.

«tTante battaglie civili»
Qualche anno fa mi sintetizzò in queste parole l’impegno di gran parte della sua vita: «tante battaglie civili portate avanti, senza secondi fini, nella stupenda cornice dei nostri principi fondamentali, dei nostri ideali, la cui semplicità era: dimostrare che l’emigrazione italiana non era semplice forza lavoro ma anche di pensiero, umile e civile, nel rispetto delle leggi e delle regole di questo Paese, con la certezza del diritto, quale fonte di civile convivenza».
Nelle sue iniziative ebbe sempre un certo seguito non solo per i suoi ideali e le sue visioni, ambiziose ma realistiche, ma anche per la grande capacità di persuasione, derivante sia dalla sua grande capacità di analizzare i problemi da affrontare e sia da un abile modo di argomentare e convincere circa il metodo da adottare per risolverli. Nell’impossibilità d’indicare soluzioni praticabili, sapeva arrendersi, con squisita umiltà e autocritica, come quando, durante un incontro pubblico di qualche anno fa in cui si discuteva dell’assenza dei giovani, egli ammise che «probabilmente i giovani disertano le nostre associazioni perché non siamo stati capaci di trasmettere loro i valori in cui credevamo».

Rispetto e stima
Nei suoi confronti ho sempre provato rispetto e stima. Sapevo che gli stessi sentimenti erano ricambiati perché nelle poche occasioni in cui ci siamo ritrovati insieme per qualche progetto riguardante la cultura e la formazione professionale le nostre idee collimavano perfettamente. Sapevo anche che leggeva regolarmente i miei scritti e condivideva le mie analisi storiche sull’immigrazione italiana in Svizzera, ma per parecchi anni abbiamo avuto solo rare occasioni d’incontro o di scambio epistolare.
C’incontrammo, per l’ultima volta, un paio d’anni fa a Bienne. Fu un incontro toccante, per entrambi, come mi confermò qualche giorno più tardi in una lettera: «Nello scorgerti in sala quella sera, con l’emozione un po’ vagante, ti vedo alzarti e venirmi a salutare con un abbraccio molto caloroso; è stato un attimo, Giovanni, come un flash, mi sono passati davanti tanti ricordi e parecchi anni senza vederci, e quest’incontro ha rinvigorito non poco la mia memoria oltre l’emozione di rivederti, pensando anche ai rapporti di collaborazione all’interno della struttura CISAP, di cui eri un degno pilastro, per l’avvio professionale di tanti nostri giovani, sotto la guida di una straordinaria persona come Giorgio Cenni, la sua personalità, la sua saggezza a guidare, sapendo infondere fiducia e speranza nei giovani e meno giovani per il loro futuro professionale…».
Conservo un ricordo indelebile non solo di quell’incontro, ma anche della sua ricca personalità. Addio, caro Walter, e grazie per l’esempio che hai rappresentato in seno all’associazionismo italiano in Svizzera.

Giovanni Longu
Berna, 20.06.2012

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