15 settembre 2010

Rappresentanza «italiana» al Consiglio federale: ma quale?

Il problema della rappresentanza della «Svizzera italiana» nel Consiglio federale viene sollevato anche con toni vivaci ogniqualvolta si sta per eleggere un nuovo consigliere federale, poi viene accantonato fino alla prossima occasione. Così è stato riproposto nei mesi scorsi, visto che il 22 settembre saranno eletti i successori dei due consiglieri federali dimissionari, Leuenberger e Merz. Purtroppo, tra i candidati ufficiali, non figura nemmeno stavolta un rappresentante della «Svizzera italiana», nonostante che il ticinese Ignazio Cassis, consigliere nazionale, si fosse messo a disposizione.
Il problema rischia di acutizzarsi perché un italofono non siede più nel Governo federale dal 1999, ossia dalle dimissioni di Flavio Cotti, e si dovrà ancora attendere non si sa quanti anni prima che un’altra personalità qualificata possa tenere alta la bandiera dell’italianità ai vertici del Paese. Anche la recente bocciatura da parte della Commissione delle istituzioni del Consiglio nazionale di una iniziativa del Cantone Ticino per portare da 7 a 9 il numero dei consiglieri federali non è di buon auspicio. Non per questo, tuttavia, il problema va abbandonato, anzi occorre riesaminarlo alla luce di quanto prevede la Costituzione federale e di quanto è accaduto dal 1999 ad oggi, allo scopo di elaborare una strategia vincente.
I politici ticinesi rivendicano a gran voce un seggio per la «Svizzera italiana» richiamandosi sia all’articolo costituzionale sulla rappresentanza del Consiglio federale e sia all’esigenza della «coesione nazionale». Purtroppo l’interpretazione dell’articolo costituzionale che regola la materia non è univoca. Per taluni, il contenuto dell’articolo 175 capoverso 3 («Le diverse regioni e le componenti linguistiche del Paese devono essere equamente rappresentate») sembra più un auspicio che un dovere. Del resto, in questa direzione sembra orientarsi la versione tedesca, che invece di «devono» utilizza l’espressione meno impegnativa «Dabei ist darauf Rücksicht zu nehmen…» (occorre aver riguardo…).

Superare gli equivoci parlando più chiaro
Bisogna anche osservare che, mentre la componente linguistica tedesca è compresa quasi per intero nella regione denominata «Svizzera tedesca» e la componente francofona nella «Svizzera francese», non altrettanto si può dire per la componente linguistica italofona che non è riferibile se non per poco più della metà alla tradizionale «Svizzera italiana», limitata geograficamente al Ticino e ad alcune vallate italofone dei Grigioni. Questa differenza è evidenziata in tutti i censimenti federali della popolazione dalla seconda metà del secolo scorso in poi. Purtroppo questa differenza non emerge sempre chiaramente, ad esempio quando si rivendica una rappresentanza nel Governo federale della «Svizzera italiana».
Credo pertanto che si debba fare chiarezza al riguardo, per evitare che si travisino anche le migliori intenzioni, com’è accaduto proprio in occasione della candidatura Cassis.
Sicuramente l’on. Cassis, quando ha dato la sua disponibilità per una candidatura al Consiglio federale, era mosso dalla sincera volontà di rappresentare l’intera «italianità» che c’è in Svizzera e non solo in Ticino, ma questa volontà non è emersa chiaramente in pubblico, complice anche una stampa un po’ confusionaria, ma forse per un difetto di precisione da parte dello stesso protagonista. Motivando la sua candidatura con l’esigenza di offrire una rappresentanza della «Svizzera italiana» («La Svizzera italiana vuole essere rappresentata in Governo», aveva dichiarato alla NZZ am Sonntag del 15.8.2010), probabilmente l’on. Cassis non si rendeva conto che il concetto di «Svizzera italiana», in questo contesto, non è univoco, e abbisogna quantomeno di precisazioni.
I politici e i media ticinesi non hanno certo contribuito a portare chiarezza. Infatti la candidatura di Cassis è stata spesso presentata come una specie di rivendicazione ticinese a un posto in Consiglio federale, una candidatura di bandiera, quasi doverosa per un Cantone importante come il Ticino. Così, giusto per citare un esempio, dopo l’esclusione del deputato ticinese dalle candidature ufficiali, il Corriere del Ticino del 4.9.2010 titolava con evidente rammarico «E il Ticino resta a guardare» e nel seguito dell’articolo di Rocco Bianchi si poteva leggere indifferentemente «… il Ticino, che sarà costretto a rimanere fermo ancora un giro e forse più», ma anche «la Svizzera italiana insomma resterà ancora una volta a guardare la stanza dei bottoni da lontano, e per molto tempo».

