30 marzo 2011

Da Schwarzenbach ai giorni nostri: intervista alla consigliera nazionale Kathy Riklin (PPD)

L’on. Kathy Riklin è un’esponente di spicco del Partito popolare democratico svizzero. Consigliera nazionale dal 1999, è spesso presente sulla scena politica e culturale per le sue vaste competenze sui temi ambientali ed ecologici (è laureata in scienze naturali), culturali e della ricerca (cellule staminali, promozione della ricerca) e sociali (assicurazione malattia, attenzione ai più deboli, stranieri compresi) nonché per le sue notevoli capacità comunicative nelle tre lingue ufficiali svizzere e in inglese.
Nel 2006/2007 ha presieduto la Commissione della scienza, dell’educazione e della cultura del Consiglio nazionale, quella fra l’altro che presentò e sostenne il rapporto finale sulla legge federale sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comunità linguistiche (2006).
E’ nota negli ambienti italofoni svizzeri perché ha preso parte a dibattiti televisivi esprimendosi in lingua italiana, ha sostenuto più volte con interventi parlamentari e in pubblico la causa della lingua italiana, ha rapporti istituzionali con l’Italia quale membro della Delegazione svizzera per la cura delle relazioni con il Parlamento italiano. E’ convinta sostenitrice dell’integrazione dei giovani stranieri nella scuola e nella società.
Nel 2009 ha chiesto con un’interpellanza al Consiglio federale se l'articolo 16 della nuova legge federale sulle lingue potesse costituire la base legale adeguata per garantire ai parlanti italiani e romanci la possibilità di un insegnamento nella loro prima lingua anche al di fuori della sua area di diffusione tradizionale. Purtroppo la risposta del Consiglio federale è stata negativa, ma anche solo il tentativo di agevolare l’insegnamento dell’italiano fuori del Ticino le ha attirato molte simpatie.

Domanda: On. Ricklin, come mai parla così bene l’italiano, anche alla televisione della Svizzera italiana?
Risposta: Ho imparato l’italiano al liceo in cui avevo un’insegnante molto severa, originaria di Roma. E’ stato mio padre, che aveva una grande simpatia per gli italiani, a consigliarmi di scegliere l’italiano come seconda lingua al liceo. Sono stata spesso in Italia ed ho un amico di lingua italiana.

Lei ha scritto che vorrebbe una Svizzera «aperta, solidale, che abbia cura dell’ambiente, della formazione e della cultura». Che posto hanno o dovrebbero avere gli stranieri in questa Svizzera?
Nel nostro Paese c’è posto sia per gli svizzeri che per gli stranieri che desiderano partecipare alla nostra società e al nostro benessere. Gli stranieri che vogliono collaborare e integrarsi nel nostro Paese sono benvenuti. Purtroppo il flusso di stranieri di culture lontane e di persone che sono in conflitto con la legge hanno fatto crescere la xenofobia nel nostro paese.

A proposito, Lei ha intervistato una volta J. Schwarzenbach, simbolo per molti italiani della xenofobia. Che tipo era? Perché aveva paura degli stranieri e dell’inforestierimento?
Ho intervistato James Schwarzenbach (1911-1994) sul tema «neutralità» nel 1972 quando frequentavo l’ultimo anno di liceo. In quegli anni Schwarzenbach era un personaggio famoso. A casa mia, mio padre era abbonato a vari giornali quali la Neue Zürcher Zeitung NZZ, la Neue Zürcher Nachrichten NZN (il giornale dei cattolici zurighesi), Orientierung (una rivista dei gesuiti) ma anche Republikaner, la rivista di James Schwarzenbach. Anche se mio padre amava molto gli italiani, James Schwarzenbach esercitava un certo fascino su di lui come su molti altri. Quando sono andata a intervistarlo, ho incontrato un signore all’inglese, che fumava la pipa, seduto in un studio di legno scuro pieno di libri. Schwarzenbach non aveva paura degli italiani – in quel tempo gli stranieri erano soprattutto italiani – ma aveva un problema con gli imprenditori svizzeri e tutto l’establishment, che miravano solo al profitto.

