19 gennaio 2009

La Svizzera riconosca i propri figli «stranieri»!

I tempi della politica sono generalmente lunghi, in Svizzera forse ancora più che altrove, ma prima o poi i risultati arrivano. Sarà così anche per la naturalizzazione «automatica» della terza generazione? Speriamo, ma intanto si può già registrare il successo ottenuto nelle scorse settimane da una iniziativa parlamentare che, pur non chiedendo l’attribuzione automatica della cittadinanza svizzera agli stranieri di terza generazione, intende facilitarne l’acquisizione a semplice richiesta.
Nel giugno 2008, la consigliera nazionale italo-svizzera Ada Marra depositò al Consiglio nazionale una iniziativa, sottoscritta da altri 49 consiglieri, di questo tenore: «La terza generazione di stranieri stabilitisi in Svizzera deve poter ottenere la cittadinanza su richiesta dei genitori o dei diretti interessati».
A prima vista l’obiettivo potrebbe sembrare ben poca cosa. Infatti già ora le persone straniere di terza generazione possono richiedere la naturalizzazione tramite i loro genitori (nel caso di figli minorenni) o direttamente (se maggiorenni), ma senza garanzia di successo e attraverso una complessa procedura. L’iniziativa, invece, mira a superare questa semplice «possibilità», introducendo il «diritto» alla naturalizzazione a semplice richiesta dei genitori o degli stessi interessati.
Per capire meglio la portata dell’iniziativa, basta leggere la motivazione della combattiva consigliera nazionale Ada Marra a giustificazione della sua richiesta:
«La Svizzera deve riconoscere i propri figli e smettere di chiamare "straniere" persone che non lo sono. Infatti, le persone nate in Svizzera da genitori nati in Svizzera da genitori che hanno soggiornato per oltre 20 anni in Svizzera non sono più straniere: la maggior parte di loro conosce solo vagamente la lingua degli avi e non superebbe mai un esame linguistico teso a determinare se sono integrati nel Paese di cui hanno la cittadinanza. Le persone della terza generazione hanno solo legami di carattere turistico e simbolico con il Paese mitico degli avi e hanno invece le radici in Svizzera, indipendentemente dalla realtà in cui vivono e dal loro livello socioeconomico. Sono il prodotto della realtà elvetica. (…) La Svizzera è un Paese di immigrazione. Ma non si può certo parlare di immigrati quando siamo alla terza generazione che sta per mettere al mondo la quarta».
Prima di gridare «hurrà» è ovviamente indispensabile attendere che il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati si pronuncino definitivamente sull’iniziativa e soprattutto aspettare di conoscere come si tradurrà nella relativa legge. Dovrà dunque passare ancora parecchio tempo, purtroppo, prima che l’iniziativa Marra diventi legge dello Stato. E’ tuttavia importante che essa abbia già superato brillantemente gli scogli sia della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale che della corrispondente commissione del Consiglio degli Stati.
Queste approvazioni intermedie (fra l’altro a larga maggioranza) sono beneauguranti perché stanno ad indicare l’interesse del Parlamento a trovare una soluzione praticabile ad un problema che si trascina praticamente da oltre cent’anni.
Già verso la fine dell’Ottocento, infatti, quando in Svizzera la proporzione degli stranieri superava di poco il 10 per cento, molti politici, amministratori e intellettuali ritenevano che fosse un errore e una grave perdita considerare «straniere» persone nate e cresciute in questo Paese da genitori che vi si erano stabiliti definitivamente. Finirono per convincersene anche i deputati e senatori di Berna, tanto è vero che nel 1903 il parlamento federale approvò una legge che lasciava ai Cantoni la libertà di concedere automaticamente la nazionalità agli stranieri nati in Svizzera da genitori domiciliati.
Purtroppo nessun Cantone intese avvalersi di questa possibilità e quella legge finì per decadere. Ma il problema è rimasto ed è stato affrontato in più occasioni dal parlamento e dal popolo svizzero, ma senza mai concluderlo con una buona soluzione. Purtroppo, con motivazioni che sarebbe troppo lungo riprendere in questa sede, la maggioranza degli elettori ha sempre preferito mantenere una proporzione elevata di stranieri piuttosto che introdurre il diritto alla naturalizzazione, sia pure a condizioni minime indispensabili e valide per tutti e ovunque. In tal modo, non solo si sarebbe eliminata l’anomalia di cui parla la consigliera Marra, ma si sarebbe dato un decisivo contributo alla soluzione del «problema degli stranieri» e dell’«inforestierimento», che da oltre cent’anni pervade con pochi intervalli la politica svizzera in materia di stranieri.
Può darsi che l’iniziativa Marra, situandosi a metà strada tra la prassi attuale e la naturalizzazione automatica (bocciata l’ultima volta nel 2004 dal popolo svizzero), abbia successo non solo nel Parlamento ma anche, eventualmente, nell’elettorato.
A giustificare un certo ottimismo c’è anche il fatto che sono ormai in molti, probabilmente la maggioranza del popolo svizzero, a ritenere anacronistico che uno Stato democratico ed evoluto come la Svizzera, sempre più integrato in un’Europa della «libera circolazione delle persone», continui a considerare «straniere» persone che sono ormai tali solo sulla carta, mentre nella vita quotidiana, nei rapporti sociali e professionali, sono profondamente «svizzere». Diventa sempre più incomprensibile che non si trovi la maniera di considerare questi «stranieri di carta» (come li ha definiti qualche anno fa il Consigliere federale Moritz Leuenberger, «Papier-Ausländerinnen und –Ausländer») cittadini svizzeri a tutti gli effetti, dotati anche dei diritti politici.
Giovanni Longu
Berna 19.01.2009

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