21 aprile 2009

A chi giovano le polemiche inopportune ?

Per noi italiani che viviamo all’estero, l’immagine che percepiamo dell’Italia attraverso i media è spesso deprimente.
Non mi riferisco evidentemente al terremoto dell’Abruzzo. Anzi questa catastrofe «naturale» è riuscita, nella sua tragicità, a far emergere alcuni aspetti positivi del popolo italiano che restano abitualmente nell’ombra o completamente dimenticati, la solidarietà e la generosità.
Mi riferisco all’incessante e asfissiante polemica (soprattutto politica) che sta minando la convivenza civile e rallentando quella crescita di cui l’Italia ha enormemente bisogno per tenere il passo delle altre nazioni europee. La polemica ad oltranza ha tentato persino di gettare un’ombra di discredito su una delle migliori prestazioni della Protezione civile e del Governo degli ultimi tempi, alle prese con un cataclisma terribile, imprevedibile e inaspettato.
Credo che la prima trasmissione Annozero di Michele Santoro dedicata al terremoto dell’Abruzzo non faccia onore né al giornalismo italiano né tantomeno al servizio pubblico. Uno dei migliori giornalisti svizzeri di lingua italiana, Michele Fazioli, ha definito «sconcia» quella trasmissione e Santoro un giornalista «fazioso populista di sinistra travestito da coraggioso».
Quando in Italia si parla di perdita di valori si dimentica spesso di denunciare la deriva di una certa stampa scritta e parlata che scambia la sacrosanta libertà di opinione e di critica in licenza di infangare, uso spregiudicato del giornalismo alla maniera dello sciacallo, uso improprio del servizio pubblico come megafono di opinioni private demagogiche e faziose, con l’aggravante, per l’azienda pubblica Rai, che paga profumatamente certi giornalisti attenti soprattutto a curare la propria immagine più che a servire l’informazione.
Ma la polemica che sta minando la pacifica convivenza degli italiani non è solo quella di certa stampa o televisione. E’ anche l’estenuante contrapposizione politica sempre più distante dalla realtà e dalla verità. Non c’è proposta della maggioranza e del governo che non venga contestata in base a pregiudizi ideologici. Una delle ultime riguarda la data del voto per il referendum. La decisione del governo di non tenere lo stesso giorno 7 giugno le elezioni europee e il referendum ha scatenato le ire di buona parte della sinistra. In mancanza di argomenti convincenti, certi politici hanno tuonato: «no a election day grida vendetta», «il governo butta via i soldi», «400 milioni sprecati solo per soddisfare l’egoismo politico-elettorale della Lega Nord» e via dicendo. Perché non chiedersi anche a chi interessi veramente il referendum, a cosa serva in un quadro politico ormai assai ben delineato e se non esista già la possibilità di soddisfare quanto chiede il referendum?
A dimostrare quanto la polemica sia divenuta pretestuosa e sterile lo dimostrano i sondaggi d’opinione che danno sistematicamente torto a chi la provoca e fanno crescere nella maggioranza degli italiani la fiducia nel governo. La prova dell’emergenza terremoto è stata ben superata e la gente ha riacquistato fiducia nelle istituzioni. Lo Stato ha dato prova di essere vicino ai cittadini e questi stanno imparando a guardare più ai fatti che a seguire le polemiche sterili dei politicanti.
Gli italiani avevano bisogno di sentirsi dire in questo periodo di crisi, contro i predicatori di sciagure: «nessuno sarà lasciato solo». E così è o almeno sembra. Per cui quando il governo assicura: «prima dell’inverno nessuno sarà più nelle tende», i terremotati gli credono. E perché non credergli quando afferma che la ricostruzione avverrà in tempi brevi, come non è mai avvenuto finora in Italia? Certo, se davvero si riuscirà a costruire alloggi idonei a sufficienza entro cinque o sei mesi, significherà che l’Italia intera è sulla buona strada. Ma significherà anche, spero, che la dialettica politica dovrà pure cambiare stile, all’insegna di una maggiore concretezza e convergenza verso il fare utile e necessario.
Giovanni Longu
Berna 21.04.2009