La «Svizzera italiana» è regionale o nazionale?
Di fatto la disponibilità di Ignazio Cassis è stata interpretata in taluni ambienti come una «candidatura regionale», una rivendicazione «ticinese» o anche della «Svizzera italiana» (ma intesa come «Ticino» o poco più), insomma una «candidatura di bandiera». Contro questo tipo di candidatura si è schierato in particolare il quotidiano zurighese «Blick», provocando fra l’altro una vivace reazione del Partito liberale radicale (PLR), il partito di Cassis.
In realtà, a prescindere dall’attacco del Blick, il problema della «rappresentanza della Svizzera italiana» resta aperto e andrebbe chiarito prima che si riproponga nelle stesse forme in altre occasioni. La risposta del PLR al Blick, affidata ad un comunicato, apporta una certa chiarezza ma non ancora in misura sufficiente. Non basta, infatti, respingere l’attacco del Blick perché «va a minare lo spirito stesso della coesione nazionale», ma bisognerebbe dare spiegazioni plausibili. Non bastano nemmeno affermazioni del tipo: «La Svizzera è una Willensnation e solo se verrà mantenuta la centralità di elementi quali il federalismo e il rispetto e la rappresentanza delle minoranze potrà continuare nella sua strada di successo». E non contribuisce a risolvere una volta per tutte l’annosa questione nemmeno la parte finale del comunicato del PLR ove si tenta di legittimare la candidatura Cassis perché «denigrare il desiderio di essere rappresentata di una delle componenti culturali della Svizzera, bollandolo come “rivendicazione regionale”, significa non aver compreso l’importanza della coesistenza delle tre culture per lo sviluppo e il successo del nostro Paese».
La risposta del PLR giungeva in ogni caso troppo tardi quando la candidatura Cassis era già compromessa. Credo anche che, oggettivamente, il partito di Merz e di Cassis non abbia fatto abbastanza per legittimare non tanto la candidatura del giovane politico ticinese, quanto per rivendicare con forza e convinzione la legittimità e la naturalezza di una valida candidatura di tutta la Svizzera «italiana», ossia di quell’«italianità» che si estende, tanto per intenderci da Chiasso a Basilea, da Ginevra a San Gallo.

Svizzera italiana e italianità della Svizzera
Qui sta probabilmente il nocciolo della questione. Il concetto di «Svizzera italiana» rischia troppo spesso di essere fatto coincidere con quello del «Ticino». Questa coincidenza va superata in ambito politico e soprattutto linguistico-culturale, rivendicando al sostantivo «italianità» e all’aggettivo «italiana» riferiti alla Svizzera un’estensione che superi tutti i confini regionali (anche se ha il suo radicamento storico e la sua massima espressione nel Ticino) e acquisti una valenza «nazionale».
Muovendosi in questa ottica, purtroppo tardivamente quando ormai i giochi erano fatti, l’on. Cassis ha cercato di precisare il senso della sua candidatura in una lettera aperta ai «cari svizzeri», pubblicata dal «Caffè» (anche se non so quanti confederati leggano il Caffè!). Alcuni passaggi meritano particolare attenzione, ad esempio quando afferma che «per molti di voi, "Ticino" è sinonimo di "Svizzera italiana"» (lasciando chiaramente intendere che per lui non lo è), oppure quando sostiene che «la presenza in Governo della cultura italiana non è una rivendicazione cantonale o regionale, come molti media confederati lo pretendono in questi giorni, paragonando p. es. la candidatura ticinese a quella basilese. No, la presenza della cultura italiana in Consiglio federale è una questione nazionale, di primaria importanza, per il bene della Svizzera assai più che per quello del Ticino».

