25 maggio 2011

Tripoli italiana in Svizzera e la cucina mediterranea

Tripoli è oggi una città ferita, bombardata. La guerra imperversa producendo distruzioni e vittime. Le bombe cosiddette «intelligenti» dovrebbero colpire esclusivamente installazioni militari, in realtà colpiscono anche edifici civili. I morti, militari e civili, non si contano più. Ormai si tiene la contabilità solo delle «operazioni» e degli ordigni sganciati dall’alto o di lontano; quella dei morti non la tiene più nessuno. A questo punto farebbe sensazione solo la morte del dittatore Gheddafi, quella delle migliaia di libici uccisi è ormai scomparsa dalla cronaca quotidiana. E’ sempre la solita storia, perché anche questa, come tutte, è una sporca guerra.
Anche cent’anni fa Tripoli era una città bombardata, dal mare, dagli italiani alla ricerca di un territorio dove poter emigrare senza subire angherie e umiliazioni da parte dei datori di lavoro stranieri e discriminazioni dalla società «ospitante» . Le buone intenzioni avevano allora il pieno sostegno anche degli emigrati italiani in Svizzera. Tripoli divenne un simbolo.

Tripoli presso Grenchen
Nel 1911 lavoravano in Svizzera oltre duecentomila italiani, molti addetti al completamento della fitta rete ferroviaria. I grandi trafori alpini erano già terminati o stavano per terminare, ma mancavano ancora alcuni trafori importanti a nord delle Alpi e gli italiani erano necessari.
Al termine dello scavo del Tunnel I del Sempione (il tunnel II verrà iniziato nel 1912) e della galleria del Lötschberg, un migliaio di lavoratori italiani si trasferì (1911) a Grenchen per lo scavo del tunnel Grenchen-Moutier, ma nel Comune non c’erano alloggi per tutti. Si venne così a creare un insediamento di baracche nei pressi del cantiere al quale occorreva dare un nome. Ma quale? In Italia era appena scoppiata l’euforia per la conquista di Tripoli (ottobre 1911) e la ventata di orgoglio nazionale aveva raggiunto anche gli emigrati in Svizzera. Quell’agglomerato di baracche doveva chiamarsi Tripoli (per gli svizzeri: Tripolis).
Ben presto la baraccopoli divenne un luogo di attrazione, visitata dagli abitanti della cittadina, la prima volta come se andassero a visitare un giardino zoologico, poi sempre più attratti dall’atmosfera allegra che vi regnava e soprattutto dalla cucina italiana. A Tripoli, si racconta, c’erano una ventina tra ristoranti e mense. Oltre alle baracche-dormitori e ai ristoranti c’erano anche vari negozi che vendevano prodotti italiani, un ospedale, una scuola, un asilo nido e la Missione cattolica dei Bonomelliani e alcune suore della Congregazione San Giuseppe di Cuneo venuti da Goppenstein al termine della galleria del Lötschberg.

Tripoli presso Olten
La seconda Tripoli italiana in Svizzera sorse nel 1912 presso Olten e accolse un numero ancora maggiore di lavoratori italiani, alcuni persino con famiglia al seguito. Anche questa seconda Tripoli, in tutto simile a quella di Grenchen, divenne un’attrazione per molti svizzeri che soprattutto la domenica andavano alla scoperta di questo strano villaggio italiano, in cui gli sporchi lavoratori della settimana indossavano il vestito buono, mangiavano cibi appetitosi, bevevano vino e poi ballavano e cantavano accompagnati dal suono della chitarra. La curiosità li spingeva anche a provare i cibi degli italiani e dovettero sentirsi presi per la gola se finirono per essere anch’essi grandi frequentatori di quei locali e consumatori di paste, salumi, ortaggi e vini italiani. Sembra anche che fossero attratti non solo dalla buona cucina e dal buon vino, ma anche dagli occhi scuri delle inservienti. Forse attorno a un tavolo e sorseggiando un buon bicchiere di vino rosso avvennero i primi contatti non conflittuali tra svizzeri e italiani. Le risse, le incomprensioni e le diffidenze erano infatti sempre all’ordine del giorno.
Nella Tripoli di Trimbach c’era persino un cinema, una novità anche per gli svizzeri perché nella regione non era ancora arrivato. E siccome gli italiani erano molti, circa duemila, e i risparmi erano tanti, fu necessario anche installarvi un vero e proprio ufficio postale con tanto di timbro «Tripolis bei Olten».