Com’erano le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati italiani in quegli anni?
In quegli anni ho incontrato molti italiani che lavoravano nel settore delle costruzioni di case, strade, dighe e gallerie, nonché in ristoranti ed alberghi. Li incontravo anche nella Missione cattolica della mia parrocchia. Negli anni Sessanta e Settanta li ho spesso visti in treno con tanti pacchi e scatole, quando andavo a trovare una famiglia in Toscana o alcuni amici a Roma. In Svizzera questi italiani vivevano in condizioni semplici, spesso nelle baracche degli imprenditori. Il loro obiettivo era tornare a casa con un po’ di soldi. Alla Svizzera hanno dato moltissimo.

Veniamo ai giorni nostri. Cosa pensa del diritto di voto degli stranieri? Chi rappresenta politicamente gli stranieri nei partiti politici, nei legislativi comunali, cantonali e federali?
Per le questioni comunali sono d’accordo che gli stranieri, residenti in Svizzera da più di cinque anni abbiano il diritto di voto. Per partecipare interamente alla vita politica del Paese la naturalizzazione è la via maestra, che oggi consente anche di avere la doppia cittadinanza. Purtroppo il 20% della popolazione del nostro Paese è attualmente escluso dalla partecipazione alle decisioni in campo politico. Ma tutti i partiti devono prendere in considerazione gli interessi di tutta la popolazione.

Recentemente la prospettata abolizione dell’italiano come materia specifica nei licei del Cantone di San Gallo ha sollevato molte critiche da tutto il mondo italofono, compreso il Consiglio di Stato ticinese. Grazie a questa mobilitazione il Cantone di San Gallo ha rinunciato alla soppressione dell’italiano. E’ un buon segnale per l’italiano in Svizzera?
La decisione del Cantone di San Gallo è saggia e la mobilitazione in favore dell’italiano è un buon segnale. Ovviamente questo non basta a migliorare lo stato di salute dell’italiano. La Confederazione e i Cantoni infatti devono fare tutto il possibile per garantire ovunque un’offerta sufficiente di corsi e di cattedre d’italiano, ma sta poi alle persone frequentarli e coltivare questa bella lingua italiana.

Torna periodicamente d’attualità la discussione sulla rappresentanza politica della Svizzera italiana. Si dice che se ci fosse un Consigliere federale italofono la situazione dell’italiano sarebbe migliore. Anzitutto, cos’è per Lei la «Svizzera italiana»? Un concetto geografico o un concetto linguistico-culturale?
So che se ne discute molto e le posizioni divergono. Per me la «Svizzera italiana» è essenzialmente un concetto linguistico-culturale, una componente importante della Svizzera moderna, federale, plurilingue e pluriculturale. Certamente un Consigliere federale italofono sarebbe di grande sostegno.

Perché allora non si riesce ad eleggere un Consigliere federale italofono?
Flavio Cotti, del mio partito PPD, è stato un ottimo rappresentante della Svizzera italiana. Purtroppo negli ultimi anni sembra mancare una personalità convincente e forte, in grado di rappresentare il Ticino e il resto della Svizzera.

Quest’anno ci sarà l’elezione del Consiglio federale. Se la Svizzera italiana dovesse presentare una candidatura valida la voterebbe?
Ben volentieri voterei in favore di una candidatura valida della Svizzera italiana.

Infine una domanda sul suo partito. Alle prossime elezioni federali le ambizioni del PPD sono quelle di riconquistare il secondo seggio perso nel 2003. Ce la farà?
Per il mio partito PPD sarà molto difficile riconquistare il secondo seggio. Ma dobbiamo proseguire con una politica forte e convincente e aumentare il numero di elettori.

Grazie on. Riklin e buon lavoro!

Giovanni Longu
Berna, 30 marzo 2011