19 gennaio 2011

2011 in Italia e in Svizzera

Il verdetto della Corte costituzionale italiana, che ha considerevolmente ridotto la possibilità del Presidente del Consiglio di avvalersi del «legittimo impedimento» per non comparire in giudizio in concomitanza con attività di governo, ha subito riaperto la strada dei processi intentati soprattutto dalla Procura di Milano contro Silvio Berlusconi. La decisione della Suprema Corte è stata valutata positivamente dagli uni e negativamente dagli altri. Non sta certo allo scrivente stabilire chi ha (più) ragione o (più) torto, ma non credo che l’intervento della Corte contribuisca a favorire quel clima politico sereno e costruttivo di cui l’Italia ha bisogno.

Anomalie italiane
Non c’è dubbio che in un Paese civile e democratico tutti sono uguali di fronte alla legge e nessuno, per quanto alta sia la funzione che eserciti, può sottrarsi alla giustizia. Non credo che l’anomalia italiana consista nella messa in dubbio, da parte di qualcuno, di questo principio. Essa è ancora tutta da decifrare tra queste due posizioni opposte: per gli uni il Presidente del Consiglio, plurindagato, cerca con ogni mezzo di sottrarsi ai processi che lo riguardano, per gli altri una parte della Magistratura, schierata politicamente e faziosa, sembra votata più a colpire con ogni mezzo l’imputato (e l’uomo politico) Berlusconi che a giudicarlo secondo giustizia.
A complicare la situazione interviene anche buona parte della stampa, spesso incapace di distinguere tra informazione e opinione, tra accusa e condanna, incapace soprattutto di applicare senso critico nell’uso delle fonti e nell’analisi delle accuse. Per certa stampa è sufficiente che un’affermazione provenga da qualche procura per accreditarla come oggettivamente vera, per cui anche le accuse più inverosimili e infondate diventano vere, per cui se uno è accusato, per fare un esempio, di pedofilia, è senz’altro un pedofilo. Questo arbitrio assoluto dei pubblici ministeri non è forse un’anomalia tutta italiana? Quanti magistrati inquirenti hanno pagato per aver condotto male le inchieste, per aver accusato ingiustamente, ossia senza prove certe, persone innocenti, per aver contribuito a diffondere a mezzo stampa il malcostume del dileggio, della calunnia e della diffamazione? Per non parlare della mistificazione e dello svilimento della libertà di stampa, ridotta a gossip, a pettegolezzo, a maldicenza senza timore e pudore di nessun genere.
La tempestività con cui si è mossa la Procura di Milano all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale potrebbe essere vista come un esempio di efficienza della Procura, ma anche come la dimostrazione di un accanimento giudiziario nei confronti dell’imputato eccellente. Solo un processo «normale» e un giudice «integro e imparziale» potrebbero risolvere l’intricata questione. Per questo è auspicabile che a giudicare l’imputato-Premier Berlusconi (e chiunque altro al suo posto) ci siano giudici della levatura di cui parlava il giudice siciliano Rosario Livatino prima che venisse assassinato nel 1990: «il Giudice deve offrire di sé stesso l’immagine di una persona seria, equilibrata, responsabile; l’immagine di un uomo capace di condannare ma anche di capire; solo così egli potrà essere accettato dalla società: questo e solo questo è il Giudice di ogni tempo. Se egli rimarrà sempre libero ed indipendente si mostrerà degno della sua funzione, se si manterrà integro ed imparziale non tradirà mai il suo mandato».

Possibili implicazioni politiche
La vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi, oggettivamente complicata, rischia di avere implicazioni politiche importanti se non trova una soluzione equa. Purtroppo le parti coinvolte fanno oggettivamente poco per trovare un ragionevole equilibrio o un compromesso accettabile tra le esigenze della magistratura nei confronti dell’uomo-imprenditore Berlusconi e le esigenze del politico Berlusconi di continuare a governare. Se questo equilibrio o questo compromesso non verrà trovato in tempi brevi credo che le conseguenze politiche più probabili siano le elezioni politiche anticipate. Ma bisognerebbe rendersi conto che una crisi politica in questo momento sarebbe pericolosissima per l’Italia, un Paese in Europa e nel mondo sotto osservazione, anche da parte degli speculatori. Purtroppo, in Italia, come ho scritto la settimana scorsa, scarseggia il senso dello Stato e trovare la soluzione auspicata è come volere la quadratura del cerchio. Temo pertanto che il 2011 sarà per l’Italia anno di elezioni.

