03 maggio 2011

Beato Giovanni Paolo II: esempio di fede e di testimonianza cristiana

Papa Giovanni Paolo II, ora Beato Giovanni Paolo II, è stato celebrato domenica scorsa e in queste ultime settimane non solo come un grande Pontefice, ma anche come una delle maggiori personalità del nostro tempo. La sua figura è stata studiata nelle sue molteplici dimensioni, come uomo di Chiesa e come uomo di Stato, come filosofo, poeta, teologo, instancabile predicatore e naturalmente papa. Sicuramente non è stato ancora detto tutto. In effetti, la figura umana, morale e spirituale di papa Wojtyla lascia intravedere una grandezza e una profondità che non sono facilmente decifrabili e definibili.

Persino la categoria del santo, almeno nell’idea popolare della santità («Santo subito!»), non è sufficiente a far comprendere la grandezza di quest’uomo che è stato per 27 anni «Vicario di Cristo». Con la sua canonizzazione, domenica scorsa, la Chiesa ha voluto attestare che Giovanni Paolo II ha esercitato nella sua vita le virtù cristiane in una misura straordinaria, ma senza precisarla. Per il Popolo di Dio è sicuramente sufficiente sapere che la santità di Giovanni Paolo II sta nell’aver cercato in tutta la sua vita di conformare i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue azioni alle esigenze che secondo lui comportava la missione di cristiano, di sacerdote, di vescovo e di papa, ossia Vicario di Cristo assegnatagli dal Padre Eterno.

Grandezza di un santo
Molti commentatori, in questi giorni, hanno sottolineato la portata del pontificato di Giovanni Paolo II in campo non solo ecclesiale, ma anche politico mondiale. Si è messo in luce, ad esempio, il ruolo eccezionale del papa polacco nella caduta del Muro di Berlino e nello sconquasso dell’impero sovietico. Si è evidenziata la sua capacità straordinaria di entrare in sintonia con le masse e in particolare con i giovani. E’ stata giustamente ricordata la sua volontà di dialogo con le altre religioni nel tentativo di superare pregiudizi e steccati. E’ stato ricordato il suo lungo pellegrinaggio nel mondo per predicare il Vangelo e confermare nella fede i cristiani in tutte le parti della Terra. E’ stato anche accennato alla sua ultima fase terrena di grande sofferenza per l’aggressione della malattia e di grande esempio di sopportazione per tutta l’umanità sofferente.
Certamente gli aspetti in cui il papa polacco si è distinto sono molteplici e contribuiscono a fare di questo personaggio, com’è stato da molti affermato, persino dall’attuale Pontefice Benedetto XVI, un gigante della storia moderna. Eppure credo che sia legittima la domanda da dove questo papa traesse la forza necessaria per compiere la sua missione, per parlare con convinzione al mondo intero, per gridare a tutti «non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo»? Si dirà, dalla fede, dalla sua forte spiritualità, dalla preghiera. Verissimo.