Alle origini della cucina mediterranea
Gli italiani in Svizzera erano spesso chiamati, dalla fine dell’Ottocento, Polentafresser, Spaghettifresser, oltre che Cinkali. In realtà gli immigrati italiani per lungo tempo hanno mangiato poco e male, soprattutto durante la settimana, ed è vero che i loro cibi abituali sono stati per molto tempo polenta e spaghetti. Col tempo però hanno diversificato i prodotti e migliorato le loro abitudini alimentari consumando oltre alla polenta e svariati tipi di pasta anche formaggi a pasta dura (ad esempio parmigiano) e gorgonzola, salami, mortadelle, cotechini, tonno, merluzzo e sardine, fagioli borlotti, il tutto condito con buoni vini.
Già all’inizio del secolo scorso la cucina degli italiani era assai ricca e varia, grazie alla diversa provenienza degli immigrati. Spesso i prodotti venivano acquistati nei sempre più numerosi negozi italiani, che si approvvigionavano direttamente in Italia. Tra i piatti più diffusi, soprattutto nei giorni di festa, predominavano ancora sicuramente le varietà di paste, dagli spaghetti alle lasagne, cucinate in molti modi secondo l’origine degli immigrati; ma si arricchivano sempre più di piatti di carne (bollito misto, ossobuco, costine, fegato, coniglio arrosto, piccata milanese, ecc.) accompagnati da una grande varietà di formaggi (dalla gorgonzola alla mozzarella) e una grande ricchezza di ortaggi.

Abitudini alimentari degli immigrati
La continuità della forte presenza di italiani in Svizzera ha contribuito indubbiamente a diffondere certi consumi alimentari tipicamente italiani, a cominciare dalla pasta: gli svizzeri sono tra i più grandi consumatori di pasta al mondo. Gran parte della pasta consumata in Svizzera proviene dall’Italia. Insieme alla pasta va ricordata la pizza, diffusa ormai in ogni angolo della Svizzera. E quando si parla di pizza non si può non accennare alla mozzarella, il formaggio più amato dagli svizzeri che ne consumo a persona, sembra, più del formaggio da raclette, più dello stesso Greyerzer e molto più del formaggio più famoso della Svizzera ossia l’Emmentaler.
Oltre alla pasta, anzi alle paste di grano duro, gli immigrati italiani hanno contribuito a diffondere tra la popolazione numerosi ortaggi oggi frequenti sui banchi della Migros e della Coop e persino nei mercatini di quartiere, ma rarissimi fino agli anni Sessanta, quando nel reparto verdure non si trovavano che patate, carote, rape e cavoli. Ora le melanzane, i peperoni, i pomodori, le zucchine, i finocchi, i carciofi, i cavolfiori, i fagiolini, i broccoli, i meloni, le angurie non hanno nulla di esotico. Le melanzane, come i pomodori, sono oggi molto coltivati anche in Ticino, ma a diffonderli sono stati soprattutto gli italiani d’oltralpe.

Sapori d’Italia
La cucina mediterranea oggi è diffusa in ogni angolo del Paese come la pizza, la pasta, la mozzarella, l’olio d’oliva, l’aceto balsamico e persino il pesto ligure, ecc. I grandi distributori, i più frequentati anche dagli immigrati, quali Migros e Coop, hanno contribuito a diffondere tra gli svizzeri i «sapori d’Italia» basati su un’infinità di prodotti e di specialità. E non c’è casa svizzera che non conosca e magari sappia anche cucinare la pizza, un piatto di spaghetti «al dente», un piatto di lasagne alla bolognese, una parmigiana di melanzane, ecc.
Si potrà dire che l’intraprendenza dei commercianti oggi non conosce confini e i mercati di approvvigionamento dei prodotti più richiesti dai consumatori possono essere sia vicini che lontanissimi. In Svizzera, tuttavia, non si può dimenticare che i primi ad introdurre la «cucina mediterranea» tanto rinomata sono stati gli immigrati italiani. Un po’ per diffidenza e un po’ per una forma di risparmio, ma soprattutto per una questione di gusto, i lavoratori italiani, addetti generalmente a lavori pesanti e faticosi amavano nutrirsi fin dal secolo scorso con prodotti fatti arrivare appositamente dall’Italia, anzi dalle loro regioni d’origine. Avevano bisogno di sostanze nutrienti, ma anche di soddisfare il palato. E dove trovarle meglio che nella cucina tradizionale italiana, ricca ma non pesante, gustosa e sostanziosa? Il tutto, naturalmente, sempre accompagnato da almeno un buon bicchiere di vino.
Le famose e ormai folcloristiche valige di cartone che per non scoppiare erano tenute da grossi spaghi non contenevano solo effetti personali e tanti sogni, ma anche vettovaglie di ogni genere. Roba buona e gustosa come il provolone piccante, il pecorino sardo, la salsiccia calabrese, il salame nostrano, la mortadella ecc. ecc. Sapori d’Italia che hanno contribuito a cambiare la Svizzera!

Giovanni Longu
Berna 25.5.2011