Elezioni in Svizzera
Se in Italia sono probabili, in Svizzera le elezioni sono certe. A differenza del significato politico che acquisterebbero in Italia (un ennesimo referendum pro o contro Berlusconi), qui le elezioni federali rientrano nella normalità: si tengono infatti ogni quattro anni nella penultima domenica di ottobre. Pure nella norma sono attesi i risultati, nel senso che l’elettorato svizzero è molto tradizionalista e non cambia facilmente partito. Non per questo tuttavia le prossime elezioni del 23 ottobre 2011 mancano di interesse.
L’attenzione degli osservatori è fissata soprattutto sulla tenuta del partito conservatore di Blocher e Brunner, l’Unione democratica di centro (UDC), che molti danno in calo. Non va tuttavia dimenticato che questo partito conservatore è reduce da alcune vittorie «popolari» quali il divieto della costruzione di nuovi minareti e l’espulsione dei criminali stranieri. E’ inoltre fortemente motivato a riconquistare il secondo seggio in Consiglio federale, perso alcuni anni fa quando un’ala del partito si separò.
Oltre all’UDC, tutti i partiti tradizionali sono dati in perdita a vantaggio delle formazioni più recenti. Sarà interessante soprattutto la tenuta al centro del Partito popolare democratico, che insieme al Partito liberale radicale costituiscono il centro equilibratore della politica svizzera, ma anche l’esito del Partito socialista, di cui la base non condivide sempre le decisioni e le alleanze dei vertici. In questo momento non aiuta le prospettive del partito nemmeno la presenza in Consiglio federale di due sue rappresentanti perché una di esse, la Presidente della Confederazione Micheline Calmy-Rey, non gode in questo momento di grande favore popolare.
A sottrarre interesse e passione alla prossima competizione elettorale contribuisce in questo momento il fatto che non ci sono sul tappeto grandi temi capaci di mobilitare l’opinione pubblica. Da un lato questo aspetto è indice di stabilità e di buon governo, dall’altro può indurre a un certo immobilismo, che sarebbe dannoso soprattutto in alcuni settori: tutto il comparto della sicurezza sociale (con i costi della salute che continuano a lievitare) e la politica estera, specialmente i rapporti con l’Unione Europea e la prospettiva di una futura adesione.

Integrazione degli stranieri
Nella politica interna mi sembra utile sottolineare l’attenzione che il governo continua a prestare ai problemi dell’integrazione degli stranieri. Oggi come non mai ci si rende conto che la divisione svizzeri-stranieri non paga e occorre integrare maggiormente quegli stranieri che risiedono stabilmente in Svizzera secondo una strategia che coinvolga tutte le istituzioni interessate a livello federale, cantonale e comunale. Per questo il governo è intenzionato a riformulare il concetto stesso d’integrazione e ancorarlo in un’apposita legge.
La consigliera federale Simonetta Sommaruga ha però annunciato che la politica d’integrazione ha bisogno di un giro di vite nella concessione e nella proroga dei permessi di soggiorno. In pratica s’intende non solo motivare gli stranieri residenti ad integrarsi, ma anche ad esigere da essi la piena accettazione dello stato di diritto e il rispetto delle regole, l’apprendimento di una lingua nazionale. Da alcuni anni ormai lo Stato assume un ruolo attivo nel processo integrativo, che non può essere lasciato alla spontaneità degli individui e delle istituzioni ma ha anche bisogno di un quadro di riferimento normativo e propositivo.

I rapporti italo-svizzeri
Tra gli Stati che seguono le vicende italiane non c’è dubbio che, anche per ragioni di vicinanza, uno dei più attenti sia la Svizzera. Purtroppo in questi ultimi anni l’opinione pubblica svizzera è stata forse più colpita dalla conflittualità e dagli scandali della politica italiana che dagli aspetti più positivi di un’Italia che non solo sopravvive alla crisi internazionale, ma acquisisce successi nella lotta alla criminalità organizzata e all’evasione fiscale, vede crescere l’interscambio con numerosi Paesi compresa la Svizzera e nel complesso gode ancora di buona salute (rispetto a molti altri Paesi in affanno). Solo un tipo come Beppe Grillo può dire agli svizzeri «non fate come l’Italia… siamo fra le cinque mafie più forti del mondo». Di opinione diversa è, ovviamente, il ministro degli esteri italiano Franco Frattini, venuto recentemente a Berna per incontrare l’omologa Calmy-Rey e riavviare il dialogo che si era interrotto nei mesi scorsi, soprattutto per divergenze in materia fiscale e sull’applicazione degli accordi bilaterali Svizzera-Unione Europea.
Per la comunità italiana è sicuramente importante che il dialogo riprenda immediatamente, nello spirito che ha guidato per 150 anni i rapporti italo-svizzeri e che ha visto cresce ed affermarsi la comunità straniera più grande e più integrata della Svizzera.

Giovanni Longu
Berna 19.1.2011