Uomo di fede, speranza e carità
Certamente Giovanni Paolo II è stato un credente. Non avrebbe potuto dire ciò che ha detto e fare ciò che ha fatto se non fosse stato mosso da una fede solida come una roccia: una fede nell’uomo migliorabile, una fede nella Chiesa in cammino e purificabile dai suoi errori e dai suoi peccati, ma soprattutto una fede nella Misericordia di Dio e nella sua costante presenza salvifica nella Storia e nella Chiesa. E’ certamente questa fede che gli ha permesso di compiere fino in fondo la sua missione, anche se da più parti gli giungevano voci di «dimissioni auspicabili».
Papa Giovanni Paolo II viveva di speranza, una speranza che unita alla fede era divenuta in lui certezza incrollabile. Pur nella consapevolezza dell’onere arduo di guidare la Chiesa in un momento difficile della sua storia, egli sapeva bene che le forze del male non avrebbero mai prevalso. Ha sicuramente sentito, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, il peso di dover rappresentare per i cristiani il punto di riferimento sicuro, la roccia solida su cui Cristo aveva fondato la sua Chiesa; ma non è crollato perché sapeva che la «pietra angolare» di questo edificio per quanto fragile era Cristo stesso, il Figlio del Dio vivente, che aveva assicurato prima di lasciare questa terra: «sarò con voi fino alla fine dei tempi».
Non c’è dubbio che l’azione del Papa Wojtyla era animata da un grande spirito di carità, un amore illimitato verso gli uomini, le donne, gli anziani, i giovani, i bambini di qualunque colore, cultura e religione, di ogni strato sociale. Ricevendo il mandato sacerdotale e soprattutto quello di papa, Giovanni Paolo II non poteva non occuparsi dei suoi fedeli come un pastore che deve accudire le sue pecore. Ma c’è pastore e pastore. Solo il «Buon Pastore» ama le sue pecore, le conduce al pascolo e le fa riposare ed è disposto a dare la vita per le sue pecore. Sicuramente il Beato Giovanni Paolo II ha amato l’umanità come il Buon Pastore, che ha voluto imitare.
In vita, molti critici hanno rimproverato a Papa Wojtyla di non essere stato abbastanza aperto e comprensivo nel campo della morale sessuale, del celibato dei preti, del sacerdozio delle donne. Che cosa il Papa avrebbe potuto fare e dire di diverso al riguardo non lo so. So però che anche su questi temi delicati egli ha detto e scritto riflessioni sublimi che testimoniano non solo il suo amore per la verità e il rispetto della vita, ma anche la sincerità e l’amore di un uomo per tutti gli uomini e le donne della terra, in cui vedeva riflessa l’immagine di Dio e la cui dignità vedeva spesso ingiuriata, calpestata, limitata. Riguardo alle donne in particolare Giovanni Paolo II è stato maestro profetico additando al mondo intero il vero «genio femminile», che si estende ben oltre il tradizionale ambito della famiglia all’impegno nella società, nella cultura, nella politica e alla partecipazione (sicuramente ancora da meglio definire) all’opera di salvezza.
Egli fu particolarmente vicino ai poveri, agli ammalati, ai carcerati, ai perseguitati, agli oppressi. Ma furono probabilmente i giovani i suoi interlocutori più attenti e ricettivi. A loro parlava come un padre, con loro si confidava, come quando a Berna il 5 giugno 2004 ricordò loro che ebbe anch’egli vent’anni e gli piaceva fare sport, recitare, studiava e lavorava, aveva desideri e preoccupazioni, cercava il senso da dare alla sua vita. E diceva a tutti che quel giovane aveva trovato il senso della propria esistenza «nella sequela del Signore Gesù».

Preghiera e testimonianza
Fede, speranza e carità di Giovanni Paolo II trovavano alimento continuo nella preghiera. Le immagini pubbliche del papa lo ritraggono soprattutto nei momenti mediaticamente più esaltanti, quando parla alle folle (talvolta di milioni di persone), quando incontra i cosiddetti Grandi della Terra, quando si lascia come trasportare dall’applauso o dalla musica dei giovani, mentre si rarefanno nei momenti del raccoglimento e della preghiera. Eppure fin da studente Karol Wojtyla era uomo di preghiera, che per lui doveva essere un autentico dialogo con Dio, non solo col Dio di Abramo e di Isacco ma anche col Dio vivente che gli aveva affidato la missione di successore di Pietro in un mondo travagliato e in una Chiesa in crisi.
Il Dio che Wojtyla incontrava nella preghiera sembrava, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, sempre più esigente. In chi scrive sono ancora indelebili le immagini di Giovanni Paolo II sofferente. Credo che esse rappresentino, più di qualunque altra, la vera grandezza del Beato che oggi celebriamo, il coronamento di quel disegno divino che lo volle un fedele seguace e servitore di Gesù Cristo, un Pastore di anime ad immagine del Buon Pastore. Come Pietro, che in una lettera si definì «testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi», credo che anche Karol Wojtyla avrebbe potuto dire la stessa cosa. Anch’egli, come Pietro, era plasmato dal Pastore Gesù Cristo, che prima della Pasqua ha dovuto subire l’onta del Venerdì Santo.
Se oggi veneriamo Giovanni Paolo II come beato è solo perché è divenuto grande nell’imitazione del Maestro, anche nella sofferenza, e nella fedeltà al progetto esigente che Dio aveva su di lui.

Giovanni Longu
 Berna 3.5.2011