Indispensabile creare la massa critica «italiana»
Credo che abbia fatto bene l’on. Cassis a rivendicare la dignità e l’importanza dell’«italianità» di fronte a molti svizzeri che talvolta si sentono disturbati dalla parola «italianità» e probabilmente pensano che «Roma non c’entra con Svitto, culla del nostro Paese». Mi domando, tuttavia, perché Ignazio Cassis lo stesso discorso non lo ho rivolto anche ai propri concittadini ticinesi, sebbene nella lettera formalmente non li escluda. Sono infatti convinto che siano essi i primi a dover meditare sulle sue affermazioni. Solo un’ampia condivisione di alcuni principi da parte loro potrà far sperare che a livello nazionale si trovi una massa critica tale da rivendicare per tutti coloro che si richiamano all’italianità di cui parla Cassis il sacrosanto diritto di essere rappresentati ai vertici dello Stato. A quel momento sarà anche difficile ai «cari svizzeri confederati» non riconoscere questo diritto.
Per raggiungere una tale massa critica, che dovrà mantenere la sua centralità nel Ticino, mi pare altresì necessario che essa si sviluppi anche fuori Cantone, soprattutto nei grandi centri urbani (Zurigo, Basilea, Berna, Ginevra, Lucerna, ecc.) dove la presenza italofona di ticinesi e italiani è particolarmente significativa. Sarebbe un peccato, anche a prescindere dalla rappresentanza in seno al Consiglio federale, non riuscire a coinvolgere in questo vasto progetto di valorizzazione dell’italianità della Svizzera quel che resta – ed è tanto e prezioso - della massiccia immigrazione italiana nel trentennio 1950-1980. Si tratta di una realtà straordinaria, che vive, pensa, partecipa allo sviluppo di questo Paese.

Giovanni Longu

Berna, 15.09.2010

14 settembre 2010

1970-2010 Quarant’anni di immigrazione italiana in Svizzera

(Comunicato stampa)
Conferenza a Berna sul tema: 1970-2010 Quarant’anni di immigrazione italiana in Svizzera

A quarant'anni di distanza dalla famosa iniziativa antistranieri promossa da James Schwarzenbach (respinta in votazione popolare il 7 giugno 1970) è lecito interrogarsi quali ne furono le cause e quali conseguenze ha prodotto sulla politica svizzera in materia d'immigrazione e soprattutto sulla collettività italiana, allora e anche ora la più numerosa tra le diverse nazionalità presenti in Svizzera, da oltre 120 anni Paese d'immigrazione.
La memoria, coniugata col presente, dà un senso al passato e anticipa il futuro. In questo contesto, il Gruppo promotore dell’ASIB (Assoiazione Serate Italiane a Berna) organizza alla Casa d’Italia di Berna (Bühlstrasse 57), sabato 18 settembre 2010, una conferenza sul tema: «1970-2010: com’è cambiata l’immigrazione italiana in Svizzera!».
In un arco di tempo relativamente lungo, ma anche vicino, è possibile misurare i numerosi cambiamenti che hanno interessato la collettività italiana in Svizzera. Confrontando la situazione di quarant’anni fa con quella di adesso sarà facile capire non solo quanta strada ha percorso la collettività italiana verso la piena integrazione, ma anche a che prezzo sono state pagate le conquiste di oggi, di cui beneficiano soprattutto le seconde e terze generazioni, ma anche le prime che hanno deciso di invecchiare in questa che per molti è divenuta la seconda Patria.
Il relatore dott. Giovanni Longu cercherà di rispondere, avvalendosi anche con grafici e dati statistici, soprattutto alle domande seguenti:
- Com’erano gli italiani e le italiane negli anni Sessanta e Settanta?
- Perché il 1970 è stato un anno fondamentale nella storia dell’immigrazione italiana in Svizzera?
 - Quali fattori hanno determinato la fine di un tipo di immigrazione basato sul principio di rotazione e l’inizio di un lungo processo d’integrazione?
- Com’è cambiata la collettività italiana immigrata dagli anni Settanta ad oggi? Quali problemi dovettero affrontare?
- Quali sono le sue caratteristiche principali?

Al termine della relazione e degli interventi del pubblico seguirà un rinfresco.