08 giugno 2009

Se Berlusconi piange, Franceschini non ride!

Comunque si vogliano leggere i risultati delle elezioni europee in Italia, non c’è dubbio che si tratta di un cartellino giallo dato dagli elettori ai due principali antagonisti, Berlusconi e Franceschini. Se il primo piange, perché rimane lontano dagli obiettivi che si era posto, il secondo non ride perché è solo riuscito a evitare il crollo del suo partito.
Per far capire meglio la volontà popolare ai due partiti maggiori, che restano comunque gli unici veri candidati a determinare la politica italiana ancora per molti anni, gli elettori hanno dato un significativo premio ai partiti minori dei due schieramenti. Della Lega Nord, con oltre il 10% di consensi, sono stati premiati soprattutto l’attaccamento al territorio e la vicinanza ai problemi della gente; dell’Italia dei Valori è stata premiata, a mio parere, non tanto l’aggressività nei confronti del leader del Popolo della Libertà e della maggioranza, quanto piuttosto il forte richiamo ai «valori» morali e civici che dovrebbero caratterizzare anche la politica; dell’Unione democratica di centro, infine, è stato premiato l’equilibrio tra i due principali schieramenti e la moderazione dei toni nel dibattito politico, anche se la pochezza dei consensi non la legittimano a proporsi come terza forza.
In questa analisi parto dal presupposto che gli italiani diano per scontato che i principali attori politici alternativi devono essere due, con uno o due comprimari in ciascuno schieramento. I voti dati agli attuali comprimari in occasione di queste elezioni denotano a mio parere non un ripensamento del bipolarismo e bipartitismo, quanto la sottolineatura delle vistose lacune che caratterizzano i maggiori partiti. I cittadini italiani vogliono una politica più vicina ai problemi reali e meno legata all’ideologia, più concentrata sulle soluzioni efficaci che sulle grandi analisi, più collaborativa e meno litigiosa.
Non c’è dubbio che molti cittadini vorrebbero anche una maggiore attenzione dei partiti e dei politici ai valori morali, non tanto a quelli che concernono la sfera privata di ciascuno, quanto quelli che dovrebbero caratterizzare la vita pubblica, cominciando dai massimi livelli istituzionali. Nella politica non ci dovrebbe essere alcuno spazio per la corruzione, il clientelismo, i favoritismi, le raccomandazioni, le conversioni repentine vistosamente interessate, l’illegalità.
Ad essere brutali si potrebbe concludere che per raggiungere tali obiettivi bisognerebbe spazzar via un’intera classe politica o quanto meno decapitare la «casta». Ma oggi come oggi si correrebbe il rischio di veder presto risorgere dalle proprie ceneri non una nuova classe politica rigenerata, ma una classe politica trasformata solo superficialmente. Una vera rigenerazione comporta inesorabilmente nuove regole e dubito che l'attuale Parlamento sia intenzionato a volerle.
Volendo essere realisti ci si potrebbe accontentare di una presa di coscienza dei principali leader politici a lasciar fuori dal dibattito politico tutto ciò che è strettamente personale e cercare la massima convergenza possibile per dare immediatamente soluzione ai numerosi problemi economici e sociali posti dalla crisi e avviare le riforme istituzionali. Per queste ultime occorrerà più tempo, anche perché il popolo sovrano dovrà approvarle. Ma bisogna almeno impostarle, avviando anche nell’opinione pubblica un ampio dibattito.
Se l’intera classe politica dimostrerà nel breve e medio termine di non aver imparato nulla dalla lezione delle europee, sarebbe bene che il popolo italiano s’incaricasse di trovare soluzioni radicali alla prossima tornata elettorale.
Giovanni Longu
Berna 7.6.2009

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