15 dicembre 2010

Plurilinguismo e italiano nella Svizzera tedesca

A tirar le somme sul plurilinguismo elvetico si sarebbe tentati di affermare che il 2010 si sta per chiudere molto positivamente. Da anni si aspettava una legge e la relativa ordinanza sul plurilinguismo elvetico ed entrambi gli strumenti sono stati perfezionati e messi in vigore. La Deputazione ticinese alle Camere federali può andare fiera di aver visto coronati dal successo i propri sforzi in due direzioni: dapprima nel vedere accresciuto il finanziamento della Confederazione al Cantone Ticino per il promovimento dell’italiano e poi anche nel seguito dato dal Governo e dal Parlamento alle mozioni dell’accoppiata del senatore Filippo Lombardi e del deputato Ignazio Cassis che rivendicavano una sorta di ombudsman del plurilinguismo con la nomina del «delegato al plurilinguismo». Persino lo studio molto complesso ed elaborato del Fondo nazionale svizzero ha finito per concludere, dopo cinque anni di ricerca, che «in Svizzera il plurilinguismo funziona bene, ma il potenziale linguistico presente nel Paese potrebbe essere sfruttato meglio» (Swissinfo) e che «il plurilinguismo rappresenta più una risorsa che un problema» (prof. Sandro Cattacin).

Con tono vistosamente ottimistico, rafforzato da un ricco buffet accompagnato dai migliori vivi ticinesi, il 6 dicembre scorso la Deputazione ticinese alle Camere federali ha salutato il numeroso pubblico italofono convenuto al Kursaal di Berna, per ricordare che il 2010 è stato un anno importante per la diversità culturale e linguistica della Svizzera e pieno di successi per la Deputazione ticinese. A sottolineare il carattere fausto dell’anno che sta per concludersi, all’incontro era presente non solo la Deputazione quasi in corpore, ma anche una delegazione di alto rango del Cantone Ticino e il nuovo delegato federale al plurilinguismo, che ha presentato il suo piano di lavoro.

Ma l’italiano ne esce rafforzato?
Col rischio di apparire pessimista, la mia risposta è purtroppo negativa. Rispetto alle aspettative e rispetto anche a quel che ragionevolmente sarebbe possibile realizzare nel campo della valorizzazione dell’italiano, i segnali anche nel 2010 non sono affatto positivi. Ovviamente il quadro di riferimento non è il Ticino, ma il resto della Svizzera. L’italiano perde conoscitori e parlanti e l’offerta culturale in italiano diminuisce a vista d’occhio, anche a causa di un progressivo disimpegno dello Stato italiano.
Sul fronte dell’analisi è facile costatare la diminuzione dei migranti italofoni, la sensibile perdita d’italianità nelle seconde e terze generazioni, l’avanzamento dell’inglese, l’accentuazione germanofona dell’amministrazione federale, la mancanza di un Consigliere federale italofono da oltre un decennio, la massiccia riduzione di alti funzionari italofoni, il disimpegno del Cantone Ticino a promuovere e sostenere la lingua e la cultura italiana fuori dal proprio territorio, ecc.
Sul fronte dei rimedi c’è ben poco da segnalare, anche perché a poco servono i nuovi strumenti giuridici (legge e ordinanza sulle lingue), i richiami al plurilinguismo dei Consiglieri federali Didier Burkhalter e Simonetta Sommaruga, il potenziamento dei servizi di traduzione in italiano dell’amministrazione federale e quindi il potenziamento delle pubblicazioni in questa lingua. Nell’ottica della salvaguardia dell’italiano e dell’italianità nemmeno il nuovo delegato al plurilinguismo Vasco Dumartheray potrà fornire un sostanzioso contributo perché la sua sfera d’intervento è assai limitata.
Il problema dell’italiano e dell’italianità richiederebbero ben altro. Bisognerebbe, ad esempio, poter rispondere concretamente a queste e a simili domande: Chi si occuperà di garantire che in seno al Consiglio federale, ai vertici della Cancelleria federale e degli Uffici federali sia garantita una congrua presenza di italofoni (ticinesi o italo-svizzeri di seconda o terza generazione)? Chi curerà autorevolmente l’immagine della Svizzera plurilingue garantendo che nelle Cancellerie cantonali e nei grandi servizi pubblici delle città sia garantita la comunicazione in italiano col pubblico italofono? Chi garantirà che nei grandi musei svizzeri l’inglese non finisca per sostituire sistematicamente l’italiano? Chi garantirà che i servizi di polizia, delle imposte, del turismo delle principali città siano dotati di informatori anche in lingua italiana? Chi s’impegnerà affinché in tutte le scuole medie della Svizzera tedesca sia garantita «una settimana d’italiano intensivo» come auspicato dal prof. Bruno Moretti dell’Università di Berna? Chi aiuterà le testate italiane a non scomparire e le associazioni culturali a continuare ad offrire conferenze, presentazioni di scrittori e artisti italiani, concerti, opere teatrali?
Si spera sempre nel volontariato – ed è certamente una grande risorsa, basti pensare all’UNITRE – ma non basta, occorrono anche le istituzioni pubbliche, che se non altro potrebbero fornire almeno un po’ di sostegno morale e …finanziario. Spetta soprattutto al portabandiera dell’italianità in Svizzera, al Cantone Ticino, farsene carico, se davvero vuole rappresentare una dimensione nazionale.

Giovanni Longu
Berna, 15.12.2010

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