08 marzo 2011

Per la dignità delle donne scendere in piazza non basta

(Berna, 8 marzo 2011). Sempre più spesso le donne scendono in piazza per rivendicare diritti e dignità. Fanno bene, almeno fino a quando dignità e pari opportunità non saranno in larga misura acquisite. Devono però stare attente a non farsi strumentalizzare e a non cadere nella tentazione di voler apparire a tutti i costi vittime dei soprusi degli uomini. In fondo, a guardare onestamente la realtà, la responsabilità di quel che non funziona nella società non può ricadere solo sugli uomini e tantomeno su uno solo, Berlusconi, per quanto riprovevoli possano apparire i suoi comportamenti.
Dovrebbe far riflettere il fatto che le donne, pur essendo la maggioranza nella società civile e pur disponendo di una legislazione che ha tra i suoi fondamenti il principio dell’uguaglianza, sembrano non avere acquisito ancora la consapevolezza della loro forza e la volontà di usare a pieno gli strumenti legali e morali a loro disposizione. Anche le recenti manifestazioni di piazza testimoniano più la debolezza che la forza delle donne, più il loro sentimento d’inferiorità che la consapevolezza del loro reale potere, più le illusioni che le certezze di un cambiamento nella società.

Manifestazioni come alibi
Le manifestazioni di popolo, soprattutto quando assumono un carattere palesemente illusorio (nel senso che non producono effetti pratici) rischiano anche di trasformarsi in un alibi per ciò che non si ha il coraggio di ammettere. Ad esempio, che i molti mali d’Italia (ingiustizie, disoccupazione, disuguaglianza uomo-donna, malasanità, divario crescente tra ricchi e poveri, tra nord e sud, criminalità organizzata e microcriminalità, mancanza di ideali, ecc.) non sono riconducibili ai cattivi esempi di Berlusconi e nemmeno alle indubbie deficienze del suo governo.
E a voler riflettere sulle cause più che su ciò che appare non è nemmeno colpa delle televisioni di Berlusconi (o di altri) se spesso l’immagine della donna è ridotta al suo corpo, esibito il più possibile al naturale o ritoccato ad arte come arma di seduzione per attirare sguardi più o meno morbosi, spesso in abbinamento con beni di consumo di ogni genere in cerca di acquirenti. Questa strumentalizzazione ha certamente un colpevole principale, l’uomo, ma la donna è sicuramente complice. Molte donne si prestano a mettere in bella mostra il loro corpo in cambio soprattutto di denaro, ma anche perché in questa nostra società dell’immagine l’apparire tende a prevalere sull’essere.
E’ inoltre sotto gli occhi di tutti che la libertà dei costumi conquistata nei decenni passati ha avuto grandi contraccolpi sull’intera società. Basti pensare alla crisi profonda della famiglia (in cui la capacità educatrice dei genitori si è molto ridotta), del sistema scolastico (incapace di trasmettere valori insieme alle conoscenze), della società in cui contano sempre meno i valori (responsabilità, meritocrazia, lealtà, impegno, spirito di sacrificio, solidarietà, rispetto degli altri) e si diffondono invece molti vizi (corruzione che fa rima con raccomandazione, profitto a tutti i costi, evasione fiscale, arrivismo, egoismo e via dicendo).

Dignità e responsabilità
La società di oggi è un prodotto allo stesso tempo maschile e femminile. Le donne ne sono corresponsabili. Anche per questo è un alibi scendere in piazza per rivendicare maggiore dignità dai soli uomini. Semmai dovrebbero scendere in piazza per chiedere a tutti, uomini e donne, comportamenti più seri e più responsabili in famiglia, nella scuola, nelle relazioni sociali, in politica. E se proprio disturba tanto la figura di Berlusconi in politica, si preparino a votare alle prossime elezioni alla guida del governo altra persona ritenuta più degna. Le donne, che costituiscono la maggioranza dell’elettorato, potrebbero benissimo decidere le sorti del Paese, azzerare la classe politica attuale, mandare in Parlamento più donne che uomini, far eleggere più donne alle alte cariche dello Stato, presidenza della Repubblica compresa, far approvare le leggi che ritengono più adeguate e più giuste, anche a garanzia della piena uguaglianza uomo-donna.
Ma non solo in politica le donne possono fare di più. In tutti i campi dovrebbero tentare la scalata, non tanto per ambizione di potere ma per dimostrare pari opportunità e pari capacità: nelle direzioni delle imprese, delle banche, dei media, nei consigli di amministrazione dell’economia pubblica e privata, nelle stanze del potere reale. Ovviamente per arrivarci occorre partire di lontano, da una sana competizione sui banchi di scuola, dall’esempio in famiglia di una equa distribuzione dei compiti tra uomo e donna, dalla corresponsabilità dei genitori nell’educazione dei figli fornendo non solo principi ma anche modelli di vita, dalla partecipazione attiva alla vita politica.
Le donne protestano giustamente perché il corpo della donna è spesso mercificato e «usato» per vendere di più, ma non basta indignarsi. Quei corpi esibiti in televisione o raffigurati nella pubblicità della carta stampata in bella mostra per far aguzzare l’occhio anche dei più distratti sono i corpi di donne come loro, figlie, sorelle o compagne. Evidentemente le loro madri (e i loro padri) non sono stati in grado di trasmettere che il corpo non è solo da esibire, ma fa un tutt’uno con la persona umana, che non può e non deve lasciarsi mai strumentalizzare, nemmeno in cambio di molto denaro o di una effimera notorietà. E poi, se la pubblicità così irrispettosa della donna serve a reclamizzare prodotti che sarebbero altrimenti meno venduti, perché non scendere in piazza e chiedere a tutte le donne di boicottare quei prodotti, almeno fino a quando non cambiano pubblicità? Perché non boicottare quelle emissioni televisive e quei giornali che espongono platealmente il corpo della donna senza alcun pudore?
Se lo facessero, sono convinto che ad ogni festa della donna ci sarebbe sempre meno da rivendicare e sempre più da festeggiare, donne e uomini insieme.

Giovanni Longu
Berna 8 marzo 2011